2002 giugno 22 Veneto e Chiesa
2002 giugno 22 – Veneto e Chiesa
Treviso- Il Patriarcato di Venezia era stato il più svelto di tutti nel decretare la fine del tradizionale
“Veneto cattolico”, bianco che più bianco non si poteva, fabbrica del consenso attorno a parrocchie
(in basso) e vescovi (in alto). Già sette anni fa, un documento ufficiale certificò l’avvenuto
terremoto: la canonica diventava super partes all’insegna, per così dire, del libero voto politico in
libera Chiesa pastorale. Fatto.
Semmai, si intravvedono ora due cattolicesimi alla veneta. Uno più di servizio, con lo sguardo al
nuovo della società, che benedice feste multietniche sul Montello; uno più identitario, che fa
coincidere il lascito religioso con la difesa delle radici, dal dialetto al precetto festivo, dal radicchio
al vino doc, dalle sagre paesane alla fiorente editoria locale. L’ultimo numero dell’annuario di
storia “Venetica” ammette che è difficile indovinare quale sarà lo sbocco di queste due chiese
territoriali.
Una cosa è sicura.Il recentissimo voto provinciale di Treviso e il comunale di Verona dimostrano la
totale libertà del voto cattolico interessato soltanto a non farsi più arruolare, tanto meno nello
schema di un bipolarismo nazionale da curva sud. Con qualche sorpresa però, che sta a ribadire
come il Nordest abbia tutt’altro che archiviato il ruolo di cantiere, aperto fin dai primissimi anni
novanta.
Laureato a Udine in Scienze della produzione animale, rieletto a 34 anni presidente della Provincia
di Treviso quasi con un plebiscito, il leghista Luca Zaia sostiene che nessuno controlla più e/o
dirige il voto, nemmeno i poteri forti.”La Chiesa – dice approvando in pieno – si comporta
esattamente come l’associazione industriali.”
Cioè non si spende per nessuno; “nessun diktat dal vescovo”, precisa Giancarlo Gentilini, 74 anni,
sindaco dal 1994, che in città ha fatto da acchiappavoti per Zaia. Nuova e vecchia guardia della
Lega.
Assieme a Verona, Treviso svela le dinamiche in atto nel Veneto, in particolare tre. L’alleanza
geneticamente imperfetta tra Forza Italia e Lega Nord. In più, la ristrutturazione tuttora in corso del
moderatismo incompiuto, eredità della Dc.Infine il modello Giulietta e Romeo del centrosinistra,
che da Verona aspira a convertire all’unione la “capre pazze di Roma”, rabbiosa espressione questa
di Massimo Cacciari appena rientrato a Venezia da un ciclo di conferenze in Spagna.
Sullo sfondo del Nordest si legge a mio parere l’esatto contrario del disincanto e del riflusso. Anzi,
un panorama molto inquieto e più che mai alla ricerca di formule originali, in grado di accendere la
politica nazionale partendo, oggi come ieri, dall’amministrazione non viceversa. L’ente locale svela
il consenso per quello che è, senza troppe finzioni, il più delle volte al riparo dal suk televisivo
dominante.
Prendiamo Treviso, epicentro imprenditoriale. Il comune capoluogo ha 84 mila abitanti. La
provincia conta 95 comuni con 380 aree industriali! La disoccupazione è al 2,1 per cento, mentre
allo sviluppo sono già destinati altri dieci milioni di metri quadrati.”Uno spreco di territorio”,
accusano lo stesso Zaia e uno storico esponente leghista come l’ex deputato Bepi
Covre;“dissipazione dello spazio fisico” rincara l’architetto Domenico Luciani, che guida le serrate
ricerche della Fondazione Benetton.
Nella città meno ideologica del Nordest, i poteri che contano sono soprattutto tre e sembrano
lavorare tacitamente di conserva nonostante storie l’una del tutto separata dall’altra. Il sindaco, il
banchiere e l’imprenditore glocalista che concilia il mondo con piazza dei Signori.
Il sindaco Gentilini esibisce i cantieri in serie,strade,acquedotti,pescherie, arredo urbano, e allontana
accattoni oltre che venditori abusivi.In occasione di matrimoni, si rivolge agli sposi intimando loro
di fare subito figli:”Non ho tempo di attendere”,avverte.
Il banchiere Dino De Poli, coetaneo di Gentilini, è uomo colto, un post dc progressista, da una vita
allergico al vecchio cangiante doroteismo. Con la Fondazione Cassamarca crea l’università, investe
sulla cultura,acquista teatri, è in fondo l’altro sindaco. Gentilini governa, De Poli regna.
