2003 marzo 23 Iraq
2003 Marzo 23 – Iraq
Di sicuro c’è una sola vittima che non merita lacrime né rimpianti: l’infinita ipocrisia internazionale
che circonda la guerra in Iraq. Prima ce ne liberiamo, meglio sarà per tutti.
Secondo l’edificante quadretto di comodo, tutti i nostri guai dipenderebbero esclusivamente da un
texano con il petrolio nelle vene, guerrafondaio di famiglia, evangelico e messianico, di nome Bush
junior. Il quale un bel mattino si è svegliato malissimo, ha sfogliato l’Antico Testamento ed ha
deciso di scassare in un colpo solo Onu, Europa, Nato, Islam, Vaticano, pace perpetua, futuro
globale e la stessa opinione pubblica americana.
Prima del pistolero Bush, l’ordine mondiale avrebbe invece funzionato come meglio non si poteva
pretendere, con i suoi bei ispettori in pianta stabile , con le sue altruistiche alleanze, con i suoi
conflitti alla cecena mimetizzati qua e là , con i suoi interessi nazionali piegati alla pace e al bene
dell’intera umanità. Una pacchia o quasi, rovinata d’imperio da Bush.
La caricatura corrente è questa ma, come tutte le caricature, deforma la realtà. Il Consiglio di
sicurezza dell’Onu non ha mai funzionato come Biancaneve e i sette nani o un circolo di bocce. La
sua storia è al contrario fondata su una serie di “no” scagliati come missili e sulla cronica paralisi
operativa.
Fin dalla nascita, l’organismo di pace voluto dall’americano Roosevelt e dall’inglese Churchill
dipende da uno strumento ereditato paradossalmente dalla guerra: quel diritto di veto su qualsiasi
decisione dell’Onu che i Paesi vincitori della seconda guerra mondiale riservarono appunto a se
stessi. Il veto sta alla base di un club esclusivo di potenza, anzi di “grande potenza” come si diceva
allora, non di democrazia multilaterale, come si invoca in queste ore.
Non per nulla l’Onu ne ha fatte e permesse di tutti i colori ; non basterebbe un paginone di questo
giornale per citarle. Ha addirittura finto di non vedere recenti apocalittici genocidi, come in Ruanda.
Con i suoi caschi blu a fare da belle statuine e da infami guardoni, ha permesso stragi etniche in
Bosnia, nel cuore dell’Europa. La Cina esercitò il veto perfino sull’invio di un piccolo contingente
internazionale di pace in Macedonia!
Lo sviluppo dell’Onu è il seguente. Ai tempi della Corea, gli esperti dicevano che
“dire Onu era dire Usa”. Oggi, mezzo secolo dopo, si fa credere che soltanto gli Usa hanno ucciso
la loro creatura. Non è così: l’uomo della strada sa quanto un premio Nobel che l’impotenza
dell’Onu è sotto processo da una vita.
La politica mondiale non è stata regolata né legittimata dall’Onu. L’hanno fatta fino al 1989 due
potenze in equilibrio nucleare, Usa e Urss. Oggi la fa una sola potenza, gli Usa, mentre il mondo si
ristruttura a fondo dopo aver cercato invano di inventarsi Nazioni Unite nuove di zecca, decisioniste
e non platoniche, nemmeno parenti dunque delle attuali.
Non molto tempo fa la rivista Limes pubblicò ad esempio lo studio di due esperti dell’Europa post-
comunista dell’Est che proponevano senza indugio l’abolizione dell’Onu e la sua immediata
sostituzione con la Nato. La tesi era del tutto realistica: per 40 anni l’ordine internazionale era stato
garantito, Kosovo compreso, dalla Nato (militare) non dall’Onu (diplomatica) come immaginano i
poeti.
Non sono cose segrete o da strateghi. Dopo il dissolvimento dell’Urss, gli studiosi più previdenti ci
avvertirono dalle pagine dei giornali e dai telegiornali che era andato a farsi benedire ogni “status
quo”. Il mondo insomma mutava radicalmente pelle. ”Il mondo frantumato” lo definiva Giovanni
Spadolini, figura di intellettuale e di politico.
Cambiò già allora l’America perché era cambiato il mondo. E adesso è un’altra America ancora,
che fa i conti con la storia di crollo in crollo. Il crollo del Muro di Berlino nel 1989, il crollo delle
Torri di New York nel 2001.
Il primo crollo affidò l’America alla sua solitudine di potenza. Il secondo la consegnò alla sua
frustrazione d’impotenza.
Bush è effetto, non causa. Questa America è la miscela ponderata di quei due crolli e di quella
percezione di potenza impotente e/o di impotenza potente. Più che dell’Onu, avrebbe bisogno di
un’Europa forte: Stati Uniti d’America e Stati Uniti d’Europa.
Se non che l’ipocrisia dell’Europa è pari a quella che circonda l’Onu. Qui la caricatura celebra in
queste ore una presunta guida d’Europa niente euro e tutta etica umanitaria, tutta Pacem in terris e
zero geo-politica, tutta notaio del diritto internazionale e nessun interesse materiale in campo, tutta
pacifiche risoluzioni tramite Onu e nemmeno una goccia di petrolio e di potere in campo. E i santi
protettori di quest’Europa sarebbero Chirac, assimilato a Gandhi, e la Francia, nel ruolo di
illuminata Croce Rossa dell’Occidente.
No, tra quel Bush e questo Chirac, il mondo è meno propagandistico e più ossessionato dalla
sicurezza: l’idea di sicurezza fa la vera differenza E’ anche un mondo molto più indurito e più
incasinato dagli interessi nazionali, che possono essere le quote latte come le quote petrolio.
Un’Europa ipocrita, che continua a vivere vergognosamente di rendita sulla difesa militare garantita
dall’America, non andrà da nessuna parte. Sarà Europa di nome, non di fatto. Opportunista, non
alleata.
Dopo l’11 settembre, Stati Uniti ed Europa proclamarono insieme che il mondo non sarebbe stato
più come prima, che cominciava un’altra drammatica storia, che la guerra mondiale al terrorismo
avrebbe rivoluzionato davvero tutto. L’America è rimasta della stessa idea; l’Europa si è distratta.
Ma domani più che mai la qualità dell’America dipenderà sempre dalla quantità di Europa
nell’alleanza. Soprattutto la poca Europa ha causato la guerra.