2004 agosto 30 Inter

2004 agosto 30 – Inter

A Roma nel 1934 Vittorio Pozzo, il Bearzot del tempo, vinse alla presenza del duce del fascismo il
nostro primo mondiale di calcio con la nazionale degli Allemandi e dei Meazza, di Combi e di
Schiavio . Un giornale motivò l’impresa di tanti assi con il titolone seguente:” Mussolini comandò:
vincere! E l’Italia vinse.” Elementare, no?
Non prevedo con questo che dalla panchina di Fabio Capello basterà uno dei suoi urlacci alla
Tarzan per far riacquistare alla Juve il complesso di superiorità lasciato in vitalizio da Gianni e
Umberto Agnelli, però la mia prima impressione è questa, di una Juve ossigenata che respira aria
fresca. Vincere e vinceremo, comandato oggi dalla Vecchia Signora ci starebbe e farebbe sorridere
di gusto i dieci milioni di tifosi attribuiti dagli specialisti del marketing al club più vincente del
calcio italiano.
Per carità con Lippi in panchina aveva vinto tanto, tantissimo, da leccarsi le dita non fosse stato per
l’allergia alla supremazia europea in coppa. Lippi sventolava come una bandiera, si dichiarava
juventino a vita identificando perfino la carriera con i bianconeri, passò per San Siro come un corpo
estraneo all’Inter e, alla fine, ha non inseguito non a caso e raggiunto la Nazionale, la squadra di
tutti e di nessuno.
D’altra parte la Juve di Lippi era invecchiata con lui, nella testa oltre che all’anagrafe. Annunciava
la fine di un ciclo anche personale, lo stesso crepuscolo che fiacca alla lunga grandi squadre di
indebolite risorse.
Questa Juve non aveva più bisogno di Lippi, si era troppo abituata a lui. Aveva urgenza proprio di
un Capello, semmai bandiera ostile alla Juve, prima con il Milan poi con la Roma, entrambi
vincenti. Serviva a Torino un freddo d’ambiente e un caldo d’ambizioni, esattamente Capello,
piaccia o no la personalità fatta panchina.
Se Ancelotti si inventò Pirlo architetto arretrato e se Lippi trasformò Zambrotta in terzino, Capello
ha tirato fuori dal nulla o quasi quell’uruguagio – avrebbe detto Gianni Brera – di Oliveira, che può
sembrare di volta in volta un laterale di spinta, un centrocampista mobile o una mezza punta a
proprio agio anche sotto rete. (Nota bene: secondo me, Camoranesi ha smesso di giocare senza
saperlo.)
Anche la sostituzione, l’altra sera a San Siro, di un Del Piero a luci spente con l’elettrico Miccoli
lascia capire che Capello, al contrario dell’ultimo Lippi, si rifiuta di vivere di ricordi. Sta
brutalmente al parametro della forma: se la classe non ce la fa da sola, si cambia cavallo in corsa
senza tanti amletici retropensieri. Come merita oltretutto Miccoli, una spanna di giocatore con il
piede facile e felice.
A guardare bene non è successo niente di importante in zona-scudetto, visto che il Milan si è
mangiato con la Juve gol da far vergognare i vari Kakà, Serginho e compagnia bella. Dunque era un
Milan inverosimile, che non fa testo.
Solo che la Juve fa sospettare lavori in corso molto interessanti anche se tutti da verificare in
Europa e in campionato. Tutto qua, mentre l’Inter continua nel suo interminabile mercato sempre
sul punto dell’ultimo messianico “colpo” ma strambamente liquidatorio con un Cannavaro quanto
rassicurato da un Materazzi.
Sarà. Mancini è un tecnico con una pazzesca voglia di vincere, avrà in mente qualcosa che ancora
mi sfugge.
E poi le vie nerazzurre sono notoriamente infinite.