2003 marzo 2 Europa

2003 Marzo 2 – Europa

L’Europa. Ma quale? Noi europei. Chi? L’identità europea. Fondata su cosa? Per anni e anni
qualche piccola grande idea almeno ce l’avevamo: l’Europa era quel pezzo di continente europeo
che incarnava l’Occidente.
Era lo stesso Occidente dell’America. L’Occidente che, alleato dell’America, metteva fine a cinque
secoli di guerra civile tra europei. Era un’Europa che muoveva i primi passi non in nome della
Bibbia e del filosofo Kant ma, più realisticamente, del carbone e dell’acciaio.
Un’Europa libera soltanto per aver combattuto, con l’America in prima linea, la più mostruosa
guerra della storia dell’umanità. Era l’Europa che ricominciava in pace ma avendo già un nuovo
nemico: l’ Europa in falce e martello, da Mosca fino alla Porta di Brandeburgo a Berlino.
Oggi l’Europa sta elaborando la costituzione dell’Unione. Ieri aveva per carta costituzionale il Muro
dell’Est.
Confidando poco nel proprio Stato, gli italiani sono sempre stati sinceramente europeisti. Si sono
subito resi conto che all’Italia conveniva il doppio cedere una fetta della sua sovranità. Meglio
governata un po’ da fuori che lasciata sola con se stessa.
Meglio le direttive europee che tanto immobilismo nostrano; mille volte meglio l’Euro che il
rischio mortale di trovarci soli con la nostra vecchia lira mediterranea. Meglio, come insegna la crisi
della Fiat, competere senza rete che eternamente protetti.
Sì, è vero, a volte i burocrati di Bruxelles esagerano, sono petulanti, invadenti, vogliono mettere il
naso su tutto, perfino sui nostri vini e suoi nostri formaggi. Oppure, al contrario, sono stranamente
di manica larga: tanto per restare alla cronaca di questi giorni, le famigerate valvole cardiache di
fabbricazione brasiliana avevano ottenuto come se niente fosse il loro bel placet europeo.
Tutto vero, però il saldo è del tutto attivo, da De Gasperi a Ciampi. L’Italia autarchica del fascismo
finì in tragedia; un’Italia autarchica in democrazia sarebbe finita in farsa. Nessuno ce la fa più da
solo, meno che meno noi.
L’Europa ha cambiato in meglio l’Italia; le ha dato una mano a diventare moderna più in fretta.
Paradossalmente, ha reso popolari parole aggreganti come “comunità” e “unione” in un Paese
tendenzialmente anarcoide che non sa fare “sistema” neanche per sbaglio.
Solo che adesso non capiamo più in che cosa consista questa Europa, sfortunatamente nel momento
in cui raddoppia o quasi e cioè quando avremmo più bisogno di idee chiare. Presto i confini si
apriranno a 25 Paesi.La Turchia porterà con sé l’Islam. L’intera bussola europea rinnoverà
radicalmente gli orientamenti.
La guerra fredda aveva violentato la stessa cultura europea, fino a catalogare ad esempio Praga
come Est, Europa orientale, oltre Muro. Ma Praga è più a Occidente della Puglia.
Le vecchie mappe vanno tutte a farsi benedire. Così come li abbiamo vissuti dal 1945 in poi, Ovest,
Est e Centro diventano di colpo termini mummificati.
L’economia è cento volte più veloce della politica nello svelare questa rivoluzione in atto. La
Romania è da tempo definita “ottava provincia del Nordest”. E perfino il mito letterario della
Mitteleuropea si materializza a colpi di progetti nei corridoi pan-europei da e per Trieste, ex città
prigioniera, nuova città aperta.
Se ci dicono che l’Europa moltiplicherà il suo grande mercato, comprendiamo subito. Ma se si
prova a spiegare che cosa rimanga oltre al mercato, da mezzo secolo a questa parte mai risposta si
presenta altrettanto nebulosa.
E’ un’Europa che dissimula a fatica la tentazione anti-americana.Ha memoria americana e una
suicida ambizione anti.
E’ formalmente Europa ma sostanzialmente Europe. Con Bruxelles e Strasburgo pressoché silenti,
parlano gli assi temerari, l’asse Parigi-Berlino, l’asse Roma-Madrid, domani chissà.
Saddam sembra un test troppo forte per un’Europa troppo debole. Ma è un’Europa a corto non
soltanto di responsabilità comuni; anche di comune sentire.

Nel preparare la futura Costituzione europea, si scopre che l’Europa ha paura di se stessa. E’ incerta
se richiamarsi al federalismo, nonostante esso rappresenti quasi una vocazione per lo spazio
culturale più ricco del pianeta.
Prima e dopo Hitler, la Germania fu federale. Eppure l’Europa si dimostra distratta sul punto.
Ha paura di nominare Dio, anche se un Dio facoltativo, di tutte e di nessuna credenza. Paura di
chiamare per nome la radice cristiana. Paura di accennare ai generici valori religiosi se non in un
neutro preambolo della Costituzione.
Con un compromesso diplomatico anche sul sostantivo Dio, l’Europa si manifesta né
orgogliosamente laica né tradizionalmente cristiana. E’ un grande spazio. Uno spazio per ora
vuoto, quasi inospitale anche per il sogno federalista e per l’umanesimo cristiano.
Nel dirmi europeo, fino a ieri pensavo a un ideale che cominciò a camminare con il carbone e con
l’acciaio. Oggi penso al patto di stabilità economica che snobba ogni ideale.
(Ma, forse, anche questa è un’inquietudine tipicamente europea. Di lusso).