2003 aprile 13 Saddam
Il ritrattino dominante fino alla scorsa settimana dipingeva gli americani come un governo e
un’armata di scemi, i quali non avrebbero capito niente di Saddam, di Baghdad, del Medio Oriente,
del deserto, degli arabi, dell’Islam e tanto meno del popolo iracheno. Niente di niente, infantilismo
geopolitico, tabula rasa diplomatica.
Un buco nero di intelligenza e di intelligence, cioè privo sia di idee che di informazioni, tanto da
preparare in Iraq il rigetto popolare di massa, un secondo Vietnam, una seconda Stalingrado, il
disastro di una guerra infinita, due milioni di morti, perfino più di quelli inventariati da Saddam in
un quarto di secolo al sangue. Insomma, i soliti ingenuotti americani che ci cascano, e i soliti
genietti nostrani, premi Nobel nella strategia del giorno dopo.
Questo modo idiota di giudicare gli Stati Uniti è un vizietto culturale che viene da lontano. Tanto
che, al confronto dell’arroganza intellettuale di certa Europa, l’arroganza militare degli americani è
roba da ridere.
Quando fu eletto presidente il democratico Clinton, anche la miglior destra italiana lo definì “un
bamboccio”. Gli americani stenteranno a volte a capire il mondo che intendono guidare, ma la
nostra puzza al naso verso gli americani è monumentale quanto le statue di Saddam. Figuriamoci
poi se, visto questa volta da sinistra, abita alla Casa Bianca un “rozzo texano” repubblicano come
Bush che riesce a sopravvivere anche senza lo champagne francese.
Stop. Proviamo per una volta a sacrificare i pregiudizi di turno ai fatti, i soli che noi persone comuni
leggiamo sui giornali e/o vediamo in televisione. Con eccezioni che si contano sulle dita di una sola
mano, gli americani sono riusciti ad esempio a tenere nello zaino la bandiera a stelle e strisce.
L’”arroganza” ha ceduto in mondovisione al calcolo politico anche a costo di far pagare all’orgoglio
dei Marines un prezzo simbolicamente molto alto. E’ infatti tutt’altro che trascurabile l’aver
rinunciato allo spirito così geneticamente americano dell’”arrivano i nostri” dei primi film western.
Andiamo avanti. I generali avevano puntato a una guerra corta, bombardata e di corpi speciali, e
tale è stata. I servizi segreti hanno lavorato per evitare la battaglia “casa per casa” di Baghdad, e ci
sono riusciti in 21 giorni di trattative oltre che di bombe. Come noto, Baghdad è quasi due volte
Milano, mentre l’Iraq è una volta e un quarto l’Italia.
Il barile di petrolio doveva schizzare a 100 dollari, mentre è precipitato a 24. Gli anglo-americani
sono stati accolti meglio del previsto.
Gli innumerevoli simboli di Saddam sono stati bersagliati uno ad uno dallo stesso popolo chiamato
il giorno prima alla “guerra santa”. I suoi gerarchi si sono dovuti nascondere come topi di fogna. I
loro beni sono stati spogliati, fatti a pezzi, incendiati. E’ stato asportato perfino ciò che avevano
tenuto sotto i piedi: la moquette.
Lo stesso saccheggio in alcune zone di Baghdad è lo specchio rovesciato della dittatura. In 25 anni,
Saddam ha costruito soltanto la voglia di distruzione . L’anarchia, cioè l’assenza di potere, è
speculare al potere totalitario: il tutto di ieri e il nulla di oggi si tengono fatalmente insieme, come
l’oppressione e la vendetta.
Niente di nuovo sotto il sole di Baghdad. Da sempre, ogni regime ha i suoi piazzali Loreto. Ferocia
semina ferocia.
Non siamo alle prese con la cronaca rosa né con la quotidiana minutaglia di destra o di sinistra, ma
con eventi storici che rivoluzionano il mondo. In meno di 15 anni è come se fosse passato un
secolo, rassodato in tre date.
I989, caduta del Muro comunista. 2001, caduta delle Torri di New York. 2003, caduta di Baghdad.
Tutte e tre le date riguardano direttamente e soprattutto l’America. L’America che provocò il
collasso economico dell’Urss. L’America vittima del fondamentalismo. L’America della guerra
preventiva in atto.
Tutto cambia con l’America, questo il punto. Il resto è litania dell’Onu, organizzazione più vecchia
della stessa vecchia Europa alla francese.
Basti ricordare un piccolo numero e una data del tutto ignorata. Il numero: dal 1991 in poi le
irresolute risoluzioni dell’Onu contro Saddam erano state 32! La data: per chi non lo sapesse, già
alla fine del 1996 la Francia si era unilateralmente ritirata dal pattugliamento della cosiddetta
“Zona di non volo”, in pratica la parte di territorio iracheno vietata a Saddam. Inglesi e americani
continuarono a presidiarla da soli.
Anche un bambino capirebbe che il fallimento dell’Europa e dunque dell’Onu nasce da una lunga
incubazione di interessi divergenti, assai precedente alla presidenza di Bush junior. Baghdad è stato
l’ultimo capitolo, non il primo.
Fare adesso come se niente fosse è comico oltre che fuori della realtà . Nel bene e nel male, non si è
mai vista al mondo una guerra che alla fine rinunci a sancire differenze rispetto a chi l’ha fatta.
Americani e inglesi lo sanno. Europa e Onu forse non ancora.