2001 Gennaio-Luglio Se la Roma del pallone diventa caput mundi

2001 Gennaio – Luglio – Se la Roma del pallone diventa caput mundi

Nei panni di Roberto Baggio chiederei i danni per sfregio estetico, dopo che un guardialinee senza
occhio e senza gusto gli ha annullato a San Siro un gol da Biennale d’arte.

Ho pensato inevitabilmente a Maradona: una carezza di mezzotacco, in diagonale lunga che s’infila
in un angolo di porta grande come una buca di biliardo. Miele sull’erba. Con tutto il riguardo per il
derby di Roma caput mundi, è stato il gesto più terso della domenica. Avrebbe meritato l’Olimpico,
non San Siro; roba da scudetto, non da retrocessione.

Quando gioca l’Inter, l’ex scala del calcio italiano (come la chiamò Gipo Viani da Nervesa della
Battaglia) sembra chiusa per restauro. Da Lippi a Tardelli non è cambiato nulla: il che non assolve
Lippi ma condanna anche Tardelli.

L’organico dell’Inter è da quarto-quinto posto in classifica, ma l’animus da decimo e gli schemi da
penultimo. Segno evidente che nel cortocircuito generale ci stanno dentro fino al collo anche gli
allenatori: ieri famoso per l’urlo mondiale, oggi Tardelli risalta in tv con le giaculatorie.

Per il resto, non mi stupisce più niente, nemmeno la bomba Molotov scagliata contro il pullman
nerazzurro. In questo nostro sbrindellato Paese, cultura e ordine pubblico sono due concetti al
ribasso, che si tengono assieme, sulle piazze come negli stadi.

Vuoi far sapere a Haider che le sue idee non ti piacciono? Scendi in strada e tira cubi di porfido ai
poliziotti. Sei deluso dalla squadra del cuore? Tira Molotov, seggiolate, arance, rubinetteria, tutto
ciò che alimenta l’intifada italiana.

Chi qualche volta mi legge sa già come la penso: il nostro è il peggior campionato del mondo, ma
anche il suo presuntuoso. Tanto per dire, il settimanale francese “Liberation”, progressista, ha
presentato il derby della capitale con un’inchiesta di due pagine titolata così: “Roma allo stadio del
fascismo”, cioè il più bello stadio del mondo solo in fatto di intolleranza e di svariati buuh razzisti.

Consolante no? In compenso, ieri i quotidiani inglesi presentavano una raffica di titoloni cubitali del
seguente tenore: “Magnifico” oppure “Il perfetto sportivo”. E’ successo che un attaccante, vedendo
il portiere avversario infortunato, ha rinunciato a segnare nella porta vuota e ha fermato il gioco, tra
gli applausi del pubblico scattato in piedi di fronte a tanto fair play.

Il calciatore è italiano, si chiama Paolo Di Canio, romano della borgata di Quarticciolo, e vanta
nella sua carriera un curriculum tutt’altro che ineccepibile dal punto di vista disciplinare. Ma, alla
lunga, deve aver assorbito l’aria del campionato inglese, questo sì il più bello del mondo: con quel
che ha scritto di lui il “Times”, non mi meraviglierei che lo facessero baronetto con un tocco quasi
deamicisiano.

L’Inghilterra, patria dei famigerati hooligans, ne ha fatta di fatica per liberarsi delle sue domenicali
porcherie. Però ce l’ha fatta con una formula semplice: cultura e bastone, opzione zero con la
teppaglia e comfort allo stadio. Lì polizia e calcio lavorano insieme; da noi vige li salvi chi può, con
lo spettacolo umiliante di un Paese che non sa nemmeno divertirsi. Bimbi, donne e famiglie devono
stare alla larga dal calcio come dai fili ad alta tensione, allargando il ventaglio delle quotidiane
insicurezze (Quelle che, sotto sotto, decideranno a mio parere anche il voto politico del 2001).

Peccato, perché il derby del 2000 tra Lazio (con lo scudetto) e Roma (da scudetto) ieri sera ha fatto
davvero storia. Per la prima volta in un secolo di pallone, Roma vale Milano o Torino, gioca alla

pari, mette in campo risorse e potere in grado di rompere il tradizionale strapotere del Nord, con due
squadroni.

Quando la Roma vinse il suo primo campionato, nel 1942, si disse che era “lo scudetto di
Mussolini”. Oggi gli scudetti sono di Totti e Nesta, nel caso, non certo arbitrati da Ciampi.

Una storia nuova e credo definitiva ha scelto il derby per segnare una data che allarga tanto la scena
quanto il Pil del calcio italiano. Ne sarebbe soddisfatto anche Camillo Benso conte di Cavour che
volle Roma capitale considerandola la sola città d’Italia dove la memoria municipale non prevaleva
su quella nazionale.

Addio scirocco, addio pigrizia, addio ponentino, addio sonetti di Trilussa: questi fanno sul serio.
Soltanto la Juve può fermare questa Roma. Venerdì.