1978 maggio 30 Finché c’è vitamina c’è speranza
1978 maggio 30 – Finché c’è vitamina c’è speranza
BUENOS AIRES – C’e una nazionale che si sta mangiando le unghie dei piedi e
dev’essere l’Inghilterra, squadra meglio impostata al mondo e tuttavia desolatamente
assente al Mundial. Oltre che gli schemi, l’Inghilterra avrebbe sicuramente presentato
qualche giocatore-craque (come i brasiliani chiamano gli assi), i Keegan o i Kennedy,
quest’ultimo un Neeskens e mezzo. Troppo tardi gli inglesi hanno fatto le cose
seriamente, a cominciare dal licenziamento dell’inutile dt Don Revie, ed ora sono
destinati alla poltrona, in tv, magari ad assistere a qualche “duello d’ospedale” come
argutamente è stata definita la partita Francia-Italia del 2 giugno da Jacques Ferran,
direttore di France Football e inventore della coppa dei campioni.
La definizione si riferisce alle precarie condizioni degli infortunati Bathney, Tresor e
Antognoni oltre che al depauperamento psico-fisico di Tardelli. Senza contare che
nessuna delle due squadre ritiene di superare per ora il 70 per cento del proprio
potenziale, con particolare riferimento all’Italia. Più che comprensibile lo stress di
Bearzot.
Faringite a parte, il Ct ha la faccia di certi letterari lupi di mare, scorticati dal vento e
dal salso, prosciugati dalla solitudine e dal fumo. Il volto è sempre più scavato, lo
sguardo inquieto, di animale che annusa l’incendio a chilometri di distanza. La mano
allucinata di un El Greco lo avrebbe dipinto con molta verità. Di tanta tensione si
sono accorti anche i francesi d’esprit come Ferran che ha infatti ordinato al suo
fotografo di contare sabato scorso le cicche aspirate da Bearzot durante l’amichevole
al Boca Junior, lo stadio del quartiere italiano e in particolare genovese di Baires. Il
risultato è stato 23 sigarette fumate nel solo primo tempo, tanto che Ferran gli ha
stanotte dedicato un corsivo dal titolo: “Enzo Nicotina”.
Avendo puntato tutta al sua carriera di Ct sul blocco Juve-Torino (cordialmente
antipatico a Bernardini), Bearzot patisce doppiamente certi scadimenti e si fa un
cruccio di modificare la squadra. Con lui si è distanti un emisfero da Menotti, il Dt
Argentino che non ha convocato tra i 22 un solo giocatore del Boca Junior, la squadra
che ha… vinto lo scudetto con il calcio europeizzato di Juan Lorenzo, ex “gringo” di
panchina della Lazio.
Bearzot si terrà dunque quasi tutti i suoi “ragazzi”, sperando in un miracolo di
concentrazione e, forse, di farmacologia. La medicina sportiva è scienza, ha fatto
negli ultimi anni passi da gigante e potrebbe consentire, fatta salva l’integrità epatica,
qualche improvviso “miracolo”, di giocatori fino al giorno prima mosci e di colpo
esaltati e levrieri. E’ un problema di tutto il Mundial non solo dell’Italia, e del resto il
tipo di controllo anti-doping non è di quelli repressivi, anzi, è l’unica cosa che non
reprime, da queste parti… Ogni squadra subirà il controllo di due giocatori, i cui
nominativi saranno rivelati alla nazionale interessata un quarto d’ora prima del match.
Come dire che nove giocatori su undici qualche sostegno chimico, naturalmente sotto
controllo medico ma di sicuro stimolante e tonico, lo potranno godere. Non mi si
venga per piacere a raccontare che certe pupille dilatate come tanti girasoli, magari in
finali di coppecampioni di ieri e di oggi, erano frutto di acqua Fiuggi e glucosio.
Per Raymond Copa, il più grande giocatore francese di tutti i tempi “L’Italia non ha
nessuna speranza”, né tecnica né d’altro tipo. “Solo Bettega – ha drasticamente
osservato – è degno del mondiale”. Il che sa non poco di gallismo predatorio, anche se
bisogna riconoscere che i nostri punti deboli sono sulla carta più d’uno. Scirea-Bellugi
a parte, Jacques Ferran sostiene che ” il centrocampo dell’Italia è nettamente inferiore
a quello della Francia”, ciò anche se non giocasse Bathenay (che personalmente
apprezzo come Platini), sostituito da Michel.
Il centrcampo di Bearzot è soprattutto Tardelli-Benetti-Antognoni. I tre vengono da
Bettega catalogati così: Tardelli l’agilità, Antognoni l’inventiva, Benetti la forza. Si dà
però il caso che Tardelli ha il freno tirato, Antognoni un piede in rodaggio e Benetti
una tecnica oscurantista. Per la guarigione in blocco di questo centrocampo occorrerà
qualcosa che per ora sfugge al ragionamento, un’impennata psicologica o una bomba
vitaminica, o tutte e due assieme. E sì che secondo i meticolosi calcoli di due studiosi
inglesi (hanno filmato 54 partite con cineprese multiple), un centrocampista non è poi
che durante 90 minuti debba percorrere chissà quale distanza: in media 9 chilometri e
800 metri, la corsa in souplesse rappresenta il 36 per cento, la corsa in allungo il 20
per cento, lo scatto l’11 per cento, il camminare il 24 per cento, la corsa all’indietro il
7 per cento.L’incubo che dimagra “Enzo Nicotina” è di riuscir a far correre a Tardelli –
Antognoni – Benetti quella trentina di chilometri ad un ‘andatura da non fae apparire i
francesi tanti caccia Mistère.