2004 agosto 2 Napoli

2004 agosto 2 – Napoli calcio

Non finisce più la tattica di chiudere un occhio, alla fine entrambi. Se ripescassero in serie B perfino
il Napoli fallimentare già retrocesso in C, diventerebbe ufficiale che in Italia sono state soppresse
tutte le regole oltre che il comune senso del pudore.
Sembra di essere ritornati ai tempi di Ferdinando II di Borbone il cui motto era:”Il mio popolo non
ha bisogno di pensare.” Infatti ben 40 mila napoletani hanno partecipato alla presunta festa del
presunto “orgoglio partenopeo”. Orgoglio di che?
Un cartello, tanto per cambiare rivolto a Franco Carraro, si appellava al presidente federale con una
dichiarazione d’amore:”Lo sai che il Napoli é la mia vita.” Come se fosse infamante ricominciare
da zero dalla serie C1 pagando fra l’altro la modica tassa di sette milioni di euro, 14 miliardi di lire.
Un affare oltretutto, ma non c’é verso. Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, che dal 1946 al
2001 ha vissuto a Roma, ne sa poco e chiederà consiglio all’esperto Silvio Berlusconi. Il quale
farebbe bene a negarsi ; i falsi “miracoli” lo hanno bastonato anche in politica..
Nella stupenda città dei De Filippo e di Totò, questo calcio non fa nemmeno sorridere avendo perso
per strada la vecchia saggia ironia, il gusto dello sfottò popolaresco, l’esagerata umanità che
compensava la voglia di non farsi ingannare. Qua “nisciuno é fesso”, recita da sempre il napoletano
verace.
Eppure, c’é qualcosa di gravemente contagioso in questa vicenda. Come se un’intera città avesse
davvero rinunciato a “pensare”.
Ad esempio, non si é mai visto mobilitarsi l’”orgoglio partenopeo” al momento di far indossare ai
ragazzi il casco salva vita in motoretta. Né spendersi in prima persona per impedire che la
spazzatura sommerga una città che, stando ai sondaggi patriottici, ama la bandiera ed é solita
esporla più frequentemente che al Nord e al Centro.
Nemmeno ieri si é sentito scosso l’”orgoglio partenopeo”, quando gli inquirenti hanno scoperto
com’é messo l’obitorio di Poggioreale, con cadaveri qua e là, in avanzata putrefazione, decomposti
tra le larve per il cronico fuori uso delle celle frigorifere. “Una situazione raccapricciante e
vergognosa – ha concluso un ispettore – indegna di una sanità civile.”
Ma in piazza si va solo per il calcio “anema e core” mentre il ceto politico regionale ha sul tavolo
di lavoro il pallone come delirante priorità collettiva, una questione da ordine pubblico. E che i
regolamenti vadano pure a farsi fottere proprio nel momento in cui il calcio italiano si dichiara
impegnato a cambiare mentalità una volta per tutte, con i suoi 700 giocatori stranieri e con i suoi
338 scandalosi ingaggi che fanno da avanguardia all’intero circo.
La Lazio, tenuta in serie A per i capelli, deve 300 miliardi di lire al fisco, altri 600 a una serie di
creditori e ne perde ogni anno 150 nella gestione. Voglio dire che il disastro é appena cominciato,
non alla sua conclusione.
L’avvocato Sergio Campana, che ieri ha compiuto 70 anni e che guida l’Associazione calciatori dal
fatidico 1968, ha inviato ai padroni del vapore una memoria di sedici pagine su mali e rimedi. La
ricetta finale é concreta quanto lui: “Regole rispettate e ridistribuzione delle risorse”.
Come non detto. Campana sarà già in pensione quando il “popolo” comincerà a “pensare”, evento
che avrebbe spaventato i Borboni di Napoli.