2002 aprile 28 La tv Enzo Biagi nel 1993

2002 aprile 18

DOMENICA 21

La tv

Enzo Biagi nel 1993, prima dell’avvento di Berlusconi in politica: “C’è la tv verità, la tv
strappalacrime, la tv di piazza, e poi quella che fa spettacolo, e infine, o anche in principio, la tv
spazzatura: quella che urla, attacca, polemizza, lancia insulti e anche spruzzi di acqua minerale. Ha
anche intelligenti protagonisti che sfruttano il momento e mi ricordano una considerazione di Ennio
Flaiano che diceva pressappoco così: questo è un paese dove abbondano i cretini di genio”.( da “I
come Italiani”, editore Eri-Rizzoli)
Giulio Malgara nel 1997, dopo l’avvento di Berlusconi:”L’Ulivo ha fatto bene a occupare i posti di
potere. E’ il governo Berlusconi che ha sbagliato a non farlo.Un bipolarismo vero non deve esistere
solo sui giornali ma anche nei fatti, nei posti chiave, quelli che contano. E quando si occupa il
potere bisogna assumersene anche le responsabilità”.( da un’intervista al presidente dell’Auditel,
degli Utenti pubblicitari e della Chiari &Forti)

LUNEDI’ 22

Pedoni

La Socitras ( società di traumatologia della strada, per conto del ministero dei trasporti) ha
pubblicato una ricerca su 12.643 investimenti di pedoni nelle aree urbane. Dai dati risulta che
soltanto nel 6,4 per cento degli incidenti il pedone è colpevole del suo investimento, per aver
attraversato la strada fuori dalle strisce. Il …restante 93,6 per cento dipende tutto dall’automobilista,
che andava troppo veloce, che era distratto o che non aveva visto bene viaggiando su strade
illuminate male.
Da automobilista non esemplare, dico che quel 93,6 per cento è una percentuale da caccia grossa.
Traumaticamente incivile.

MARTEDI’ 23

Dibattiti

Alessandro Del Piero, trevigiano, campione della Juve:” In questo calcio si fanno dibattiti sul
nulla”.

MERCOLEDI’ 24

Per amore

A Milano assolvono l’ingegnere che, alla moglie in coma irreversibile dopo una serie di devastanti
emorragie e dopo quattro ore di operazione, staccò la spina del respiratore artificiale cioè della
macchina che teneva artificialmente in vita la donna. Innocente.
Non ha ucciso. Non ha tolto la vita perché era vita artificiale e non ha procurato la morte perché era
morte naturale. Anzi, vita e morte erano la stessa cosa.
Ad assolverlo è una giuria popolare, fatta di gente come noi non di giudici di professione. Il
pubblico ministero del processo, vale a dire il magistrato accusatore, alla lettura della sentenza
dichiara:”Sotto il profilo giuridico valuterò le motivazioni; umanamente sono contento.” Un grande
medico, dello spessore laico del prof. Veronesi si confessa felice anche se rispettoso dei dubbi
cattolici. Un intellettuale cattolico come il prof. Rocco Buttiglione definisce “un crimine”
l’accanimento terapeutico.
Trovo importante chiedersi soprattutto una cosa: perché la stragrande maggioranza degli italiani sia
contenta di questa sentenza, perché il 64 per cento la consideri anche giuridicamente giusta, perché
un caso angoscioso venga alla fine vissuto come amorevole. Come una storia di amore terminale.
Il fatto è che, per comune sentire, le parole hanno abbandonato la forma per prendere sostanza. Le
parole “vita” e “morte” sono state spogliate dell’ipocrisia, della finzione, del rito, e in ciò consiste il
senso di umanità.
Discutiamo da anni, ai confini del fondamentalismo, del diritto alla vita di un embrione congelato.
Ci dovrà pur essere un sacrosanto diritto, umano e cristiano, alla morte in santa pace della persona.
Per pìetas, la quale stava a significare per i latini un sentimento sia religioso che di tenerezza
personale.
Questo non è un caso tipico di eutanasia, il darsi la buona morte quando si è ancora in possesso
delle funzioni vitali. Tuttavia, tra tanti rispettabili commenti e opinioni, ho sentito in questi giorni la
mancanza soltanto di quanto avrebbe scritto e detto Indro Montanelli, che pur dell’eutanasia era da
sempre paladino.
Lui aveva un senso talmente alto della vita da rifiutare, proprio per questa elevatezza spirituale, la
sua perdita di dignità. Se conoscevo bene Montanelli, era in lui rispetto della vita più che orgoglioso
dominio della morte.
Sei mesi prima di andarsene, intervistato per L’Espresso dal giovane deejay televisivo Andrea
Pezzi, si spiegò così:”Se mi troverò in condizioni di non intendere e di non volere, voglio che mi si
sopprima in qualsiasi modo.Non voglio diventare un vegetale di fastidio e di peso ad altri, cosa che
la mia dignità non sopporterebbe. Quando non sarò più capace di andare in bagno, sarà il momento
di sopprimermi”.
La differenza che passa tra “un vegetale” e la persona, credo sia lo spirito, forse l’anima,
chissà.Ragionando su temi di tanta portata e al limite, la distinzione non passa tra cattivi e buoni
ma tra tormentate idee del vivere.
L’ingegnere assolto a Milano ha raccontato:” Mia moglie Elena me lo aveva detto più volte: se mi
dovesse succedere qualcosa preferirei che qualcuno mi facesse morire. Non c’è mai stata una
promessa, solo un tacito accordo”.
Tacito. In religioso silenzio.

