2004 maggio 30 Cunigo
2004 maggio 30 – Cunigo
“Verà quel dì di festa…” canta una delle filastrocche venete raccolte da Dino Coltro. La festa é
venuta portando in scena una faccia sconosciuta ai più, un biondino veronese che sembra un danese,
un campione nuovo di zecca che ha ridato sorriso e classe a un ciclismo involgarito dal doping. Si
chiama Damiano Cunego, e con quel cognome dal suono duro ha vinto il suo primo giro d’Italia a
22 anni, precoce pressappoco come Bartali e Coppi.
Che bel tipo. Dopo aver tagliato il traguardo finale di Milano, per prima cosa ha baciato un
compagno di squadra. L’altro ieri, negli ultimi metri di una tappa bestiale, aveva allungato una
stretta di mano volante a chi lo aveva aiutato a fare l’andatura pur correndo per un altro marchio. E’
bravo e piace al popolo televisivo, dunque sa comunicare oggi come ai tempi epici della radio e di
“un uomo solo al comando”.
Per tutto il Giro si é dichiarato “incredulo” di quanto stava realizzando chilometro su chilometro,
ma secondo me era soltanto intelligente. La forza di Cunego sta anzi nel credere moltissimo nei
propri mezzi pedalando per autostima. Quando correva tra gli juniores per la squadra trevigiana
della Zalf-Fior, chiesi di lui a Egidio Fior che me lo sintetizzò come un ragazzo “che non vuole
perdere”. Appunto.
Lo hanno già paragonato a tanti campioni del passato. A me ha fatto balenare il ricordo di Charly
Gaul, grande scalatore lussemburghese che riusciva a rendere lieve persino la fatica.
I paragoni sono infiniti e impossibili, come le vite, le storie e gli aneddoti che non sono mai
paralleli. Cunego, ad esempio, fu riformato al servizio militare per un’aritmia cardiaca ; Bartali
aveva un cuore che i medici giudicavano strano, dai battiti a strappi.Ogni sport si carica di memoria
ma ogni campione é campione nel proprio tempo.
Con altri cinque milioni di telespettatori ho visto il biondino dal sorriso a fisarmonica eccellere in
tante cose nonostante il fresco professionismo. Lui, 59 chili di peso-forma, cresciuto tra le colline
dei monti Lessini, ha impressionato in salita, in discesa, in solitudine, sullo scatto liberatorio o
controllando la corsa. Anche nella tappa a cronometro, nonostante i frettolosi de profundis dei
critici, si é difeso come un leone e ha tutta l’aria di poter migliorare.
Il ventiduenne Cunego é partito gregario del trentino Gilberto Simoni, 32 anni, e ha concluso e
vinto il Giro da neo-capitano. Non é stata una faccenda comoda per i due e nemmeno inedita.
Quando l’Italia era divisa a metà tra Bartali e Coppi, i due assi non si nominavano mai a vicenda
indicandosi con espressioni generiche come “quello là”, “l’altro” oppure “lui”.
Con Cunego, che andava palesemente più forte di Simoni, si é materializzato sull’asfalto anche un
cambio generazionale. Nei panni di Simoni non avrei dato retta alle rabbie interiori e, al contrario,
avrei adottato Cunego, se così si può dire, come una penna bianca prende con sé un bocia
dimostratosi già di stoffa. Peccato.
Figlio di un carrozziere, Damiano Cunego prenderà presto la laurea e confessa una vera passione
per il rock dell’americano James Douglas Morrison, l’anti-conformista e poetico leader dei Doors,
morto a 28 anni e sepolto a Parigi nello stesso cimitero di Chopin, Balzac e Oscar Wilde.
In fondo, anche Cunego ha fatto l’anticonformista. Un rock rosa il suo, il nuovo che avanza.