2003 agosto 18 Roma
2003 agosto 18 – Roma a San Siro
Poche ore prima di vedersela con l’Inter, chiedono a Fabio Capello di provare a spiegare
perché la Roma non vinca da anni e anni a San Siro, né contro il Milan di Berlusconi né contro
la costosissima miss Neurocalcio di Moratti.”Forse perché – ipotizza uno dei più esperti e
vincenti allenatori del mondo – qui troviamo il pubblico molto vicino”.
Capello intendeva ricordare che tra i grandi stadi metropolitani, da Torino a Firenze, da Roma a
Napoli, quello di Milano é il solo maxi impianto con i tifosi a ridosso dei giocatori, separati
soltanto dalla recinzione metallica, mai tenuti distanti dalle vecchie superate piste di atletica. A
Roma, il pubblico sembra tutto in loggione; a San Siro tutto in prima fila.
E se giochi in trasferta, con il pubblico contro che ti sbrana da soli due metri, il fattore campo si
fa sentire molto.Tutto conta nel football, mistero gaudioso che si decide a volte per puri
rapporti di forza ma altre volte per estemporaneo cumulo di dettagli. Se così non fosse, ieri si
sarebbe ad esempio dovuto concludere che Roberto Baggio é un mediocre!
L’arbitro gli consegna un precoce calcio di rigore contro la Juve. Non capita tutti i giorni, ed é
fra l’altro un rigore leggero come un foulard di seta: ancora non può decidere la partita e tanto
meno un campionato solo agli inizi.
Lui va alla battuta con tutti gli attrezzi del mestiere. Ha quasi 37 anni, quanti bastano per
domare le ultime emozioni di una carriera con i fiocchi. Con il piede destro di cui dispone
potrebbe anche soffiarsi il naso tanto é manuale nel “tocco in più” alla Rivera. Dovrebbe solo
guidare il pallone in gol da undici metri scolastici. Una formalità.
Invece no, Baggio il Grande esegue molle, centrale, senz’anima e nerbo tra le braccia di
Buffon, il portiere più costoso del mondo (105 miliardi di nostalgiche lire) anche perché tiretti
di quel tipo gli procurano soltanto tenerezza. E’ difficile spiegare tecnicamente un errore così di
uno come Baggio, a ennesima riprova che a volte l’episodio – appunto il dettaglio –
annichilisce in un lampo anche quintali di classe, di maturità, di concentrazione.
Per fortuna si sa che l’infallibilità non esiste. Esiste invece il fallimento momentaneo dell’asso;
anzi, il campione colto in errore rappresenta nello sport l’equivalente del dramma in teatro.
Non ne potremo mai fare a meno né sarebbe possibile ricorrere a un robot o a un clone: qui
nessuna tecnologia ci verrà in soccorso per migliorare lo spettacolo, cioè per diminuire la quota
di errori e per aumentare gli exploit. Il fascino del campione sta perfino nel suo limite.
Al contrario, la tecnologia é già pronta a rivoluzionare il sempre più discusso dettaglio del
calcio moderno: l’arbitro. Visto che l’arbitro in buona fede ha l’umanissimo diritto di sbagliare,
noi oggi abbiamo il dovere di limitare tecnologicamente il numero dei suoi errori. A quel punto,
che l’arbitro sia in buona o, putacaso, in cattiva fede, non fa più tanta differenza: la moviola
televisiva in campo vedrebbe, correggerebbe o confermerebbe decisioni tecniche senza porsi
altri dubbi.
Il calcio é già in ritardo, sia rispetto alla tecnologia che ad altri sport. Durante lo spettacolare
Mondiale di rugby di queste settimane, alcune mete sono state negate dopo il responso della
moviola in campo. Il tutto nella massima trasparenza, del pubblico che verifica sui maxi
schermi e degli stessi arbitri che , come ha scritto l’altro ieri “Repubblica”, sono
intelligentemente grati del soccorso tecnologico.
Si dice che novità di questa portata devono essere decise dai padroni del calcio. Va benissimo,
visto che a mio parere i veri padroni sono gli appassionati che finanziano i botteghini, le tv a
pagamento, gli investimenti pubblicitari, la commercializzazione delle post-romantiche
“squadre del cuore”. Devono decidere i consumatori del calcio.
Con un campionato che nel frattempo vede la Juve e il Milan non perdere nemmeno un colpo
neanche a sparar loro nei bulloni, meno si sbaglia e meno si sospetta meglio é. Urge la
tecnologia pulita.