GIOVEDI’ 25

25 aprile

Più si parla di pacificazione più si litiga. Più si promette unità più ci si divide. Più si pretende di
guardare avanti più si ritorna indietro.

VENERDI’ 26

Dive

Marylin Monroe, attrice americana morta a 36 anni nel 1962:”Sono prevalentemente infelice, sento
il destino che pesa su di me”.
Linda Lovelace, porno attrice americana, era diventata regina del cinema erotico con il film “Gola
profonda”, che incassò più di mille miliardi senza che a lei, sfruttata, andasse nemmeno una lira. E’
morta a 53 anni di cancro al fegato non riuscendo a lasciare nemmeno i soldi per il funerale.

SABATO 27

La citazione

Giancarlo Zizola, scrittore e vaticanista, da “ Giovanni XXIII, la fede e la politica”, editore Laterza,
2000.
“Il 21 giugno 1954 il patriarca di Venezia Angelo Roncalli diffuse una messa in guardia destinata a
sollevare rumore: giudicava la Biennale d’Arte “pericolosa” per il costume, specie per i giovani, e “
con qualche eccesso, specialmente grave in riferimento a temi religiosi”.
“Le espressioni artistiche – aggiungeva il patriarca- spesso celano allettamenti e pericoli alla
purezza del costume della gioventù e in generale dei deboli e dei forti”. Perciò egli metteva in
guardia “genitori, educatori e responsabili del costume privato e pubblico”.
Gli interventi di Roncalli sui temi del costume, sconvolto dalla vasta ondata del soggettivismo
sospinta dalle trasformazioni economiche del paese, non sembravano discostarsi dalla posizione
moralistica propria della gerarchia cattolica del tempo dinanzi ai modelli di comportamento sui
quali si fondava la società dei consumi. Egli fece propria la lettera dell’episcopato veneto sul
problema della “purezza del costume estivo” allarmandosi per “i pretesti che il divertimento, la
moda, l’arte, le esagerate esibizioni sportive offrono a giustificazione e talvolta addirittura ad
esaltazione del peccato, dello scandalo e del vizio”.
Il patriarca respingeva l’accusa rivolta alla Chiesa di “eccessiva rigidezza o di incomprensione” del
cammino dei tempi”.