1990 dicembre 16 Lotta contro il tempo
1990 dicembre 16 – Lotta contro il tempo
Fino all’altro ieri il Nordest era periferia; di colpo è centro. Non a caso qui si
registra una sensibilità tutta particolare verso la nuova Europa degli anni ’90. Che
sarà un destino, non un’opzione: si può anche decidere di stare a guardare, sapendo
però che tutto procederà ugualmente. A nostra insaputa; senza di noi, se non
addirittura contro.
L’Europa della Cee rappresenta la realtà; l’Europa della «casa comune» dagli Urali
all’Atlantico una suggestione. Eppure, la forbice si sta rapidamente chiudendo: ciò
che ieri chiamavano utopia, oggi diventa progetto.
Non si tratta di essere banalmente ottimisti confondendo la storia con la speranza.
La questione è del tutto diversa: 422 milioni di europei ripartono a Est dallo zero
del post-comunismo; l’altra Europa si spaventa, se ne frega o fa l’impossibile
perché dalla catarsi di un Sistema senza reputazione nasca un continente nuovo di
zecca, mai visto prima?
L’Occidente sembra averlo almeno in parte capito. In queste ore, quasi
contestualmente, la Cee ha concesso all’Urss aiuti soprattutto alimentari per 1.200
miliardi; altrettanto gli Stati Uniti, sotto forma di garanzie alle esportazioni di cibo
verso Mosca. Non poco, ma non abbastanza in rapporto alla crisi dell’ex Impero
comunista e a causa della congiuntura mondiale. Basti pensare che, dopo
l’invasione del Kuwait, il barile a 28 dollari ha provocato uno storno imprevisto di
risorse – dai Paesi industrializzati a quelli produttori del petrolio – pari a quasi mille
miliardi al giorno!
Gli aiuti all’Urss non vanno misurati in termini filantropici né debbono essere
polemicamente collegati alle preoccupazioni del Terzo Mondo. La posta in gioco a
Est segna un’epoca ed è molto più politica che umanitaria. Altro che irreversibilità
della storia: l’Occidente deve lottare contro il tempo quanto l’Urss, spendere a
fondo perduto e investire al massimo proprio perché l’enormità di un fallimento di
Gorbaciov potrebbe di colpo congelare le riforme e deprimere l’intero processo di
aggregazione europea.
Esiste già un’Europa più grande della Cee e noi tutti sentiamo che qualcosa di
straordinario può accadere in pochi anni o perdersi per altri decenni. Il vertice di
Roma ha ratificato questa svolta culturale; lavorare allo stesso tempo per l’Europa
unita e per l’Europa che ancora non è. Ma che sarà.