2002 maggio 20 Mondiale di Corea Giappone. Presentazione Italia

2002 maggio 20 -– Mondiali in Corea Giappone –

Ci siamo. Fàmolo strano, direbbe Carlo Verdone, e più strano di così non potrebbe essere il
Mondiale asiatico di calcio. Là dove si leva il sole sarà davvero un campionato dell’altro mondo per
noi, a cominciare dagli orari in tv : quasi un mattinale del football, a stomaco vuoto. Buongiorno
gol.
Sette mesi fa la Nazionale assaggiò l’ambiente con un’amichevole a Tokyo. Giovanni Trapattoni
rizzò i capelli per il traffico caotico e lento, sui 35 km orari di media, che è poi la stessa velocità di
marcia per chi circola nel nostro Nordest.
Il pubblico giapponese sa mostrare negli stadi una compostezza rituale ed è già pronto a riservare
una quota di applausi a tutte le nazionali. Quel giorno contro gli azzurri espose sulle gradinate due
cartelli, “Forza Italia” e “Catenaccio”, entrambi levati in alto da spettatori sorridenti, quasi pudichi
nell’accompagnare il moto di simpatia con il maligno richiamo a certo cinismo tattico.
La tradizione millenaria e l’ultra modernità fanno il Giappone di oggi. Uno scrittore americano
spiega che, pur nel modernizzarsi al massimo, il Giappone continua infatti a mostrare all’Occidente
la stessa faccia di sempre, tale e quale la luna con la terra. Anni fa l’imperatore Hirohito fu sepolto,
secondo l’antica cerimonia, assieme a cento oggetti a lui cari, dalla spada al microscopio, dal
cappello ai calzini, dalle decorazioni alla cravatta, mentre suonavano le popolari note della “Grande
tristezza”.
E la Corea che cos’è?, chiede Tiziano Terzani nel suo prezioso libro sull’Asia. Un noto intellettuale
di Seul gli ha risposto così:”Un luogo nel vento. Un gambero fra due balene”, dove le balene sono
la Cina e , appunto, il Giappone.
Vento o non vento, chi di sicuro non si scompone è il Trap, specialista nell’ambientarsi ovunque e
al volo. Anzi, non mi stupirei affatto che alla fine se ne ritornasse in Italia avendo già imparato a
scrivere qualche misterioso ideogramma o magari a confezionare a mano i tradizionali origami di
carta, fiori e delicate figure della memoria. ( Ogni giorno vengono posati a fasci sul luogo
dell’epicentro della bomba atomica sganciata nel 1945 a Hiroshima).
Riducendo il nostro Mondiale all’osso, la Nazionale del Trap ha soltanto il problema della data di
rientro. Se il 13 giugno , al primo catastrofico turno eliminatorio; se il 18 giugno, subito dopo il
minimo obbiettivo degli ottavi di finale; se il 22, dopo la misera consolazione dei quarti di finale; se
il 26 giugno, dopo le molto dignitose e onorevoli semifinali, oppure se, alleluia, dopo la finale del
30 giugno! Tutto qua; il resto è chiacchiera, rumore e boatos, aeriformi quanto i pronostici e le
scommesse.
Recentemente,a soli 63 anni, è scomparso uno dei più grandi allenatori di tutti i tempi, Valery
Lobanovsky, padre della Dinamo Kiev, squadrone con il quale aveva vinto tutto per anni, e non
soltanto in Urss. Secondo la sua filosofia, nel calcio “tutto è numero”, fondato su dati scientifici,
statistiche, carichi di fatica, geometrie, aggiornamento continuo. Il maestro aveva ragione ma a
patto di non sottovalutare l’incidenza dei gesti fatali, dei nervi, delle atmosfere, dell’irrazionalità,
dell’orgoglio. Sennò non si capirebbe, ad esempio, perchè assi come Orsi negli Anni Trenta o come
Baresi negli anni Novanta possano sbagliare un calcio di rigore, cosa capitata anche ai sublimi “10”
Platini e Baggio.
Il calcio è un mausoleo di smentite.Nel mondiale del 1966 in Inghilterra, il commissario tecnico
Mondino Fabbri giunse con un piglio da Napoleone ma se ne ritornò via come un Rascel dalla
spada di latta, battuto dalla Corea del Nord, l’equivalente di uno scherzo goliardico.
Nel 1982 in Spagna, ci fu il record dello sputtanamento, ma al contrario. Tanta critica avrebbe
subito rispedito a casa tanto Bearzot quanto Paolo Rossi o Marco Tardelli, e invece fu subito
Triunfo Mundial , vinto dall’Italia con il miglior calcio, con 6 gol di Rossi in 6 giorni e con Tardelli
consegnato agli annali dall’urlo più telegenico del pianeta.
Non si può mai dire. Soprattutto con l’Italia, squadra a volte emotivamente ermafrodita, un po’
maschio e un po’ femmina anche se al Mondiale del 1994 negli Usa proprio Roberto Baggio
protestò al Tg2:”Non siamo delle fighettine”.

