2001 luglio 11 Il buco

2001 luglio 11 – Il buco

Ieri politici oggi finanziari: l’Italia dei misteri si arricchisce con il mistero del buco. Peraltro pieno
come un uovo di debiti.

Quanti non si sa, perché da noi l’aritmetica è flessibile. Normale in ogni campagna elettorale,
l’esibizione di buchi contrapposti diventa invereconda all’inizio di legislatura. Meriteremmo solo per
questo un G7, senza l’Italia, lasciata a casa a ripassare le tabelline.

Il mondo è pieno di società di certificazione, indipendenti da ogni pressione come l’anticiclone delle
Azzorre. Non so che cosa si aspetti a interpellare la migliore di esse sui bilanci dello Stato, dal
momento che le nostre più attendibili fonti vanno dai diecimila miliardi del precedente governo ai 62
mila di quello attuale, passando per ragioneria dello Stato, banca d’Italia, Confindustria e Istat, ai
quali si guarda con la stessa fiducia riservata all’oroscopo di Van Wood. Interpretandoli, manco a
dirlo, a misura di schieramento politico.

Se fossero veri i conti di Amato, quelli falsi di Tremonti entrerebbero alla grande negli annali
dell’Onu: record mondiale di disinformazione.

Conti liberisti, nel senso di conti fatti in libertà; da dimettersi al salto, per sparire dalla circolazione e
ritirarsi a Lorenzago di Cadore a scrivere, per penitenza, biografie di grandi ragionieri. Non scherzo.

Se invece avesse ragione fino all’ultima lira Tremonti, Amato dovrebbe minimo minimo rinunciare
alla pretesa di riformare il centrosinistra. Non avrebbe, letteralmente, i numeri. Né la faccia.

In un paese decente, qualcuno alla fine dovrebbe pagare il “falso” di questa disputa, perché, in ogni
caso, qualcuno che mente, o peggio, ancora, non sa quel che dice, c’è. Ma alla fine, scommetto,
nessuno pagherà: tranne gli italiani, semmai.

Per questo e altre ragioni, non mi ha sconvolto il Tg1 del buco, nemmeno il più televisto quella sera.
Lo dice la parola: pubblici sono i conti, pubblica è la Rai e il pubblico dei telespettatori è fatto di
contribuenti che quei conti, quel canone Rai e perfino quel buco finanziario di tasca propria,
pubblicamente.

Da liberale, so anch’io che il posto giusto sarebbe il Parlamento non uno studio televisivo. Ma so
anche che veniamo da una campagna elettorale durante la quale destra e sinistra, per un anno buono,
hanno scelto “Porta a Porta” per comunicare, con Bruno Vespa più presidente di turno che conduttore.
Lo stesso Amato vi annunciò il ritiro della sua candidatura a vantaggio di Rutelli.

Posso sbagliarmi di grosso, però sono convinto che agli italiani premano due cosette soltanto. Una, il
buco certo (del governo Amato); due, se il buco ci sarà, il rimedio (del governo Berlusconi).

Tutto il resto è un buco nell’acqua. Alleniamoci.