2004 novembre 8 Che cosa hanno in comune Juve e Inter?
2004 novembre 8 – Juve Inter
Che cosa hanno in comune Juve e Inter? Niente, fatta eccezione per l’incommensurabile ambizione
di Capello e Mancini, i due tecnici scappati insieme dal calcio romano degli insopportabili bulli alla
Cassano e dei bilanci sfibrati dai debiti a lungo termine. Da anni la Juve perde poco ; da 15 anni
l’Inter non vince lo scudetto: potrebbe essere un dogma gelidamente statistico, invece nasconde due
mentalità, due storie, anche due stati d’animo popolari.
La Juve è quella di sabato, che ha perso a Reggio Calabria, ma perso da vincente, in piedi, ora bella
a vedersi ora soltanto aggressiva in una partita ai limiti del calcio fisico, che ha lasciato Del Piero
come attonito. Nulla a che vedere con il tradizionale complesso di superiorità della Vecchia Signora
in guanti bianchi di Casa Agnelli; pressata su un campo buono per piantare le patate, si è vista una
Juve proletaria, almeno di nerbo metalmeccanico se perdeva il pallino del gioco. Le grandi squadre
sono così, mai rassegnate al tirar a campare.
L’Inter ha pareggiato a Firenze ma è come se avesse perso, questa la differenza. Una squadra
cronica, l’impotenza fatta pareggio, una filastrocca che cambia gli attori non la morale della favola.
Il suo “orgoglio” – per dirla con i romantici – si dimostra intermittente mentre i campionati lo
pretenderebbero stabile, il meno possibile esposto agli umori.
Vinca o perda la Juve è un fatto mentre l’Inter resta un’ipotesi, circondata ogni anno da attese
messianiche. Oggi come oggi il dato parla da solo, undici punti in meno della Juve nonostante
l’allenatore Mancini sia stato accolto come un incrocio tra Helenio Herrera e Giovanni Trapattoni,
la reincarnazione di una squadra da primato tanto da vedersi ammesso all’Assemblea dei soci
dell’Inter e presentato già come un benemerito: “sta creando una cosa bella”, questa la precoce
laurea ad honorem.
Sarà, per ora si intravedono soltanto lavori lentamente in corso. La Juve ha motore e telaio; non sarà
una Ferrari però dispone di una linea sempre riconoscibile . L’Inter si fa tuttora cercare, sospesa tra
vocazione d’attacco e gnagnera difensiva.
La vocazione si concentra al 90 per 100 in Adriano, nonostante sia un po’ stracco, sfruttato oltre
misura e schiacciato dall’obbligato monopolio del gol. Senza lo sgobbare e gli sfondamenti del
brasiliano, sarebbe impossibile per questa Inter camuffare in qualche modo e assorbire la
mediocrità della classifica.
Al contrario la gnagnera difensiva è equamente distribuita, coinvolge centrocampisti e marcatori
d’area. Materazzi, alto un paio di metri, cede anche sugli stacchi di testa e, nel frattempo,
Cannavaro risulta il migliore in campo della…Juve! L’Inter è fatta così, un cuore buono come il
panettone : cede al Milan Pirlo, che diventa architetto degli schemi; molla Cannavaro alla Juve, che
risolve tutti i problemi in difesa.
I casi sono soltanto due. O si tratta di un mistero petrolifero di Massimo Moratti, il presidente più
prodigo d’Italia. Oppure Moggi, il manager fatto persona, si è inventato a vantaggio della Juve il
suo capolavoro mercantile.
Sono interessanti le vite parallele di Juve e Inter, simbolo del calcio che non lascia respiro e che non
perdona . Vincere costa ed esalta il doppio che nel passato; perdere deprime dieci volte tanto. Anche
le grandi metropolitane sudano come le grandi provinciali.