2003 ottobre 2 Il Crocifisso

23 ottobre 2003: Adel Smith presidente dell’Unione musulmani d’Italia ottiene dal Tribunale dell’
Aquila di togliere il crocefisso appeso nell’aula della scuola frequentata dai suoi due figli minori.
Con una sentenza storica, destinata a far discutere, il Tribunale ha accolto il suo ricorso e ha
condannando l’istituto a rimuovere il crocifisso. La scuola, è l’istituto materno ed elementare statale
“Antonio Silveri” di Ofena, in provincia dell’Aquila. Trenta pagine scritte dal giudice Mario
Montanaro che difendono “l’imparzialità dell’istruzione scolastica pubblica di fronte al fenomeno
religioso”.
Per mesi infuriano le polemiche.

Ecco il commento di Giorgio Lago:

“Nella classifica mondiale della competitività economica l’Italia retrocede al quarantaduesimo
posto ma, come dimostra il crocifisso a furor di popolo, sarà presto al primo posto in quella della
religiosità. Eppure, fino a una settimana fa, il ritratto che gli studiosi davano dell’Italia era il
seguente.
Un Paese sempre meno cristiano e sempre più secolarizzato negli stili di vita, cioè laicizzato,
mondano, profano, con i piedi ben saldi sulla terra e con la testa svuotata di senso del sacro.
Un Paese che ha privatizzato Dio, liberalizzato la fede cattolica, reso facoltativi anche dogmi e
comandamenti, inventato un giorno perfino un “dio Po”.
Un Paese dove i cattolici praticanti non arrivano al trenta per cento della popolazione mentre il
culto della Ferrari e di Juve, Inter, Milan non conosce crisi di vocazioni.
Un Paese edonista, che ha officiato il piacere, i schèi, il successo, il sogno italiano del
Superenalotto e delle veline fatte con lo stampo.
Un Paese di apparenze, dalla politica alla chirurgia plastica, dal sesso spalmato in televisione al
virtuale “saranno famosi”.
Un Paese parecchio smarrito, a corto di identità condivise, frantumato nell’essere. Preso in mezzo
tra le parole d’ordine globali e l’antica memoria provinciale; tra familiarità e diversità; tra
ricordo strapaesano e mondo multi-etnico, multi-culturale, multi-polare, multi-uso, multi-religioso.
Un Paese individualista, post-contadino, post-democristiano, post-cattolico, post-valori, post-tutto.
Un Paese di smemorate tradizioni che va matto per il marketing di Harry Potter e di Halloween.
Appunto un Paese post, ex, senza, che ha scambiato il fatturato per il nuovo Te Deum e il business
per un rosario d’affari.
Questa é l’Italia che, a dar retta agli esperti, risultava fino a una settimana fa, fino al giorno in cui
il crocifisso di un’aula scolastica dello sconosciuto paesino abruzzese di Ofena ha ricevuto da un
tribunale l’ordinanza di rimozione. Ma da quel momento in poi non sembra più la stessa Italia, anzi
pare tutt’altro Paese, cristiano fino nel profondo dell’anima, cattolico per comune sentire, al
novanta per cento religioso, aggrappato al suo simbolo sacro come a una scialuppa di salvataggio
collettiva.
Delle due quale é la vera Italia? Bisogna rispondere, perché il crocifisso fa sul serio.
E a mio parere stavolta c’entra poco con il catechismo, con la stessa Chiesa, con la politica a
caccia di voti. C’entra meno di quanto si creda perfino con l’immigrazione e con l’ansia da
straniero.
Si potrebbe magari semplificare la risposta, sostenendo che i casi sono due: o noi italiani siamo
tutti matti da legare oppure i tanti esperti che studiano gli italiani non capiscono un tubo sul nostro
conto. Sarebbe divertente cavarsela così, all’italiana, sorridendo di noi e cambiando canale, ma
non conviene.
Conviene prendere il caso/crocifisso almeno come il più straordinario sondaggio d’opinione che
sia mai stato realizzato sull’Italia da vent’anni a questa parte. Questo é il solo test che ci aiuta
davvero a capire qualcosa: come siamo fatti oggi; chi siamo come persone; perché, di colpo, il
crocifisso é ritornato ad essere istintivamente nostro.

istituzioni, da

Non per niente, venerdì il Papa lo ha accreditato come “simbolo”.
Parola che, nella sua radice greca, richiama l’unione, il mettersi insieme, la spinta a riconoscersi
umanamente in qualcosa di comune.
Il punto é proprio questo, non altri. Il crocifisso ha tirato fuori dalla penombra della società
italiana un caso esistenziale di massa, perciò caro ai laici quanto ai cattolici e dunque miscelato
misteriosamente di credere e di non-credere. George Bernanos, profondo scrittore francese,
sosteneva del resto che il mistero più grande dei cristiani é la misteriosa solidarietà tra Dio e
l’uomo.
Non é un problema legislativo né giudiziario, e nemmeno la laicità dello Stato risulta oggi in
discussione: non facciamo ridere, per favore, con tutta questa muffa vecchia e superata. Il fatto é
che gli italiani hanno vissuto troppo in fretta il collasso di un’epoca e l’avvento della modernità.
Oggi sono un po’ senza tetto mentale, senza stabile recapito, un po’ soli, un popolo marmellata.
Fin troppo soli con se stessi. Credono poco e quasi in niente. Diffidano molto, confidano
pochissimo a cominciare dalla politica, dalle
tutto ciò che dovrebbe
“rappresentarli”.
Nonostante gli sforzi del presidente della Repubblica Ciampi, sentono più Sanremo che l’inno di
Mameli.
Quanto alla bandiera, questo é il Paese in cui un leader politico può anche auspicare
nell’indifferenza generale che finisca al cesso.
Gli italiani non amano il loro Stato, che fanno coincidere con la burocrazia, con lo spreco e con la
palla al piede del sistema-Italia. Docente di economia pubblica a Roma, il prof. Marcello De Cecco
ha detto l’altro ieri a Repubblica:”
Da noi lo Stato non é mai esistito davvero, era sostituito dalla famiglia. Ora non c’é più neanche
quella, siamo orfani.”
Siamo troppo a corto di ogni riferimento per permetterci il lusso di sfrattare il crocifisso restando
soli a specchiarci in un’altra parete bianca e vuota, nell’ultimo sradicamento possibile, nella finale
perdita di senso. La reazione é stata così forte perché riempiva coscienze non piazze.
E metteva da un giorno all’altro a nudo il nostro deficit spirituale.
Il crocifisso é fede evangelica. E’ anche icona dell’amore e della libertà. E’ il simbolo del tempo
che non fugge, di qualcosa che dà del tu ai secoli e ai millenni.
Se gli italiani hanno avuto paura di perdere tutto questo, vorrà pur dire che l’Italia resta ancora un
Paese tutto da decifrare.
Forse, attraverso il simbolo cristiano, sta decidendo quale tipo di umanità darsi e a quale tipo di
solitudine sfuggire.
Un caso esistenziale di massa, appunto.”