2001 Gennaio-Luglio Sul circuito dei principi il Gran Premio di Maranello

2001 Gennaio -Luglio – Sul circuito dei principi il Gran Premio di Maranello

Il Gran premio di Monaco va ribattezzato da ieri Gran Premio Maranello, in omaggio alla macchina
più affidabile degli anni 2000. La Ferrari è robusta come un trattore sul piano meccanico ed
efficiente più di una navicella spaziale su quello elettronico: roba da principi, come si conviene a
Montecarlo, regno dei Grimaldi e dei panfili esentasse. Avevo letto nei giorni scorsi (sul settimanale
“sportautomoto”) un celebre detto di Henry Ford: “Su una macchina, tutto ciò che non c’è non si
rompe”. A questo punto del mondiale di Formula Uno si può aggiungere che tutto ciò che c’è sulla
McLaren prima o poi si rompe. A turno, o non parte Hakkinen o non scatta Coulthard mentre le
Ferrari filano via lisce come l’olio. Già la partenza, nel salottino di Montecarlo, è sempre a rischio
per carenza di spazio; adesso Coulthard ha battuto tutti i record. Con un giro dell’oca perfino
beffardo: dal primo all’ultimo posto prima ancora del via. Al giro di ricognizione: ma si può?

Nella città del casinò, tutto si è consumato come in un giro di roulette, anche se a dire il vero i
maghi dell’elettronica hanno sempre messo le mani avanti. Se ti scappa di toccare il freno sulla
linea di partenza, sei fregato; se smetti di accelerare, stessa fine; se non hai adattato al millimetro i
sistemi all’asfalto e alla pendenza, vai di sicuro incontro a guai seri. Se, se, se…

Non basta. Noi immaginiamo l’elettronica come un mistero, roba da robot, che anzi spersonalizza la
guida e rischia di avvicinare il pilota a un burattino. Gli esperti assicurano invece che persino
l’elettronica va personalizzata, fatta su misura come il casco, i guanti, il volante. Se non parla la
lingua giusta, può tacere. O tace il pilota, o tace l’elettronica come capitò a Coulthard, che ripete di
aver cominciato a capire la vita da quando ha rischiato di perderla cadendo in jet con l’ex-morosa.
Per il nervoso, ieri lo scozzese si deve essere mangiato un paio d’anni di esistenza. Per una
quarantina di giri, o giù di lì, non è riuscito a sorpassare nelle retrovie tale Bernoldi, brasiliano di
belle speranze che sembrava a tratti il grande Alberto Ascari, passato alla storia anche per la
bravura nel chiudere ogni varco a chi gli stava dietro. A impensierire la Ferrari, restava soltanto
Hakkinen, che andava come una scheggia, sugli stessi tempi di Schumacher. Sarebbe stato il solo
duello davvero degno del più fantastico circuito del mondo, se non avesse immediatamente
provveduto la McLaren a subire il delirium tremens a una sospensione – manco a dirlo – elettronica.
Fine corsa, e parata meritatissima per la Ferrari, che andava in carrozza fino alla fine, primo e
secondo posto, come capita in F1 soltanto nelle grandissime occasioni. Sfido io che Luca Cordero
di Montezemolo ha detto no a un ministero con Silvio Berlusconi: con questa Ferrari, ha più gloria,
meno grane, e un’opposizione molto più collaborativa di Bertinotti e D’Alema. Nonostante la
Ferrari abbia vinto sul velluto, Montecarlo non annoia mai. Come potrebbe? E’un circuito che più
cittadino di così non si potrebbe, fatto per l’uomo della strada non per i superman dei 300 all’ora.

Ogni metro cova un agguato, gobbe, cunette, guard rail, tunnel, dossi, discese, gomiti di curva.
Persino la segnaletica orizzontale, della Montecarlo di tutti i giorni, confonde le traiettorie e
intorbida la prospettiva. “Qui si vede il vero pilota”, ha ragione Coulthard. Ho un ricordo di Ayrton
Senna giovane, quando non era ancora Senna, il più grande. Lui partiva tredicesimo con una
Toleman e a Montecarlo pioveva che Dio la mandava: finì ex aequo con Prost, primi, dividendosi i
punti con lui, dopo aver dato spettacolo. Sì, è vero, qui i piloti si svelano, per quel che valgono.

A me pare che la sintesi di Montecarlo sia questa: quando va, la McLaren è veloce quanto la Ferrari
e ha piloti altrettanto all’all’altezza. Solo che la Ferrari va sempre, la McLaren a volte, come
insegna la classifica, un po’ elettronica anch’essa. Certo, vincere nel Principato ha per la Ferrari un
sapore quasi di casa. In questo strano staterello, di 181 ettari e di 70 banche, su 32 mila abitanti gli

italiani sono già seimila! Sei anni fa arrestarono cinque funzionari del Casinò per malversazioni e
riciclaggi vari: tre su cinque erano naturalmente italiani. Che Paese straordinario il nostro. Per
potenza industriale siamo i sesti al mondo, ma per libido dei paradisi fiscali nessuno ci batte. Meno
male che, lungo la meraviglia della baia di Montecarlo, ieri ha vinto l’italia di Maranello, che è
tutt’altra storia e tutt’altro paradiso. Gran Premio Maranello, appunto.