2002 maggio 27 Meglio i motori del calcio

2002 maggio 27 – Meglio i motori del calcio

Vuoi mettere i rally da fibrillazione oppure un Valentino Rossi in pista o il rodeo delle moto
superbike? Diciamo la verità, questa Formula uno comincia a stancare; rischia di sembrare noiosa
perfino a Montecarlo, il che è tutto dire.Passi pure che gli ingegneri siano diventati infinitamente
più importanti dei piloti, ma adesso il vero padrone dei circuiti è il gommista, l’uomo dei copertoni,
il mago del battistrada.Da vero sciamano della Formula uno, solo lui dà del tu al dio dell’Usura e
del Podio.
Non solo; una montagna di elettronica ha raggiunto un tale impensabile livello di anti-pattinamento
delle ruote che almeno le dieci vetture di punta filano via in curva come se corressero su un binario
ferroviario. Esagero, naturalmente e rozzamente, ma ho l’impressione che oltre un certo limite il
sacrosanto progresso tecnologico diventi un boomerang per lo spettacolo.
Il sorpasso sembra appartenere al medio evo. Da almeno tre anni viviamo esteticamente di rendita
su un capolavoro di Hakkinen, su una trigonometria di Schumacher o su una rasoiata di Montoya,
tutti i grandi sorpassi nelle dita di una sola mano. Troppo poco.
Da Gilles Villeneuve a Prost, per non parlare di Senna il Grande, era tutta un’altra storia, tant’è vero
che oggi la più bella Formula uno è paradossalmente visibile non in cronaca diretta ma nei filmati
d’archivio! Chi vuole davvero divertirsi in tv, deve infatti guardarsi i tanti documentari sul passato
anche recentissimo: quando la cineteca dice tanto, forse significa che l’attualità dice poco.
Fermo restando che sarebbe da imbecilli sognare regressi tecnici, fra l’altro impossibili, qualcosa si
dovrebbe pur fare per correggere questa Formula uno troppo piatta, talvolta perfino offensiva nei
riguardi dei piloti se penso alle partenze che adesso consistono nel pigiare in pratica un bottone e
via. Ci riuscirebbe anche un ragazzo con il foglio rosa.
Chi vive una strana fase è la Ferrari, e per più di una ragione. Ha fatto quest’anno una strepitosa
figura con il prodotto, cioè con l’ultima creatura di Maranello, ma un paio di settimane fa ha fatto
anche una orrenda figura in mondovisione. Sicché, mentre l’immagine tecnica vale 110 e lode,
quella sportiva raccoglie fischi e avrà bisogno di un lungo lavoro di restauro.
La crisi della casa madre Fiat cambierà poi la natura stessa dell’azienda Ferrari, che prima era tutta
del suo fondatore, poi al 90 per cento i Agnelli e al restante 10 del figlio di Enzo Ferrari, adesso
chissà. Nel dire che una parte della Ferrari sarà collocata in Borsa, per far incassare alla Fiat almeno
1.500 preziosi miliardi, gli esperti finanziari hanno non a caso parlato della fine di un “tabù”. E si
capisce bene il perché.
Da un lato, per la finanza è una pacchia. Le banche mercanti di mezzo mondo si leccano le dita e le
azioni per vendere la Ferrari, che rappresenta il desiderio e il lusso del Made in Italy.
Giorni fa a Treviso, in una grande esposizione di auto usate, ho visto una divina rossa, la “550
Maranello”, che sola recava sul cofano il cartello: ”assolutamente non toccare”. Nemmeno a
Claudia Schiffer sarebbe stata riservata tanta rispettosa e vigilante distanza. Per curiosità e
sottovoce, ho chiesto il prezzo: 360 milioni nuova, 220 usata, con aggiunta di: ”ma le Ferrari non
hanno prezzo”.
E in un certo senso bisogna ammettere che un prezzo non ce l’hanno, perché funzionano anche da
simbolo di tante cose non monetizzabili. Sennò non si capirebbe perché il rosso si confonda con il
tricolore e perché la notizia della Ferrari quotata in Borsa abbia fatto il giro del mondo e dei
giornali, ma non soltanto nelle loro pagine economiche. Tabù e simboli, appunto.
Chissà perché mi sono messo a scrivere di Ferrari, quando in realtà stavo pensando alla Nazionale,
sia quella di Trapattoni sia quella di primo pelo degli under 21. Quest’ultima non farà la finale del
campionato europeo, domani sera a Basilea: in campo ci sarà la Francia, che non smette di sfornare
talenti e “savoir faire” tattico, ma non l’Italia dei cosiddetti “azzurrini” (non ho mai capito se
azzurrini perché sbiaditi o perché nani).

Questa eliminazione non è un bel presagio, tocco ferro. Ci manca solo che stamattina a Tokyo la
risonanza magnetica provi una distorsione al ginocchio di Inzaghi, l’attaccante che il Trap abbina ad
occhi chiusi a Vieri e che Vieri, per amicizia e stima , sente ad occhi chiusi in area.
Ferrari in Borsa, Nazionale in ansia. Non è mai finita.