2004 luglio 6 Grecia Campione
2004 luglio 6 – Europeo di calcio – Grecia campione
E’ come se il Chievo avesse vinto lo scudetto, senza assi intendo dire, con giocatori di seconda e
terza scelta, senza ingaggi da arrossire, senza titoloni di una spanna, senza gelosi primi ballerini,
senza la droga del campionismo. Uso naturalmente un paradosso ma la Grecia europea suscita
simpatia perché si é presentata controcorrente, fuori moda, spartana, senza bobi e pinturicchi, con
una brigata di muscolari di medio talento internazionale che sono stati capaci di un altro calcio.
Ma per carità, l’altro calcio non é lo stesso catenaccio inventato mezzo secolo fa dagli svizzeri e
nobilitato per primi da Nereo Rocco e da Gipo Viani, il gran tattico di Nervesa della Battaglia.
Questa storia del “calcio all’italiana” sta diventando patetica, come se fossimo cultori di un fossile
e non avessimo un campionato sovraffollato di stranieri, così poco italiano.
Molto più semplicemente i greci si sono ritagliati su misura gli unici schemi che possono far
vincere chi a tavolino sarebbe destinato a perdere per inferiorità di estri. Non per niente Euclide, che
si inventò la geometria, é un loro compatriota mentre l’allenatore – il tedesco corazzato Otto
Rehhagel – svela il vero segreto di squadra:”Prima ognuno faceva quello che voleva. Ora, ognuno
fa quello che può.”
“Quello che può” è una lezione senza scadenza anche se non piace agli schizzinosi damerini del bel
gioco perdente. Lui non aveva Figo o Raul, Totti oppure Beckham, Zidane o Nedved. Nessuno dei
suoi giocatori accendeva fantasie mediatiche; prima di diventare dei signor Qualcuno con nome e
cognome riconoscibili erano arrivati in Portogallo come tanti signor Nessuno.
Bravo. Oltre a selezionare i giocatori, Herr Otto li ha formati, questo il punto. Se poi, come sostiene
chi ha lavorato con lui, la moglie del tecnico tedesco conosce bene il calcio, ha competenza e
influenza il marito, tanto meglio. Sarebbe la prima tattica matrimoniale della storia del calcio, un
inedito mix tra l’esperienza dell’uomo e il pragmatismo femminile di Frau Rehhagel.
Non é vecchio il gioco della Grecia. Piuttosto resta vecchia la mentalità di chi riconosce come un
dogma soltanto le assodate gerarchie tecniche del calcio, il quale si esalta invece in tanti altri
fondamentali. Anche il divino Kakà, ad esempio, ha bisogno del tempestoso Gattuso; come a suo
tempo Gianni Rivera di Lodetti e Sandro Mazzola di Bedin.
Non esiste il calcio dei poveri e quello dei ricchi, ma quello che funziona e che, per fortuna degli
spettatori, sovverte i pronostici, abbatte i complessi di superiorità, fa sì che il football possa essere
allo stesso tempo una esercitazione di razionalità e un botto di irrazionalità. A volte gioca titolare
anche Freud, e un Maradona può essere piegato dal volubile destino di una partita.
Per questo la vittoria della Grecia fa bene soprattutto agli dèi del pallone sconfitti e sgonfiati in
campo. Lo sappiamo tutti e da sempre eppure molti si erano dimenticati che la “squadra” é il valore
aggiunto dei fuoriclasse, questa volta traditi dalla loro stessa supponenza per ipertrofia dell’Io. Il
divino Deco, peggiore in campo, sembrava domenica sera una oscura riserva della riserva mentre i
greci gli si moltiplicavano attorno per mera energia, ora in otto in difesa, ora in sette sui calci
piazzati, ora in sei per il contropiede.
Contro i padroncini e i clan, hanno vinto la trama, l’assieme, il “gruppo” che Rocco chiamava
“spogliatoio”. La Grecia é europea al momento giusto quando il calcio, soprattutto in Italia ma non
solo, paga i propri eccessi. Con una botta di modestia vincente ha lasciato ritornare in voga tra i
giocatori termini quasi obsoleti come “cuore” e “passione”, tanto da risultare alla fine la prima della
classe pur essendosi presentata come l’ultima.
Non ha vinto Apollo il dio greco della bellezza e della poesia né il dio Pan, brutto da morire, ha
suonato il flauto tattico. La Grecia dei miti immortali ha ora organizzato il calcio più concreto
facendo del tackle un’arte, del pressing un incubo e del contropiede il suo cavallo di Troia.
Ha fatto piangere il Portogallo, ma per poco. Allegri, con Del Neri al Porto e Trapattoni al Benfica
nessun dorma.