Certo, adesso i primi tre avversari dell’Italia sono più che abbordabili, come Croazia, Ecuador e
Messico in ordine alfabetico. Forniti di tutti i fondamentali di una buona scuola dell’Est , i croati
sono allenati da un tecnico il cui motto è:” Del calcio mi interessa tutto, eccetto l’estetica”.Un
vantaggio questo ma per noi, perché il Ct. croato la pensa esattamente come il Trap, che non avrà
dunque sorprese potendo anzi impostare una partita tattica, come preferisce da quando ha l’uso
della ragione.
Il loro attaccante di maggior peso resta in fondo il buon Boksic, 32 anni, che ha giocato una vita in
Italia e che vale la metà di un Di Vaio, nemmeno convocato tra gli azzurri .Se i parametri di
confronto sono questi, ci siamo e senza spocchia.
Il Messico è uno dei luoghi in assoluto più belli e amabili che io abbia mai visto. Confesso però di
non essere mai riuscito a pesare calcisticamente questo paese di cento milioni di abitanti, con la
testa in Nord America e i piedi quasi in Sud America. Forse, rimango influenzato a vita dal
Mondiale del 1970, quando l’Italia eliminò il Messico in casa sua e con quattro gol, due di Gigi
Riva, pur giocando in altura ai 2700 metri di Toluca, con l’aria stordente e un sole da sombrero.
L’Ecuador è addirittura all’ esordio assoluto, non avendo mai bazzicato finora un Mondiale. Ha un
quinto (12 milioni) della nostra popolazione; la loro capitale Quito , a 2800 metri sul livello del
mare, è grande su per giù come Verona . Giusto un anno fa, al tecnico dei “Condors” – così sono
chiamati i loro nazionali- è stato sparato un colpo di pistola al naso per la mancata convocazione
nella squadra giovanile del figlio di un ex presidente della repubblica “loco”, pazzo.
No, no, la vita di Trapattoni è assai meno pericolosa. Decide sempre di testa sua, vedi il caso-
Baggio, aderendo in pieno alla vecchia raccomandazione di un suo storico avversario in campo,
Helenio Herrera: “Il peggio –diceva il Mago- è sbagliare con le idee degli altri”. (Cito dal
meraviglioso libricino “tacalabala” che la moglie, Fiora Gandolfi Herrera, ha recentemente
stampato a Venezia e dedicato ai quaderni lasciati dall’indimenticabile H.H.).
Ragioniamo. Il nostro campionato è una comunità multi etnica, basti pensare che esibisce 126
calciatori stranieri nella sola serie B! Ciò nonostante continua miracolosamente ad allevare
campioni nostrani in serie , tanto da fornire a Trapattoni una Nazionale sulla carta da finalissima
mondiale a Yokohama. Ho detto sulla carta, ma trovo alleati che ne sanno.
Enzo Bearzot, il solo ad aver vinto un Mondiale dopo l’uno/due di Vittorio Pozzo nel 1934 e 1938,
ricorda:”Io nel 1982 non avevo molte alternative in attacco; ne ha di più Trapattoni oggi”. Aggiunge
Francesco Totti, il più talentoso e genuino di questa Nazionale:”Del Piero, Inzaghi, Vieri e
Montella: difficile trovare un attacco così. Sulla carta è una batteria da due-tre gol a partita”.
Ginocchio di Inzaghi permettendo.
Chiunque di questi quattro rimanga fuori, Trapattoni rischia a turno di sbagliare sempre: questo il
solo guaio di tante provvidenziali opzioni. Sicché, a caccia della coppia d’attacco di volta in volta
più in palla, sarà per lui un mondiale da panchina molto attiva prima della partita e molto reattiva
durante. E’ così da sempre, ma stavolta lo sarà di più. E lui lo sa…
Se immagino ad occhi chiusi questa Nazionale, vedo una grande difesa ( almeno lo era) e vedo un
grande attacco ( almeno dovrebbe). Invece,non vedo ancora chiaro là in mezzo.
Avendo l’ambizione di giocare 7 partite, finale compresa, l’Italia deve in queste ultimissime ore
dimenticare la popolarità, gli autografi per strada, le sciarade del Ct.in mondovisione e persino i
primi avversari per badare soltanto ad armare se stessa, giorno per giorno. Ci riuscì vent’anni fa
Enzo Bearzot, che si definiva “un soldato”; ora ,sulla carta, toccherebbe al “Trap”, simpatica
contrazione di cognome che però ha lo stesso suono di un ta-pum.
Buona mira!