2002 luglio 28 Informazione

2002 luglio 28 – Informazione

Aveva ragione Indro Montanelli nel definire Ciampi uno degli ultimi esemplari di “patriota”, uomo
che crede fino in fondo di dover servire la “Patria”. Ma soprattutto i patrioti sono propensi a
illudersi.
Mentre il Parlamento stava sbaraccando per le vacanze e aveva in mente soltanto l’aumento dei
soldi ai partiti, il presidente ha inviato alle Camere un solenne messaggio sull’informazione, a
sostegno del “pluralismo” (non concentrata) e della “imparzialità” (non di parte). Sappiamo tutti
come è andata poi a finire: su 933 parlamentari, al solenne dibattito in aula erano presenti 63
senatori e un numero di deputati oscillante tra i 44 e i 130. Non era giornata.
A questo punto non si capisce bene perché gli elettori dovrebbero appassionarsi a un tema così
importante visto che gli eletti dimostrano di considerarlo un saldo di fine stagione. Si capisce invece
benissimo che, così facendo, il Parlamento fabbrica indifferenza di massa. Contenti loro,scontenti
tutti.
Il capo dello Stato aveva inviato un messaggio:l’informazione è “essenziale” per la qualità della
democrazia. Il Parlamento dei pochi intimi, da Forza Italia ai Ds, ne ha restituito un altro: ci
penseremo, con comodo. La gente conclude:come non detto.
Non sarà elegante scriverlo, ma è così. Temo che in materia il Quirinale non lasci traccia.
A dar retta all’on. Berlusconi, fino a ieri la Rai era in mano ai soviet, ma oggi,vista da sinistra, la
Rai sarebbe il ripetitore di Arcore.Iperboli a parte, quando mai la Rai è stata spoliticizzata?
Una decina di anni fa il bollettino “Notizie radicali” diede del “velinaro”, cioè del governativo, a
Michele Lubrano che era corrispondente Rai da Parigi. Lui querelò per diffamazione ma perse la
causa perché il tribunale ritenne che quello non fosse un insulto bensì un giudizio politico su un
giornalista visto come “nemico politico”.
In parole povere, la sentenza dava la Rai per geneticamente velinara. Nessuno, neppure se bravo,
doveva offendersi penalmente.
Prima la Rai dipendeva direttamente dal governo. Anche la BBC inglese è proprietà del governo,
ma ha tutt’altra tradizione liberale né si è mai posta il volgare problema di lottizzare un canale ai
conservatori e uno ai laburisti.
Una trentina d’anni fa la Rai è passata dal controllo del governo a quello del parlamento. Dunque
dei partiti, a cominciare ovviamente da quelli di maggioranza: il cerchio era perfettamente saldato.
Non era però previsto che il cav. Berlusconi, proprietario di Finivest/Mediaset, diventasse l’on.
Berlusconi.
Questo l’ingorgo, per quanto legittimo.Quando Berlusconi diventò il padrone delle televisioni,
mancavano infatti le regole dell’etere.Quando è diventato leader politico, mancavano in Italia le
regole sul conflitto tra interessi privati e interesse pubblico.
Fu il ritardo la specialità dell’intero sistema politico.Ed è stato proprio il vuoto la doppia specialità
di Berlusconi: negli anni Ottanta, il vuoto televisivo privato dopo il monopolio pubblico della Rai;
negli anni Novanta, il vuoto politico moderato dopo l’egemonia della Dc.
Per decenni c’è stato un solo problema: la Rai nel Palazzo. Adesso ne abbiamo due:la Rai nel
Palazzo e Mediaset a Palazzo Chigi. Tutto qua, ma è tanto.
Negli Stati Uniti non è mai esistita una televisione di Stato, eppure l’Italia non è certo il solo Paese
ad avere grane con la politica nella tv pubblica.In Francia ad esempio, ai tempi dei duelli televisivi
tra Mitterrand e Chirac, venivano utilizzati tre registi, due di parte e uno arbitro, nel tentativo di
mettere tutti a proprio agio.Erano perfino vietati i cosiddetti piani di ascolto, che mostravano la
faccia di un candidato presidenziale mentre parlava l’altro.Niente smorfie né sorrisetti.
Ciampi chiede una “nuova legge” per l’informazione e una “vigilanza” allargata. Casini propone di
togliere ai presidenti di Camera e Senato la nomina del consiglio di amministrazione della Rai.

Bene; e i giornalisti che , fino a prova contraria, l’informazione la fanno? Secondo me, dipenderà
tutto da loro, nel meglio e nel peggio, anche se si sta parlando di norme,di controlli, di
amministratori, di par condicio, di ministri, di commissioni e di autorità, di tutto fuorché di loro, i
giornalisti.
Il giorno in cui dare del “velinaro” costituisse reato di diffamazione e non un insulto pittoresco, quel
giorno avremmo già risolto il 90 per 100 dei guai non essendo affatto detto che la concorrenza
migliori di per sé il prodotto. La concorrenza, sostiene uno studioso di tv,a volte rende rivali. Ma in
conformismo.