1978 giugno 13 Sarà un festival del calcio europeo

1978 giugno 13 – Sarà un festival del calcio europeo

BUENOS AIRES – Nemmeno se l’avessero pilotato a tavolino, il mondiale avrebbe
potuto dare un esito tanto schematico: quattro europee nel primo girone (Italia,
Germania, Olanda, Austria), tre sudamericane nel secondo (Argentina, Brasile, Perù)
oltre alla Polonia.
Una separazione che rende assolutamente probabile
la finalissima europea-
sudamericana, che è sempre il massimo della credibilità di uno sport che s’identifica
nei due tradizionali continenti. Soltanto i polacchi possono impedire questo summit.
La seconda affermazione è che i due gironi sono abbastanza equilibrati anche se il
primo ha forse un’oncia di difficoltà in più. L’equilibrio nasce sulla scia delle
ultimissime partite, dove l’Austria ha perso qualche colpo in attacco e dove l’Olanda
ha rischiato la débâcle in difesa. Al contrario, il Brasile ha rimarginato qualche ferita
restituendo al girone di Rosario un cliente nient’affatto morbido, come si poteva
supporre dopo le prime delusioni di Mar del Plata.
Il primo girone sarà un festival del calcio europeo, anzi di una fetta d’Europa che va
giù dritta e compatta dal mare del nord al Mediterraneo, un blocco di vecchie scuole e
nuove esperienze. Basti pensare agli eredi del Wunder-team (Austria) e degli ancora
freschi rampolli del calcio totale (l’Olanda), mentre Germania e Italia garantiscono
una tradizione costante, severa. Che toccò l’apice emozionale e agonistico otto anni fa
in Messico.
Nonostante le differenze di stile e di mentalità, il primo girone è omogeneo,
riflettendo la consuetudine nordica (Germania e Olanda), lo spirito mittel-europeo
(Austria) e il contributo latino. L’omogeneità è anche linguistica, poiché tre squadre
su quattro s’intendono in tedesco. Il che potrebbe accadere anche tra Romeo Benetti,
calcisticamente allevato a Bolzano, e l’austriaco Bruno Pezzey, forse Pezzei, che mi
dicono alto-atesino e che, a naso, potrebbe rifluire al nord da una Trieste asburgica.
Senza tentare “Anschlusse” pedatori sempre un po’ improbabili, qualche “annessione”
culturale è tuttavia legittima, e senza soluzione di continuità, tra Italia-Austria,
Austria-Germania e Germania-Olanda. Tecnicamente parlando, è ancora tutta da
verificare una classifica.
Posso per ora dire che gli italiani soffrono gli olandesi più dei tedeschi. Le due
squadre psicologicamente più compatte sono oggi Italia e Austria, le meno
accreditate, mentre Germania e Olanda hanno a che fare con qualche problema
interno. Tipico dei favoriti: i tedeschi hanno la formazione in mano alla commissione
interna (ma un po’ accadde anche a Bearzot prima di Italia-Argentina…), gli olandesi
sono in preda a tic personali, vedi l’allergia pressoché unanime a Rep che, da quando
gioca nel Bastia, viene considerato un estraneo, montato in proporzione ai
superingaggi che guadagna.
Su tutto il primo girone incombono due incognite, un’Italia che è parsa (fin troppo)
forte e un’Olanda che è parsa (fin troppo) fragile. Ma nemmeno il secondo girone
scherza in fatto di ambiguità e, in fondo, soltanto Polonia e Perù hanno offerto di sé
un’immagine costante. Il Brasile resta ancora tutto da sondare, anche se lo prevedo in
ascesa, mentre l’Argentina ha rispetto al passato mostrato soltanto più rapidità ma non
certo la rivoluzionaria profondità degli schemi che aveva lasciato supporre Menotti.
Il massimo della curiosità (con una Polonia conservatrice) viene dal Perù, i cui secchi
triangoli sotto-rete sono da manuale del calcio. Il Perù esegue una fisarmonica molto
bella, riuscendo a difendersi anche in dieci e a replicare nonostante una squadra
anziana. L’ala destra Munante è davvero il Garrincha delle Ande e Teofilo Cubillas
sfrutta, oltre che la classe, una condizione fisica mai raggiunta in vita sua, capace

com’è stato di farsi sparire la pancetta, a base di dieta ferrea e allenamenti mai prima
sopportati.
In conclusione, non ci sono intruse tra le otto qualificate. Sopravvive soltanto il
rammarico per due eliminate, Francia e Scozia, la prima per il bel football praticato, la
seconda per una concentrazione troppo tardiva. Ahimè per Platini e Dalglish, lo
spettacolo è già finito.