2004 febbraio 29 Stato di polizia
2004 febbraio 29 – Stato di polizia
Stato di polizia? Non date retta ai matti e accomodatevi pure. Stato di pulizia? Magari. L’importante
é che tutta la serie A e B, cioè l’intero calcio professionistico, venga ispezionata dall’ufficio di
presidenza fino al magazzino delle scarpe . Benvenuta guardia di Finanza ma, se serve, benvenuti
anche carabinieri, poliziotti, guardie forestali, ispettori del fisco, commissari europei e, dulcis in
fundo, magistrati.
Già 50 anni fa si diceva che i club sarebbero finiti con i libri contabili in tribunale; adesso le procure
hanno deciso di andarseli a prendere. Era ora, palla al centro e via con l’operazione TAC, Ti Amo
Calcio. Io la chiamerei proprio così dal momento che soltanto i veri innamorati di questo sport
faranno da oggi il tifo per gli inquirenti.
Si calcola che siano 25 milioni gli italiani che in qualche modo seguono il calcio. Le prime cinque
trasmissioni più tele-viste di tutti i tempi sono cinque partite della Nazionale: né la Formula Uno né
le lotterie di Capodanno e nemmeno i mitici festival di Sanremo di una volta hanno raggiunto quegli
indici di popolarità. Senza contare che il calcio funziona come una sterminata azienda diffusa, con
un bel fatturato nell’indotto.
Il fatto é che, a dispetto della sua base sociale, il pallone naviga economicamente in un oceano di
rosso, di trucchi contabili e di affaristi. In ciò consiste lo scandalo, una contraddizione che non
risparmia a dire il vero nemmeno il calcio inglese e quello spagnolo anche se un po’ più pudichi
nelle forme e meno vistosi nei numeri.
Il calcio si organizzò prima in Società per azioni senza fine di lucro, poi in Società con fini di lucro,
infine in Società quotabili in Borsa, ma sempre continuando a gestirsi come se il codice civile non
esistesse nemmeno. Quando ha scoperto anche la cuccagna dei diritti televisivi, ha creduto di
toccare con i bilanci il cielo. “Sky”, appunto.
“Gioco ricco mi ci ficco”, avrebbe detto Alberto Sordi. La stragrande maggioranza dei club ha
giocato d’azzardo arrivando a non pagare, vedi la Roma, anche cento milioni di euro di Irpef allo
Stato pur di restare competitivi in campo con la campagna acquisti. Alla faccia della leale
concorrenza verso i rari club che, per avere la società in ordine, sono obbligati ad arrangiare la
squadra soltanto con i resti del mercato.
Ho visto l’altro giorno, al TG3, un calciatore qualunque – che oggi tira a campare nella Viterbese –
messo a bilancio dalla Roma per 22 milioni di euro! Più di 40 miliardi, il tutto per far quadrare in
qualche modo i conti. Sfido io che arrivano i petrolieri russi: e sono anche curioso di vedere alla
fine quale sarà il vero buco nero finanziario della Roma da scudetto.
La Roma é, ovviamente, solo il simbolo più plateale di uno sfascio a vasto raggio e per questo é
stata presa di mira per prima dal presidente del Bologna Giuseppe Gazzoni Frascara, detto Signor
Idrolitina essendo il nipote dell’inventore della celebre acqua. Tanti credono che ci troviamo di
fronte a una crisi economica del calcio quando la crisi é invece di lealtà sportiva.
Ci sono società che influenzano perfino lo scudetto a suon di debiti, ecco il punto. Soltanto l’Inter
non vincerebbe nemmeno con duemila miliardi sull’unghia. Ma questo é tutt’altro discorso.
Non c’é verso. Se non si abbatte del 50 per cento la mostruosità degli stipendi dei calciatori, il
calcio non ce la farà mai.