Il tutto con la benedizione del terzo potere trevisano, i Benetton, che pur globali vincono scudetti da
mecenati locali, danno sport a tremila ragazzi, ristrutturano storici edifici e mettono in vetrina il loro
autobiografico United Colors davanti alla scalinata del Palazzo dei Trecento, medioevo e terzo
millennio della città. Intervistato in queste ore dalla “Tribuna di Treviso”, Gilberto Benetton ha
attribuito a Gentilini il coraggio di aver sfiorato i confini di legge pur di fare il necessario:”Cosa
che in passato – ha insistito –mai altri sindaci ,onestamente, hanno fatto.”
Il centrodestra non ha capito niente di questa inedita Treviso, capoluogo decisionista e trasversale,
fino al punto di presentarsi al voto provinciale di maggio contro l’alleato Gentilini, contro l’alleato
Zaia, contro la Lega degli amministratori insomma. Forza Italia si è distinta per aprire le porte a
quelli che il sindaco chiama “rifugiati politici in F.I.” o “vecchi pipistrelli di Casa della Libertà”
oppure “cespuglietti del potere”, sempre alludendo folkloristicamente al ceto sul cui collasso
esplose proprio il fenomeno Lega ma sul cui serbatoio contano ancora troppi
centroforzisti.Risultato delle urne nella Marca: Forza Italia nemmeno al ballottaggio, Lega
territoriale in parata e, ciò che solo conta ormai, allusioni a futura memoria.
Ma qui entra in tackle a gamba tesa l’analisi di Massimo Cacciari, che considera il caso-Treviso un
primo “segnale politico generale”. L’intellettuale più costituente del Nordest, che fra due mesi si
dimetterà da consigliere regionale veneto e che fra quattro tornerà in cattedra a Milano, sembra
guardare lontano:” La Lega – sostiene l’ex sindaco di Venezia – arresta la sua frana soltanto dove
corre esplicitamente da sola ed esplicitamente contro Forza Italia, tanto che a Treviso riprende tutti i
voti che aveva nel 1997. Ma da un punto di vista politico, questo successo dimostra che la Lega è
davvero finita! Perché Bossi non potrà più tornare a giocare da solo.”
Come dire che il localismo premia la solitudine leghista, ma che questa carta vincente sarà
politicamente interdetta dall’alleanza con Berlusconi. Perciò la “lezioncina” di Treviso apre a detta
di Cacciari uno spazio autonomistico enorme a patto che, sono parole sue, “l’Ulivo nazionale sappia
rappresentarlo. E se non saprà, al Nord non ci sarà alcuna inversione politica di tendenza. Nessuna.”
In un Veneto governato ad ampia maggioranza dal centrodestra, il voto di Treviso ha visto rompersi
la coalizione del presidente Giancarlo Galan mentre a Verona la scissione ha investito la stessa
Forza Italia. E’ interessante: nel cantiere a tempo pieno del Nordest, è ora il centrodestra non il
centrosinistra a svelare il tarlo perdente della frammentazione e della disunione. Nell’immaginario
regionale, quasi uno choc, uno spot a rovescio rispetto allo scenario nazionale.
Verona in particolare docet. Anzi Verona certifica la ricetta proposta da almeno tre anni da
Cacciari:”L’Ulivo come repubblica federale”, aspettando Prodi. In altre parole, Ulivo senza
egemonie , fatto di unità e di distinzioni, di partiti e di società, di candidati forti che come il nuovo
sindaco di Verona, avvocato Paolo Zanotto, si dichiarano subito “progressista di centro non uomo di
sinistra.”
A dire il vero, l’Ulivo del Nordest non ama più illudersi . E Cacciari fa una confessione tanto
retrospettiva quanto sferzante:”Il giorno dopo un voto amministrativo molto significativo perché
indicava una strada politica – ricorda –sono stato vicino al vomito nel vedere che a Roma avevano
trovato il modo di rompersi le palle con il portavoce e il governo-ombra dell’Ulivo!!! Come se a
qualcuno potesse interessare qualcosa di tutto questo. Quel giorno,sapendo che avrei fatto danno, mi
sono morso la mano per non scrivere un articolo per l’amico Ezio Mauro.”
Non c’è mutazione sociologica in atto a Nordest, ma latente fluttuazione del consenso moderato.
Don Bruno Fasani, 54 anni, da nove direttore di “Verona fedele”, settimanale diocesano sempre più
diffuso, usa il termine “compostezza” per definire ciò che serve oggi alla politica.Aggiunge che “le
baruffe goldoniane sono perdenti.”
L’ultimo Veneto a disposizione vota anche per vitalissima stanchezza. E’ la democrazia pensosa
,non scettica.