2003 febbraio 24 Casarotto
2003 febbraio 24 – Casarotto
Soltanto Anton Cechov ( lo scrittore russo era fra l’altro laureato in medicina) riuscirebbe a
raccontare bene la storia del professor Dino Casarotto, chirurgo accusato di aver lucrato sul cuore
dei pazienti. Servirebbe la scrittura più chiara di fronte al caso più oscuro, che mette alla prova il
lavoro degli investigatori quanto l’arte dell’introspezione.
Il fatto è questo. Il Casarotto notorio risulta del tutto incoerente con i reati a lui contestati.
Diventerebbero coerenti solo a patto di tirare fuori da un insospettabile buio esistenziale tutt’altro
Casarotto. Una persona radicalmente altra, un professionista nemmeno parente di quello in prigione,
un perfetto sconosciuto.
Fino al giorno dell’inchiesta giudiziaria, la sua é una carriera addirittura pedagogica. Voglio dire,
da giornalista, che suonava bene al momento di fissarla in un curriculum umano.
Il cardio-chirurgo famoso viene da uno degli innumerevoli paesi veneti, della periferia agricola di
Padova, a poco più di dieci chilometri dalla città universitaria: Curtarolo. Il cui curioso nome non si
sa bene se derivi da un antico possidente tedesco o se coincida con il posto dove il corso del Brenta
subì una piccola “s-curtada”.
I Casarotto hanno una bella campagna, che coltivano direttamente. Se uno s’informasse ancora oggi
per sapere che aria tirasse a quei tempi in casa loro , la risposta sarebbe sempre la stessa :”
Un’educazione di sani princìpi.”
Da queste parti si coltiva il mais, ma si vede subito che uno dei quattro figli in particolare aveva
tutto in mente fuorché la polenta. Studia con tanto profitto che la famiglia, benestante, è ben
contenta di accompagnarlo alla laurea.
L’occhio clinico del prof. Cevese si accorge presto che il neo dottore , classe 1935, segno zodiacale
toro, promette molto bene. E Dino Casarotto si specializza con lode. Va dove ti porta il cuore.
Percorre una strada rettilinea la sua carriera, da Torino a Verona. Infine a Padova, dove il prof.
Casarotto dirige da più di dieci anni la Clinica cardio-chirurgica. Il “Centro Gallucci”, in una sola
parola, significa eccellenza. Inoltre, scuola, ricerca, uno dei medaglieri della sanità veneta in campo
internazionale.
Una volta un cardiologo di Padova mi dice:” Di Gallucci ne nasce uno ogni duecento anni, ma
Casarotto merita in pieno il posto che ha.” I colleghi lo descrivono come un professionista
impegnato e scrupoloso.
Chi ha familiarità con lui ne rimarca lo stile di vita senza puzza al naso; di chi non cerca di apparire
più di quanto debba se non per il ruolo in sé. Un tipo alla mano, che deve aver conservato qualcosa
del genuino ragazzo di Curtarolo .
E’ molto stimato. I pazienti ne apprezzano anche il tratto d’uomo.In camice bianco sembra un
attore fatto su misura per una fiction televisiva anche se – è la tesi di un’esperta psicologa di Padova
– “ i chirurghi sono invece esseri un po’ asociali”.
Raramente sono mondani; la loro efficienza si deve dimostrare molto presto alla mattina; fanno una
vita più faticosa di quanto non si creda. Un professionista come Casarotto guadagna dalla sua Asl su
per giù venti milioni al mese. Ma credo ne valga probabilmente il doppio per gli interventi da
libero professionista sia pure tra le mura dell’azienda ospedaliera.”Intra moenia”, come si dice in
latino; la formula sanitaria per far sì che i migliori medici restino “dentro” le strutture pubbliche.
Reputazione, gratificazione, senso. Che cosa si può volere di più dal proprio lavoro?
Il mestiere di chirurgo è sempre ad altissima intensità. Non parliamo poi del cardio-chirurgo il
quale, ad ogni intervento, incontra nel paziente l’ultimo limite del vivere.
La stessa valvola cardiaca può essere catalogata in modo neutro sotto la voce “apparecchiature o
strumenti sanitari”, ma è ovvio che assomiglia di più a un pezzo di vita. Il prof. Casarotto lo sapeva
meglio di chiunque.
A 67 anni si rompe due volte il destino del numero uno del “Centro Gallucci”. La prima esattamente
sette mesi fa, quando Casarotto deve confessare a 34 suoi ignari pazienti che il tipo di valvole
cardiache di fabbricazione brasiliana, da lui preferite e piazzate con le proprie mani nei loro cuori,
ha presentato casi di cattivo funzionamento.
Un colpo al cuore per tutti. I pazienti e gli stessi medici, io penso.
Uno tra i più giovani dei 34 operati ricorda ancora quella drammatica confessione dello scorso
agosto.” Ho sempre avuto l’impressione – ha raccontato al “Corriere” – che il professor Casarotto
fosse una persona di grande umanità. Quando ci convocò e ci riferì degli inconvenienti, parlava con
un nodo alla gola, e a momenti si metteva a piangere .”
Il professore stava confessando la sconfitta personale. A mio parere, per un professionista del suo
livello e per un “Centro” intitolato a Gallucci, la peggiore condanna deve essersi materializzata in
quel preciso istante negli sguardi indefinibili dei suoi pazienti.
Una sconfitta moltiplicata per 34. Per tutti la certificazione europea delle valvole valeva zero;
valeva soltanto la certificazione del professore. Era Casarotto in persona la loro vera unica garanzia.
Lui solo.
Ma non sempre la sicura buona fede protegge . A volte, la stessa buona fede ha l’effetto perverso di
rendere più acuta la percezione dell’errore.
Oppure, peggio ancora, non aiuta il professionista a capire come e perché ha finito per sbagliare
scelta.Il processo più scomodo avviene con se stessi.
Il destino del prof. Casarotto si rompe per la seconda con l’accusa di corruzione. Lui nemmeno
sospettava i difetti delle valvole, ma questa è un’altra storia: avrebbe da anni ricevuto denaro
dall’azienda che le forniva.
Le cronache riferiscono di presunti 150/200 milioni di cosiddette tangenti in cinque anni. Anche se
così fosse, sarebbero sempre miserie, orribili mance, vergogne. I trenta denari della sanità,
soprattutto per un professore con una lista d’attesa lunga un metro, il cui tempo era tutto denaro.
Ma qui un grande scandagliatore d’anime come Anton Cechov libererebbe la storia del cardio-
chirurgo dal criterio quantitativo. Pur ammesso che, in pizzeria e in contanti dentro buste anonime,
il prof. Dino Casarotto avesse preso miliardi e non milioni che cosa mai cambierebbe?
Il dilemma è tutto qualitativo. Se uno con la sua storia umana e professionale avesse finito per
intascare anche soltanto mille vecchie lire per una sola valvola cardiaca, dovremmo ammettere che
il mondo ci è diventato incomprensibile.