2002 luglio 14 Il cardinale

Il cardinale

E’ la sola città una e trina, Yerushalayim per gli ebrei, Gerusalemme per i cristiani, El Quds per i
musulmani. Ogni Dio la fa santa, e la Bibbia vi tiene scuola e casa.
A 75 anni il gesuita Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano per 22 anni, ha scelto di trasferirsi
da ottobre a Gerusalemme per pregare,studiare, ragionare. Una volta , in una lettera a Umberto Eco,
il cardinale scrisse :”Non è ancora il momento di lasciarsi ubriacare dalla televisione aspettando la
fine. C’è ancora molto da fare.”
Ho letto che Milano è la più grande diocesi d’Europa e che soltanto Città del Messico la supera in
numero di battezzati: non l’avrei mai pensato. Certo, oggi in Italia i numeri del cattolicesimo si sono
ridotti di un bel po’ rispetto a qualche decennio fa.
Per fare il punto della situazione, proprio Martini ha scelto come simbolo un albero. La linfa, cioè i
cattolici doc, si limita all’8 per cento della popolazione. Il midollo, rappresentato dai cattolici che
frequentano messa e sacramenti, viene stimato tra un minimo del 20 e un massimo del 40 per cento
della popolazione. Tutto il resto è la corteccia dell’albero, fatta di indifferenza di massa.
Martini è un innovatore. Tenere salda la parola di Dio per riformare profondamente la Chiesa, come
i suoi innumerevoli interventi dimostrano, compreso quello sul tardo celibato dei preti. Lui, laureato
in teologia fondamentale, deve considerare ogni fondamentalismo alla pari dei flagelli biblici.
Ha fatto per anni “cattedra dei non credenti”, da buon seminatore laico. Cita il filosofo
dell’illuminismo, Kant, per fare sintesi tanto del coraggio della ragione quanto dei limiti del sapere.
Nel lasciarla, ha raccomandato che Milano rimanga città “aperta”, larga di mente, ospitale.
E’ magnetico tutto ciò. Dopo 22 anni da pastore nella metropoli del business industriale, della
borsa, di Cuccia e di Berlusconi,della fiera, della moda, della comunicazione e degli scambi
europei, il prete cardinale sceglie Gerusalemme, la città che dà del tu all’Eterno ma che non aspetta
più nessuno con i rami di palme per le strade.
Carlo Maria Martini cerca la contemplazione nel luogo più turbolento del mondo. Silenzio della
speranza contro rumore dell’odio.

I Savoia

Era ora che i due maschi Savoia, Vittorio Emanuele e il figlio Emanuele Filiberto, sgombrassero
una volta per tutte le aule del parlamento e tornassero finalmente a occupare le pagine degli aviti
rotocalchi.Ma ci rendiamo conto che le Camere ne discutevano da cinque anni, da quando Romano
Prodi pose giustamente la questione confidando di chiuderla in quattro e quattr’otto come sarebbe
stato decente da parte di tutti?
Cose da pazzi. Adesso ci mancava solo l’on. Bobo Craxi, il quale ha avuto la pensata di annunciare
la sua astensione al grido di:”Viva la Repubblica, abbasso la monarchia.” Ma le cronache del voto
finale riferiscono, udite udite, che un paio di deputati della Margherita hanno manifestato il loro
travagliato no dopo aver preso visione della lettera di un “mazziniano”! Non ho parole.
Emanuele Filiberto ha 30 anni; il padre Vittorio Emanuele, del 1937, aveva nove anni quando –
bocciata dagli italiani la monarchia – i Savoia abdicarono partendo per l’esilio.Di tutta quella Storia
i due portano soltanto un cognome, nient’altro. Sotto il cognome niente.
Ed è proprio per questa ragione che non devono giurare fedeltà a Ciampi né rinunciare al trono che
non c’é o imbarcarsi in postume condanne rispetto a un remoto passato di cui non conservano

nemmeno la tragica grandezza di “eredi”. Entrambi sono reperibili esclusivamente nelle pagine
dell’”attualità”.
Sono due cittadini e basta, ex emigrati a forza, ai quali non va richiesto oggi nulla di speciale perché
più niente di speciale rappresentano. In fondo, soltanto i monarchici sono legittimati a considerarli
non per ciò che sono ma per ciò che sarebbero potuti essere: sentimenti rispettabilmente loro,
mentre le nostre nostalgie sono semmai di altro tipo.
Per festeggiare la scelta popolare repubblicana, il governo del 1946 corrispose un “premio” a tutti i
lavoratori italiani: 3000 lire per quelli con famiglia, 1500 per i single. Ma il primo presidente eletto
della Repubblica con l’accordo di De Gasperi (Dc) e di Togliatti (Pci) – il giurista Enrico De
Nicola – era notoriamente e da sempre monarchico!
Ahimé ,quelli erano altri parlamenti e altri leader, dovevano ricostruire un futuro e non avevano
tempo da perdere negli archivi.