1976 luglio 28 Hines e Quarrie, lo stesso fremito carico di presunzione il bronzo di Roberts

1976 luglio 28 – Hines e Quarrie, lo stesso fremito negro carico di presunzione il bronzo di Roberts

Gli 800, a metà strada tra velocità e mezzofondo, sono un debito con l’ossigeno, un prosciugarsi del
cuore e dei polmoni. Nella finale delle donne, tutte e otto erano dell’ Europa orientale. Ha vinto
Tatjana Kazqnkina, pallida tirata, decisamente brutta, contribuendo a dare di questa distanza una
rappresentazione opprimente. È stato perciò piacevole che l’argento sia finito al collo di
un’impiegata bulgara di Sofia, Nikolina Schereva , alta, i lunghi capelli biondi, la falcata di una
giumenta e una gioia serena sul traguardo. Non fosse stato per lei, che tortura quel record mondiale,
che facce.

Uno dei più giovani componenti della squadra Usa, è la negra diciassettenne di Jacksonville,
Chandra Cheeseborough, bellissima, impegnata sui 200. È l’ultimo prodotto dello stesso talent-
scout di Wilma Rudolph, la gazzella di Roma ‘60 ,e di Wyoma Tyus, doppio oro a Tokio ‘64 e
Messico ‘68. Questa è sul serio “scuola”, di un allenatore che lavora a Nashville, resa celebre dal
film- affresco di Robert Altman sull’”altra” e forse è sempre la stessa…, America.

Finora l’atletica ha fatto un solo bis rispetto a Monaco: quello del finlandese Lasse Viren sui 10
mila. Quando, l’anno scorso andammo a Helsinki con la nazionale di calcio, avvertimmo un forte
disagio in quello stadio dedicato a Poavo Nurmi e per l’occasione pressoché vuoto. Lassù la gente
fa il pieno soltanto per campioni come Viren, cursori che si portano addosso boschi di betulle e
silenzi, giorni interminabili o lunghe notti. Per loro, il pallone è uno sport, non lo sport.

Il primatista mondiale dell’asta, lo statunitense David Roberts, ha perso oro e argento mezzo per
presunzione mezzo per meteorologia. Rinunciando all’intermedio 5 e 55 per puntare dritto a vincere
con 5 e 60, ha beccato in pieno il temporale dopo ore di salti e di raffreddanti pause. Il suo bronzetto
è una piccola storia tipicamente americana.

Di bianco la Giamaica esporta soltanto il rhum Bacardi. Tutto il resto è nero quanto Donald Quarrie,
la barbetta da Cavour dell’altro mondo, un’accelerazione da dragster e molta cavalleria: alla fine,
giù nella corsia dello spogliatoio, ha cercato anche Mennea e, una pacca sulla schiena, gli ha stretto
la mano:” Hai corso bene, well”. Pietruzzo di Barletta ,gli occhietti acquosi, lo ha ringraziato nel
buon inglese che parla.

Soltanto appesantito di qualche chilo (ne pensa 93 senza essere un gigante), Yanis Lusis è alla sua
quarta olimpiade di lanciatore di giavellotto. Nella sua carriera ne ha scagliati di tutti i tipi,
alluminio, frassino o betulla. Oramai, dopo l’oro di Città del Messico, il giavellotto del sovietico
Veleggia quasi per inerzia, l’inerzia di un campione. A Montreal è venuto per andare in finale e non
hai sbagliato: addio vecchio orso, hai 37 anni e non puoi farcela a durare proprio ora che
l’olimpiade verrà a trovarti a casa a Mosca.

sedici anni fa a Roma, i 100 scoprirono l’ultrasensibilità di un tedesco dalla mascella quadrata e dai
riflessi quattro volte più rapidi di un uomo normale: Armin Hary, figlio di un minatore partiva 3-
100 di secondo dopo il colpo di pistola, come dire quasi simultaneo tanto che fu a lungo studiato da
un neurologo e persino sospettato di partire” prima”. Gli sprinter europei hanno sempre proposto
qualche raffinatezza, come l’anticipo di Hary o la curva di Berrutti sui 200 o la fluidità di Borzov.
Quando invece ti piombano in corsia i colored, t’accorgi soltanto che volano, senza badare a
squisitezze e stile Il grande Hines, 9’ e 9 in Messico, correva sdrenando la pista e sgomitava peggio
che in una mischia di football americano: non è caso la sua potenza finì imbottita proprio in un

armatura di football. Da Hines o Don Quarrie, sia pur oppure diversissimi in tutto, corre lo stesso
fremito negro.