2004 aprile 22 Squalifiche

2004 aprile 22 – Squalifiche

Premesso che il doppio kung fu senza arte né parte del senor Rubens Maldonado e del signor
Salvatore Soviero sono stati un minuetto al confronto del ridicolo e violento spettacolo di massa
offerto recentemente a Roma nella “notte maggica” del derby. Ricordato che nel nostro Paese un
poliziotto ha un solo modo per non finire sotto inchiesta se intercetta un criminale: farsi ammazzare
per atto dovuto e zitto. Detto questo tanto per non perdere le proporzioni del caso, ci si deve
accontentare.
Un anno al paraguayano che ha scalciato l’arbitro come un pallone di carne e cinque mesi
all’italiano che ha menato a sventole e spintoni l’intera panchina avversaria sono due sanzioni
abbastanza appropriate. A dire il vero, Maldonado avrebbe anche meritato di essere riaccompagnato
in Paraguay, dove servono buone braccia e robuste caviglie nel settore agroalimentare. Quanto a
Soviero, si poteva impedirgli di giocare fino a Natale, periodo dell’anno che più ispira sentimenti
dolci come il panettone.
Però non lamentiamoci. Queste sono le punizioni massime, cosiddette “esemplari”, secondo il
codice sportivo del calcio nostrano anche se non scommetto nemmeno un cent sulla loro tenuta nel
successivo grado di giudizio. Nell’ingombrante guanto di filo di ferro gli italiani amano infilare il
più presto possibile la mano di velluto.
Vedremo. Un bel ricorso non si nega a nessuno, come insegna la cronaca ben più nera: una
settimana fa risultò che l’assassino di un tabaccaio romano era stato arrestato 11 volte – undici –
facendo pochissimo carcere e godendo di un’infinita libertà.
Ma torniamo alle nostre risse da stadio. Maldonado non so che cosa abbia detto né m’incuriosisce
approfondire. Soviero ha confessato di non riconoscere sé stesso, cioè la persona che é, nel
giocatore forsennato che ha fatto divertire moviole e primi piani, processi, sondaggi e orde di
salmisti del football alla matriciana. Ha anche aggiunto che, per postuma amarezza, ha impedito che
la figlioletta vedesse in televisione il papà conciato così, preda di una crisi da manesco sonnambulo
più che da isterico attaccabrighe.
Pur tuttavia, bando agli alibi parapsicologici delle solite comari. Qui non c’entrano l’esasperazione,
i schèi, il tam tam di radio e tv private, gli ultrà fondamentalisti, gli arbitri di debole prestigio, le
spesso deliranti bandierine dei guardalinee oppure l’odore di intrigo che accompagna il calcio come
un soffritto di cipolla.
Non c’entrano nemmeno il permaloso e interessato “fermate il mondo e fatemi scendere” dei
Gaucci di turno , neppure i dirigenti del complotto a scoppio ritardato, e neanche le società con
l’acqua alta alla gola. No, qui abbiamo a che fare con professionisti ignari del proprio ruolo e del
proprio sistema nervoso, fra l’altro nemmeno sfiorati dall’ipotesi che la loro esibizione possa
rappresentare un modello deformante per il tifo meno alfabetizzato.
E’ tutta roba loro, sanzionata senza infierire sul Venezia. Il Leone di san Marco si gira dall’altra
parte per non vedere.
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