2003 ottobre 12 Fini

2003 Ottobre 12 – Fini

Economicamente parlando, di solito diciamo due cose sull’immigrazione. La prima che l’Italia, con
in testa il Nordest, ha assoluto bisogno di manodopera, dunque di lavoratori stranieri; la seconda
che, pagando i contributi sociali, gli immigrati daranno una mano anche a far tornare i nostri conti, a
cominciare dalle pensioni.
Sono argomenti brutali, ma così funzionano la domanda e l’offerta da che mondo é mondo. Esiste
un solo modo per umanizzare questo meccanismo: organizzare le cose per bene, usare una overdose
di rigoroso buon senso e, soprattutto, badare più alle persone che ai numeri.
Mario Deaglio, professore di economia politica all’università di Torino, ha aggiunto ieri sulla
“Stampa” un esempio da manuale a proposito di molti ragazzini figli di immigrati che sprecano
tempo e ingegno lavando i vetri delle auto. Visto che ci sono, a suo dire lo Stato avrebbe invece la
massima convenienza a mandarli alla scuola dell’obbligo, e però per pretendere tali doveri di
formazione dalle loro famiglie si deve essere disposti a riconoscere anche diritti. Il ragionamento
non fa una piega.
E’ la stessa filosofia di Gianfranco Fini, leader di Alleanza Nazionale, quando propone la
concessione del voto comunale e provinciale agli immigrati regolarmente in Italia da sei anni. Ha
sbattuto sul tavolo una faccenda vera, non una battuta di destra.
Non si fa una comunità con un popolo di precari, di apolidi, di nomadi, di sole braccia, di solo
lavoro senza voce civile, senza numero civico, senza parvenza di cittadinanza. A lungo andare la
provvisorietà genera esclusivamente caos, casino, insicurezza, clandestinità, sradicamento cattivo,
cioè l’esatto contrario di quel che serve a un Paese come il nostro, già scivoloso di suo.
Abbiamo tutti urgenza di stabilità. Noi italiani di tenere il fenomeno immigrazione stabilmente sotto
controllo per legge; gli immigrati di sentirsi più stabili nella loro seconda patria riconosciuta. La
patria del lavoro, nel “presepio sociale vivente” di una società industriale come lo chiamò anni fa il
prof. Giulio Sapelli, storico dell’università di Milano.
Anche gli ultimissimi numeri sulle nascite, pubblicati venerdì da Repubblica, consigliano di fare le
cose con generoso rigore. Tra il 1995 e il 2002, le mamme del Centro e soprattutto del Nord Italia
hanno eroicamente ricominciato a fare figli dopo anni di crescita sottozero. A Nordest, il Friuli-
Venezia Giulia segnala un incremento del 15,2 per cento, il Veneto del 13,6 mentre il Trentino-Alto
Adige del 5,1.
Ma gli studiosi di demografia precisano subito che un quinto dell’aumento di natalità nelle regioni
del Nord dipende dalla presenza di donne immigrate. Insomma, abbiamo da tempo un problema
nuovo di zecca, da guardare ad occhi ben aperti, al riparo dalla solita militante buffonata del “ visto
da destra” e “visto da sinistra”.
La proposta di Fini sul voto agli immigrati diventa molto imbarazzante proprio perché attraversa
destra e sinistra. E’ quel che si dice trasversale come il voto cattolico; per la prima volta non
considera la maggioranza un dogma berlusconiano. Se ci sta, bene; sennò fa lo stesso.
E’ il momento dei bolognesi si direbbe, del moderato di destra Fini e del moderato di centro Pier
Ferdinando Casini, oggi i più smarcati rispetto a Berlusconi. E’ il momento anche di una
generazione che, pur giovane, ha fatto la politica come si usava una volta: partendo dal basso, dalle
sezioni di partito o dai fronti della gioventù, sulla scia della vecchia guardia, Fini ( classe 1952) a
fianco di Almirante e Casini ( classe 1955) accanto a Forlani.
Casini e Fini, i bolognesi, hanno presente e molto futuro. Lavorano oggi immaginando il dopo, solo
che Fini si deve essere accorto in questi ultimi mesi che il suo ruolo era tutto in mani altrui. Ha
mangiato la foglia, si é scocciato.
Il leader di An ha fatto bene a diventare un problema per il centrodestra, ma non perché
l’operazione piaccia ovviamente a sinistra. Anzi; andando “oltre la destra” – come lui stesso dice –
finisce per ritrovare/incontrare una destra europea che aveva smarrito per strada. E come farebbe
Fini a sfondare domani al centro se non partendo oggi da una destra moderna?

In parole povere Fini si é stufato di avere nella maggioranza la funzione di una destra dorotea,
moderata nel senso più subalterno, docile con Berlusconi e mansueta con Bossi. Una destra di
governo che pareva tutta appagata di sottogoverno, perciò a rischio anche elettoralmente.
Non fa teatrino Fini, sennò si sarebbe scelto un tema meno cruento dell’immigrazione per sfidare
Bossi, avvertire Berlusconi, agganciare Casini e mettere disciplinatamente in riga Alleanza
Nazionale. Era da un pezzo che non si assisteva a una mossa davvero politica.
E’ già un miracolo che il disegno di legge in questione non sia stato presentato a Domenica in o a
Porta a Porta.