1980 giugno 18 I campioni del ’76 e i vice del mondo hanno fatto solo tanta malinconia
1980 giugno 18 – I campioni del ’76 e i vice del mondo hanno fatto solo tanta
malinconia
La Cecoslovacchia pareggia con l’Olanda e va in finale per il 3° posto
Cecoslovacchia – Olanda 1-1
MARCATORI: 11′ Nehoda, 52′ Kist
OLANDA: Schrijvers; Wijstekers, van de Korput; Hovenkamp, Krol, Poortvliet; R.
van de Kerkhof, W. van de Kerkhof (16′ Kist), Rep, Nanninga (46′ Haan), Thyssen. In
panchina: Stevens, Doesburg e Zondervan.
CECOSALOVACCHIA: Netolicka; Barmos, Jurkemik; Ondrus, Goegh, Kozak;
Panenka (89′ Stambaker), Masny (66′ Licka), Nehoda, Vojacek, Vizek. In panchina:
Keketi, Gajdusek, Fiala.
ARBITRO: Ok (Turchia)
NOTE: piove a dirotto all’inizio; alla mezz’ora esce il sole. Spettatori 11mila 899,
paganti 6.788, incasso 110.761.000 (23 milioni 736.500 la quota abbonamenti).
Dall’inviato
MILANO – Cronaca della partita molto striminzita. Ritmo tranquillo anche se contatti
sempre vigorosi.
Al 5′ gran palo di Thjssen. Sul rimbalzo, il pallone torna tra le mani del portiere
cecoslovacco.
All’11’ Nehoda arretra e molla una gran lecca a uno dei gemelli, René van de
Kerkhof, che esce trascinando il gambone sinistro. Olanda in dieci perché il ridicolo
arbitro turco non lascia entrare il sostituto, nonostante la pausa per una rimessa
laterale. Uno a zero cecoslovacco dunque: Vojacek rasoterra da sinistra, Nehoda
tocca da due passi, finalmente in gol.
Monotona conclusione del primo tempo. Pareggio olandese al 58’: punizione, Krol a
Kist che, cadendo all’indietro, giusto sul limite dell’area, fa partire un destro
angolato: portiere coperto, in ritardo, uno a uno.
All’85’ il terzino van de Korput fa il 2-1 di testa, ma l’arbitro ha fischiato prima un
presunto offside.
L’arbitro Barbaresco, di riserva, guarda allibito alla cecità dell’arbitro turco di fronte
a colpi, gomitata, cazzotti, litigi.
Dall’inviato
MILANO – Ho visto una sola cosa piacevole, Monica Guerritore in tribuna. Il resto è
da buttare senza voti nel cestino di un Europeo troppo lungo per pretendere tutte
partite serie.
La Cecoslovacchia ci teneva di più alla finalina di Napoli , e qualcosa ha provato a
fare. L’Olanda era demotivata dalla testa ai piedi: è dal 1974 che gli olandesi sono
ininterrottamente vice campioni del mondo. Di essere vice si sono stancati: meglio
tornare subito ad Amsterdam battutissimi che prolungare l’agonia. Non è molto
sportivo ma comprensibile soprattutto per gente stracarica di partite, di fiorini e di
assuefazione.
Ho guardato il terzino van de Korput, acquistato dal Torino per circa un miliardo. É
un tipo bruno con baffetti; ha marcato il più celebre tra gli avversari, Nehoda, non
ancora al massimo dopo lo stiramento. Il terzino d’Olanda è forte, gioca d’anticipo, sa
sganciarsi e ha pure segnato «alla Facchetti», sebbene dopo il fischio dell’arbitro. Ma
un acquisto così mi lascia perplesso.
Possibile che, alla tanto sospirata apertura delle frontiere, un club importante debba
ricorrere a un difensore? Si trattasse di un Krol, l’eccezione alla regola di cercare
attaccanti la capirei anche; con van de Korput no. I club italiani hanno bisogno di
gente determinante, possibilmente uomini-gol, non di marcatori, che in Italia
alleviamo meglio delle trote. Fra un Gentile o Scirea e un van de Korput, con tutto il
rispetto scelgo i primi due.
I campioni d’Europa (Cecoslovacchia) e i vice campioni del mondo (Olanda) hanno
espresso in una San Siro desolatamente cementizia due golletti senza fascino. Quello
di Nehoda lo avrebbe messo dentro anche Alberto Moravia e la zampata cadente di
«pannocchia» Kist ha ottenuto tutto l’appoggio morale di un portiere al rallentatore.
Partite così non servono nemmeno a chi vuole approfondire la conoscenza del calcio
internazionale. Perché tutto diventa fasullo. Uno come Willy van de Kerkhof,
veemente protagonista della finalissima ’78 a Buenos Aires, sembrava dar ragione a
Manlio Scopigno che un giorno disse: «Casarsa del Perugia ne vale tre!».
I valori ne escono storpiati, in brutta copia, senza pubblico, senza atmosfera, senza
divertimento. 110 milioni incassati con quattro gatti dimostrano che i prezzi sono
troppo alti; che la televisione in diretta senza esclusione della zona interessata tiene
tutti a casa. D’altra parte, l’Uefa bada oramai alla vendita dei diritti televisivi e alle
sponsorizzazioni. É un po’ come per i giornali, dove conta più la pubblicità che il
ricavato della vendita.
A questi livelli, marciano troppi interessi. Lo stesso bellissimo Rudi Krol, pur
offrendo qualche scampolo di disinvolta classe, chissà dove stava con la testa, forse
già a Vancouver, in Canada, dove lo aspettano montagne di dollari. Dietro i lustrini
europei c’è anche un Europeo ’80 di routine, privo di fascino, dove la noia degli
schemi accende perfino qualche qualche rissa da angiporto.
Non è tutta a livello europeo l’Europa dell’Uefa. Compreso l’arbitro turco,
un’autentica miseria della tecnica. Una volta l’Europa era troppo piccola, adesso
troppo vasta. Dentro c’è di tutto.