Paolo Rossi – Giorgio Lago

Ho conosciuto Giorgio Lago nel 1976, anno in cui, non ancora ventenne, approdai al Lanerossi Vicenza. Giorgio iniziò a seguirmi fin dai tempi della serie B e subito fu uno dei miei primi sostenitori. Veniva a scrivere delle partite del campionato, ogni tanto lo trovavo nel dopo partita e, penna rigorosamente in mano, cercava di carpire qualche piccolo segreto. Un piccolo scoop, come si dice in gergo giornalistico. Il lunedì lo leggevo sempre e instancabilmente, mi piaceva il suo modo di scrivere, adoravo i suoi pezzi, era diverso dagli altri. Con una marcia in più. Scriveva col fioretto, preciso, impeccabile. Poi, non ricordo come e perché, siamo diventati amici. Cosa non certo usuale, perché il rapporto tra calciatore e giornalista esigeva una certa distanza per non essere condizionati nel giudicarti nella gara. In realtà, c’è un episodio che mi torna in mente e che potrebbe aver contribuito al nostro avvicinamento. Giorgio aveva organizzato un incontro all’aeroporto di Istrana con le autorità militari e il sottoscritto. Mi fecero salire su un caccia F104 , ricordo ancora l’articolo del giorno dopo sul “Gazzettino” con tanto di foto. Tre anni a Vicenza, 1976 -‘79 hanno cementato poi il nostro rapporto, in quella parte di Nord-Est che ha visto crescere, amato e sostenuto. Ricordo volentieri il suo sorriso, così bello, spontaneo, radioso. Giorgio è stato un giornalista intelligente, capace e intuitivo. Un appassionato ma soprattutto un profondo conoscitore dello sport che ha seguito per decenni. Gli sarò riconoscente per sempre! Se oggi il mondo intero mi chiama “Pablito” lo devo a lui, alla sua fantasia. Fu infatti Giorgio, ai campionati del mondo in Argentina, nel 1978, ad affibbiarmi quel nickname che da allora mi appartiene. Oggi sono Pablito per tutti. E associo Giorgio agli anni più belli della mia carriera sportiva, l’ho stimato moltissimo e credo che lui apprezzasse quello che ero fuori e dentro il campo da calcio. L’ultima volta ci siamo visti a Milano, era venuto a presentare il mio libro al Salone della Stampa in corso Venezia, e seppur sofferente non voleva mancare. E’ arrivato in treno, con la sua solita valigetta in spalla e l’immancabile sorriso rassicurante. Grazie ancora Giorgio per quello che sei stato, come uomo e come grande giornalista.

di Paolo Rossi