2001 giugno 22 Marghera nuova
2001 giugno 22 – MARGHERA NUOVA (2)
Certe sere, partendo da Venezia o in auto o in treno, si vedono dei tramonti stupefacenti per bellezza,
anche se sono fumi ed emissioni d’ogni sorta a filtrare magicamente il sole basso sull’orizzonte.
Quando capita, mi dico che dev’essere un simbolo in qualche modo provvidenziale. Per dire che il
male non sta in fabbrica, né sul posto di lavoro, nemmeno nella chimica, forse neanche in quei fumi
di cielo. Il male è la nostra arretratezza, che fa coincidere il fare con l’affare: una vecchia storia, oggi
superata da un altro business, il vero affare, che o sa fare tutti i conti, ma proprio tutti, oppure un
giorno pagherà tutto, tanto o poco o tantissimo ma pagherà. Come con il “Petrolkimiko”. La morale
del processo penale in corso è asciutta. Verità, responsabilità, futuro: questo almeno credo, in un’area
che è stata anche un affare selvaggio e che, curiosamente, diventerà un altro gigantesco affare. Ma
della bonifica stavolta, del lavoro, del terreno, dell’acqua, dell’aria, in sostanza della città umana.
Ricordo Cardiff, in Galles. Da inviato, cioè su due piedi, mi ero fatto del luogo un’idea molto succinta,
e cioè che avesse due cose buone e una cattiva. Tre in tutto. La prima buona era Shirley Bassey,
bravissima e bellissima cantante di soul, nata e cresciuta nei quartieri del porto da un marinaio
nigeriano e da mamma inglese. La seconda buona era John Charles, centravanti biondo, dalla cassa
toracica a muro, che aveva fatto grande la Juve e che, nel suo negozio di articoli sportivi, dispensava
glorie e memorie d’Italia. La terza cosa, ma cattiva, era il carbone, che si respirava nell’aria come la
depressione.
Con la crisi del carbone, Cardiff subì una crisi occupazionale al cui confronto la ristrutturazione di
Marghera era poca cosa. Cardiff cambiò pelle industriale e respirò meglio, tanto da non evocare più
una specie di eterno sottosviluppo.
Sulla “Nuova Venezia” ho letto un titolo: “Centrale pulita. Edison di Marghera ottiene la
certificazione Emas”. Il che significa oggi il massimo della garanzia ambientale, anche il meglio del
profitto.
Abbiamo bisogno di sentenze e di tecnologia, di memoria e di futuro. Chi mette in guerra lavoro con
ambiente, assolve il peggior capitalismo e rinuncia e premiare il migliore.
Qualcuno farà spallucce sostenendo che Marghera c’era poco o nulla con il Nordest e, soprattutto,
con il suo capitalismo post-fordista, post-fabbrica, post-tute blu, post-Novecento in parole povere. È
vero e tuttavia Marghera ci appartiene totalmente, nel bene (ricerca, indotto, cultura operaia, tecnica
dei quadri, ecc.) e nel male (parossismo industrialista, violenza sull’habitat, profitti sulla sicurezza
ecc.).
È storia di lavoro e di sconfitte, atipicamente veneta, ma nostra, ieri oggi e domani.