2005 gennaio Il Pronto Soccorso
2005 gennaio – Urgenza emergenza
Editoriale di Giorgio Lago
Il piccolo corpo speciale
La differenza sta tutta in quel “pronto”, pronto soccorso. Hai bisogno di aiuto ti serve subito, a volte
per rassicurare alla svelta, altre per medicare le accidentate urgenze della quotidianità, tante altre
per vincere la corsa contro il tempo che separa la vita dalla fine. Il male e la morte sono sempre
pronti, banali quanto un colpo d’acceleratore in auto o come scivolare in casa contro uno spigolo
della lavatrice. L’emergenza è la normalità che va di fretta e ci sorpassa. Più che a un reparto, il
pronto soccorso assomiglia a un corpo speciale. Fuori dalla sua porta vietata, i volti dell’attesa
sembro sempre gli stessi di chi chiede soltanto una soluzione e di chi teme una sentenza.
Là si presentano la routine e l’ultimo imprevisto, un ospedale nell’ospedale, l’anticamera delle cure,
il luogo di transito delle ansie, degli spaventi e del destino, il giorno e la notte della salute, una
postazione nata per non lasciare soli, un transito, un servizio che il paziente di turno sente
istintivamente senza ferie, senza orari, anzi super mobilitato proprio nei giorni del tempo libero, il
fine settimana di massa, i sabato sera dei ragazzi, le domeniche degli esodi a ripetizione. Un
personaggio del monumentale scrittore francese Victor Hugo dimostra che senza tenerezza il
mondo non sarebbe altro che uno “stridulo ingranaggio”. Il pronto soccorso spiega bene, in modo
molto semplice, il rapporto tra il popolo dei pazienti e medici a cominciare dall’ospedale.
Chi sta male, fa lo stesso se per un trauma e/o malattia, si consegna, si affida dalla A alla Z,
esproprio se stesso mettendosi totalmente nelle mani di chi lo cura per guarirlo. Nel medico vede
non un professionista come un avvocato o un ingegnere, ma un investimento di speranza,
l’aspettativa più dura a morire, la bravura degli specialisti che si fa carico della paura altrui. Cambia
radicalmente tutto quando si sta male, a volte con il tempo contato dell’urgenza. Cambia la scala dei
sentimenti e dei bisogni, si rovescia la gerarchia dei valori che, di colpo si concentrano in un solo
punto esistenziale: cavarsela. Cioè guarire, passare oltre lasciando ricoverato solo il ricordo,
tornare a casa con l’esperienza di un posto difficile e, nel caso del pronto soccorso, con la
incancellabile nozione della precarietà del vivere.
Anch’io ne conservo nitida memoria. Ho conosciuto per la prima volta il pronto scorso dopo uno
scontro frontale in auto che mi fece pensare in un millesimo di secondo, soltanto una cosa: “sono
morto”. Mi portarono dentro svenuto, dunque nemmeno vidi dov’ero finito, come entrare con il
treno in una galleria e uscirne alla cieca, ignari. Una notte ho chiamato il 118, che mi inghiottì in un
lenzuolo di plastica lungo le angolose scale del condominio.
Nelle mani generose di tre infermieri, due donne e un uomo, avevo l’impressione di sentirmi già
meglio e, una volta in ambulanza, quei suoi lampi di luce blu nel buio erano tutt’altro che sinistri ai
miei occhi, mi facevano – per così dire – compagnia lungo la strada prima di affidarmi o meglio, di
abbandonarmi, alla squadra del pronto soccorso.
La chiamo squadra perché tale era, un piccolo corpo speciale che affrontava con calma coordinata
la mia concitata urgenza. Sarò esagerato, chissà, ma ho sempre creduto che nelle pagine del
Vangelo si possa accogliere in controluce e per simbolo un antico spirito di disponibilità da “pronto
soccorso” del corpo e dell’anima. Gesù guarisce l’idropico anche se è sabato, giorno che l’arido
formalismo dei farisei avrebbe voluto riservato a Dio senza la minima eccezione umana. Che ridia
la salute al lebbroso o al paralitico di Cafarnao, nei miracoli di Gesù l’urgenza è sempre la persona:
“prendi il tuo lettuccio – dice – e torna casa”. Il pronto soccorso da la prima immagine di un
ospedale ben organizzato e a misura di territorio, che investe sul personale oltre che sulla
tecnologia. Certo si parla di un servizio non di una missione, di un reparto non di un circolo
filosofico, ma la sanità che funziona anche per i significati che si dà renderà sempre il triplo. Vale
per il pronto soccorso, vale urgentemente per tutti.