2002 giugno 28 Arbitri e prova tv

2002 giugno 28 – Arbitri e prova tv

Caro De Marco, sono d’accordo con lei, che pur si dichiara in disaccordo con me, quando dice che
con la tecnologia bisogna andare cauti. Cauti nell’andare, benissimo, ma non fermi all’età delle
caverne, che oggi perpetua il potere indiscriminato di incapaci e ladri. (Ci sono sia i primi che i
secondi).
Blatter blatera che occorre fidarsi delle terne, ma poi propone di ampliarle a cinquine, con un uomo
in più dietro le due porte. Il che vuole dire che, in ogni caso, il presidente più chiacchierato del
calcio mondiale riconosce implicitamente che così non si può andare avanti. A meno che, aggiungo
io, non ci si accontenti di un calcio da prestigiatori. Con il trucco, vedi Corea.
Dopo anni di ritardi e di resistenze, la prova televisiva permette finalmente di sanzionare episodi
violenti del tutto sfuggiti all’arbitro oppure di riparare ai suoi svarioni. Proprio al Mondiale, il
tedesco Neuville ha evitato la squalifica solo perché la tv ha dimostrato la sua ingiusta
ammonizione: lui stava addirittura da tutt’altra parte rispetto all’episodio sanzionato dall’arbitro.
Io la penso così per il calcio. Regole stabili, strumenti innovativi.
Ma i conservatori non vogliono mollare l’osso dell’esclusiva, che è la base del potere. Se tutto resta
opinabile, se tutto resta nella discrezionalità di un uomo solo, é chiaro che il potere sarà tutto suo,
con annessi e connessi.
Il grande arbitro è un servo fedele del gioco; certi arbitri volpini se ne servono, vogliono giocare
anch’essi una loro partita, per narcisismo, per carriera, per interessi collaterali, per inconfessabili
dollari o euro. Meglio ridurre a mio parere il potere delle terne, drasticamente.
La Fifa ha sperimentato, anche nella coppa italiana, il doppio arbitro. Non ne ha fatto più nulla.
Oggi, come dicevo, pensa alle sentinelle dietro la porta. Le provi, poi si vede.
Personalmente, non mi fido. Troppa gente da gestire. Ho voglia di un occhio neutro, che non sente e
non parla. Vede, registra e fa rivedere: stop. Più mezzi tecnici, meno errori umani, meno
parapsicologia arbitrale. I tedeschi hanno parato a man salva, sulla linea, scandalosamente.
Andiamo cauti, ma proviamo, con i sensori sulle porte, per esempio. Questa è tecnologia del dentro
e/o fuori. I gol sono come i bimbi, crescita-zero: se vediamo fuori perfino quelli che sono già
dentro, è la fine.
Del resto, lei stesso deve ammettere tutta una serie di casi, dai rigori alle simulazioni, in cui la
tecnologia farebbe soltanto del bene. E allora cosa si aspetta? Tra il tutto e il niente ne abbiamo di
roba da fare, volendo.
Con la moviola il gol cosiddetto di Inzaghi contro la Croazia, che in realtà sarebbe stato di
Materazzi, poteva essere attribuito all’Italia in dieci secondi. Palla al centro e via, senza la minima
controindicazione.
Siamo pieni di ex calciatori, di ex arbitri, di ex dirigenti che potrebbero fare ottimamente il
telearbitro da bordo campo, un quarto uomo insomma che non sta lì come oggi a grattarsi.
Interviene per casi estremi, tassativi, e mai interferendo nei casi che – anche alla moviola –
conservino margini di incertezza.
Lo fa d’accordo con l’arbitro, esattamente come capita oggi tra arbitro e guardalinee. Questi ultimi
già oggi interagiscono con l’arbitro attraverso segnali in codice a distanza oppure comunicandogli a
voce la dinamica di un certo episodio. In più le bandierine che emettono vibrazioni d’attenzione.
La moviola deve funzionare come una Corte di Cassazione in campo. Va sperimentata, creando
attorno ad essa una nuova cultura dello spettacolo, una nuova prassi, una nuova credibilità.
Gli stessi giocatori si accorgeranno ben presto che non conviene fermarsi alla prima bandierina
sollevata… E se gli arbitri saranno bravi, la moviola resterà ovviamente inutilizzata, senza
nemmeno la necessità di ricuperare uno,due,tre minuti per visionarla quando serve.
Che si fa?, lei giustamente si chiede. Si fa soltanto tutto ciò che umanamente si può utilizzando le
invenzioni dell’uomo. Sono sicuro che lei non vorrà sostenere la tesi secondo cui soltanto il calcio

deve da qui all’eternità rifiutare ogni progresso per consegnarsi fatalmente all’arbitrio. Pardòn,
all’arbitro, per quanto professionista a 300 milioni all’anno.
L’ex arbitro Gonella, presidente dell’Aia, invoca la tradizione come “fascino” del calcio. Per me,
l’unico fascino rispettabile del calcio- business sta nella decenza del business.
Vieri che, con il destro che non ha, sbaglia un gol fatto fa parte del gioco; il guardalinee che decreta
fuori il pallone tutto dentro della Spagna, è da galera. L’unico modo per non arrestarlo è di dare
subito il gol a tavolino, con la moviola.
La moviola sarebbe domani un giudice del caso per caso, esattamente come l’arbitro oggi.
Deciderebbero assieme, caso per caso.