1973 novembre 17 Sangue triveneto a Wembley
1973 novembre 17 – Sangue triveneto a Wembley!
Per gli inglesi, Wembley è stata una bara; per gli italiani, lo stadio
della riparazione dopo anni di tabù sociopolitici visto che, forse, ci
sentivamo circondati (nel calcio) più o meno come al tempo delle
inique sanzioni (economiche). Perciò l’1 a 0 è storico: un aggettivo
enfatico ma non sproporzionato perché anche lo sport ha una sua
Storia, con la S maiuscola.
Per questo, come veneto, confesso di provare un certo gusto tutto
paesano, perfino geloso, nello scoprire che a Wembley il sangue
triveneto era abbondante e quasi tutto distribuito nella stanza dei
bottoni azzurra.
Dal patron di Coverciano (Carraro) al Ct. e al suo vice (Valcareggi-
Bearzot); dai quattro titolari (Benetti, Burgnich, Capello, Zoff) ai
due in panchina (Bigon e Sabadini) sono infatti nove i personaggi,
tutti nostrani, un cocktail di veneti, friulani e giuliani.
A questo punto, non è nemmeno casuale che il match-ball di
Inghilterra-Italia appartenga a uno dei magnifici nove, Fabio
Capello di Pieris, provincia di Gorizia.
Anagrafe alla mano, avremmo potuto aggiungere all’elenco anche
Italo Allodi, il manager della Nazionale. Allodi è infatti nato nel
1928 ad Asiago: si tratta però di un veneto soltanto burocratico,
dal momento che i genitori sono emiliani e il Veneto fu per loro
soltanto la tappa di un mestiere (il padre faceva il ferroviere).
Allodi a parte, rimane quel dato: una presenza massiccia,
determinante in tutti i sensi. Il Triveneto azzurro non è mai
marginale. La sua è presenza da leadership: chi dirige, chi allena,
chi gioca. Chi, oltre tutto, gioca ruoli fondamentali.
Zoff-Burgnich sono il riconosciuto cemento del catenaccio italico,
condensato in 917 minuti di Nazionale senza gol. Benetti è la
potenza, Capello appartiene alla famiglia degli stilisti. Bigon è un
formidabile pirata d’area di rigore; Sabadini incarna il più moderno
ritratto di difensore.
L’1 a 0 di Wembley ha dunque un significato che onora e
impreziosisce molto quella che Nereo Rocco, il personaggio più
ricco del calcio italiano anche perché di una limpida coscienza
provinciale, chiama in senso lato, e con affetto, la patria veneta.