2004 febbraio 22 Berlusconi

2004 febbraio 22

Silvio Berlusconi ce l’ha fissa con le barche dei politici: quattro mesi fa era la sua; adesso é quella
dei ladri senza nome e cognome.
In ottobre diceva:”Ho una famiglia, una barca, posso andare in posti bellissimi, non sto qui per
smania di potere.” Adesso ha invertito la rotta :”Vedo tanti signori con la casa al mare, la casa in
città, la casa ai monti, la barca, e sapendo cosa guadagnano al mese e quanto danno ai loro partiti
dico: come hanno fatto a farsi tutte queste proprietà? Sono soldi rubati.” Parola della quarta carica
dello Stato.
Toh, a cento giorni dalle concomitanti elezioni europee e amministrative, il garantista numero uno
si é fatto giustizialista numero uno; prima difendeva solo se stesso, ora accusa tutti gli altri. Il
mangia-magistrati a tempo pieno s’improvvisa pubblico ministero con pretese da Mani Pulite.
Dopo essersi dichiarato perseguitato politico, Berlusconi processa in massa la politica.Non promette
un libro bianco, non corre in procura. Forse é anche l’effetto dell’immunità personale; sta di fatto
che preferisce il comizio.
Proprio lui, uomo di lobby, denuncia in campagna elettorale gli affari economici organizzati dai
lobbisti. Sembra un divertente gioco di società.
Questa ultima offensiva mediatica di Berlusconi é davvero la più curiosa. Al tradizionale “piove
governo ladro” il presidente del Consiglio replica brutalizzando i politici chiacchieroni e fannulloni
ma misteriosamente benestanti. Qualunquismo istituzionale contro qualunquismo popolare visto
che, soprattutto nel nostro Paese, ogni ruberia attribuita al ceto politico incontra a corrente
alternata l’entusiastico favore del pubblico e, forse, i suoi voti.
Nel 1992, in piena Tangentopoli, un sacco di gente scriveva ogni giorno lettere di gratitudine e di
affetto ai magistrati di Milano. Un veronese inviò loro una poesia in dialetto:”Tuti raspava / tuti
magnava / così l’Italia alegra andava / finché un bel giorno / tuti inocenti / scopia lo scandalo dele
tangenti. / E finalmente / che fassa festa la vera Italia / la gente onesta.”
Il tema non é nuovo. Nel dopoguerra, la parola corruzione faceva fin troppo effetto tanto che si
preferiva usare contro la Dc l’eufemismo “sottogoverno”. In Parlamento chi ha urlato “Ladri!” con
più veemenza é stato Marco Pannella mentre i comunisti apostrofavano i socialisti come una
“banda”. Per Giampaolo Pansa era una miscela di disonestà e di inefficienza, sicché ai primi arresti
di sindaci e assessori nel 1983 si levò tra i testimoni presenti un boato:”Finalmente li prendono!”
Che ai contribuenti italiani la politica costasse molto, tantissimo, troppo, lo aveva del resto
confessato – sia pure fuori tempo massimo – proprio Craxi alla Camera, secondo il quale i
“mariuoli” erano oramai troppi nei partiti. Un gruppo di economisti calcolò che tra gli anni Ottanta
e i Novanta la corruzione del sistema politico si era fatta fuori 80 mila miliardi di lire. Ladri in
grande, un saccheggio da parte di “questi signori” a carico dei “cittadini” per usare lo schema
adottato in queste ore da Silvio Berlusconi.
L’illegalità era diventata appunto un sistema talmente in barca da non essere nemmeno percepito
come crimine dai diretti interessati. Sul finire dell’Ottocento, lo scandalo della Banca Romana
spinse ad esempio un deputato ad avvelenarsi per evitare il processo “come ladro” dopo aver
incassato una tangente di 425 mila lire di allora. Un secolo dopo, in piena Tangentopoli, il 95 per
cento degli imputati si credeva assolto in partenza dalla prassi della mazzetta, semplice routine di
cassa.
Alla Metropolitana milanese la tangente fissa era del 4% per le opere edili e del 13,50% per gli
impianti. Ad una eccellente lady della sanità trovarono cinque miliardi di Bot e Cct cuciti nella
stoffa di una poltrona.
La corruzione persiste, anche se oggi in percentuali diverse e con minor fantasia. Il Papa sta
lanciando sul tema più di un richiamo etico. I procuratori generali della Repubblica avvertono che
il peggio sta tornando. E, a proposito dei professionisti della politica presi a pesci in faccia da
Berlusconi, un giorno l’esperto Clemente Mastella riconobbe sinceramente che sì, il movente di

tante candidature elettorali é anche una carriera ricca di indennità, prebende, rimborsi, gettoni,
benefit, missioni e viaggi gratis se non proprio le spese del barbiere come si usa negli Stati Uniti.
Ma di sicuro l’intemerata di Berlusconi non é una carnevalata. Se spara ogni giorno su tutto e su
tutti, dalla Corte costituzionale ai politici di mestiere, dai ladri di barche alla verifica con gli alleati,
ci sarà pure una ragione studiata a tavolino. Ed é tutta politica, anzi elettorale, addirittura rivolta alla
sua maggioranza più che all’opposizione nonostante lui insista a far credere il contrario.
Ovviamente fuori discussione Ciampi (mai parlamentare) e Pera (filosofo della scienza), più
professionisti della politica di Fini e dei post democristiani Casini e Follini non ci sarebbe nessuno.
Senza contare che l’altro slogan, “Sono soldi rubati”, ruba la scena a Bossi: nel senso che gli
strappa il monopolio del linguaggio anti-sistema, celodurista, pane al pane e vino al vino nel nome
del suo genetico Roma Ladrona.
A Fini, a Casini e a Follini, Berlusconi denigra la loro professione: la politica. A Bossi strappa la
bandiera: dell’anti-politica. Altro che opposizione di sinistra; in vista del doppio voto del 12 e 13
giugno, i primi avversari del Cavaliere saranno i suoi alleati, all’ultima scheda.
Il suo messaggio é elementare: io mi sono fatto da solo; io so che cosa vogliono dire il lavoro e
un’azienda; io non ho bisogno di rubare e di giustificare la mia barca con un mestiere politico a vita.
In questo modo, si smarca per così dire dal suo stesso schieramento. Sintetizza il centrodestra in
Forza Italia e fa coincidere Forza Italia con Forza Io.
Il vero lifting di Silvio Berlusconi si svela politico. Nonostante la pantomima della “collegialità”
appena firmata nero su bianco, intende dichiararsi più che mai unico, leader, politico fai da te,
provvidenziale anomalia. Questo vuole.
Svillaneggiando i professionisti della politica, cerca il plebiscito personale più che il successo di
coalizione . Nel prendere le distanze sia dal “teatrino” della sinistra che dalla “verifica” del
centrodestra e dal “politichese”, cerca ad ogni costo il consenso attraverso l’immagine più
differenziata, più solitaria.
Oggi Berlusconi é molto meno presidente del Consiglio e molto più candidato di sé stesso.
L’anatema dei ladri non risultava nel suo programma di governo.