2001 Gennaio -Luglio Mancho l’abusivo e il circo sgangherato del pallone
2001 Gennaio – Luglio – Mancho l’abusivo e il circo sgangherato del pallone
Macchè 13 maggio! Chi vince e chi perde, o di qua o di là. Il vero bipolarismo si decide il 6
maggio: con Juve Roma, partitone da fine legislatura, un appuntamento che non prevede
astensionismo né liste civetta, e che deciderà chi governa lo scudetto.
Penso già al 6 maggio visto che Roma e Juve non le ferma nessuno. Forse soltanto il faccia a faccia
sceglierà chi cede nell’ultimo mese di campionato, a ridosso dell’estate.
La Roma sembra guidata da Giulio Cesare, perde Batistuta e se ne infischia, usando Montella che è
altrettanto efficace, molto più giovane e costa meno della metà. (A Batistuta, 32 anni e un ginocchio
part time, la Roma versa un miliardo al mese.)
La Juve è una bestia, quando mai molla? Si vede che ha vinto più di venti scudetti e che sniffa come
una droga interiore il suo superiority complex. Eppure, di tanto in tanto, qualche velo la annebbia.
Ieri ha vinto con un terzino e ha temuto a lungo la Reggina di Colomba, un tecnico baronetto, che
considero per bravura tra i primi in Italia. Voglio dire che mentre la Roma può, la Juve non può
permettersi, non dico un passo falso, ma nemmeno una distrazione. Neanche un aperitivo,
aspettando il 6 maggio.
Per dire a quale livello giunge lo stress, segnalo due fotogrammi. Il presidente della Roma che se la
prende per una imitazione da manuale di Teo Teocoli, quando un uomo di minimo humor lo
avrebbe pregato di insistere. E un telecronista che chiede allo spagnolo Josè Mari perché le riserve
in panchina si permettessero di sorridere mentre, in campo, il loro Milan perdeva in coppa. “Ma
perché” ha risposto il giocatore “è vietato anche sorridere?”. E’ proprio così. Il calcio non sa più
sorridere, ma in compenso fa ridere. Risate da piangere.
Lo sapete benissimo: Roberto Mancini allena dall’altro ieri la Fiorentina, non il Peretola, ma non
potrebbe, a termini di regolamento è un abusivo. Come uno che guida senza patente.
La cosa grottesca, più che nella deroga in sé, cioè nell’istituto tipicamente italiano, sta nell’autorità
che l’ha concessa. Vale a dire il presidente del Coni in persona, nel frattempo anche commissario
della Federcalcio, sarebbe a dire il garante per antonomasia dell’ordinamento.
Se il numero uno fa e dis-fa la regola, va tutto a puttane. Ovvio che gli allenatori in regola, con
tanto di corso e tanto di patentino finale, siano inferociti come pit-bull. Fino a regola contraria. Per
quel che mi riguarda, potrebbero far allenare la Fiorentina anche da Franco Zeffirelli, e forse
farebbe pure qualche punto in più. Però questa storia dell’abusivo su una panchina di serie A
dimostra lo sfascio del governo del calcio.
Basta pensare al caso dei passaporti. Hanno fatto subito i duri con l’Inter, come sparare sulla Croce
Rossa, e tirato a campare con la Lazio di Veron, l’uomo scudetto del 2000, che si è visto affibbiare
italianissimi ascendenti che mai avrebbe sospettato di avere.
Voglio proprio vedere che pasticcio ne verrà fuori. Di sicuro, il caso-Mancini promette il peggio, la
politichetta dei favori, con Roma epicentro del calcio da corridoio. Da parte mia, spero soltanto
nell’avvocato Campana, spero nella sua “cocciutaggine campagnola” come diceva un grande
storico, spero che riesca a fare un po’ da diga alla s-regolatezza generale.
Dai dirigenti, dagli arbitri, dai procuratori, non c’è molto da attendersi. Quel po’ che resta del giorno
sta tutto sulle spalle dei giocatori: non so se loro lo sanno, ma sono convinto che oramai dipenda
quasi tutto da loro. Nel bene (possibile) e nel male (probabile).
Conta molto la pedagogia del gesto. Un asso come Raul che segna con la mano, festeggia e bacia il
dito nuziale, commette un peccato mortale contro il talento. Toldo, che si distende ieri come un
puma e para un rigore decisivo, restituisce il football all’attimo tecnico, alla sua anima, al suo
meglio.
Non immagino un calcio asessuato, tutto inchini e rituali da bridge. Anzi ho capito la baruffa in
campo anche tra due grandi come Maldini e Boban, entrambi classe 1968 ma con l’intatta passione
dei ventenni, di quelli che non vogliono perdere mai, e che sanno sempre mettere al riparo i globuli
rossi dai miliardi facili. (Per questo rimpiango Weah e aspetto Ronaldo). Se il calcio è circo,
lasciamolo a Moira Orfei, che di sicuro ci sa fare più del Coni. Ma se, nonostante tutto, è la nostra
autobiografia nazionale, come tutt’ora insisto a credere, allora merita attori, non saltinbanchi.