1980 giugno 22 Tra Belgio e Germania è come tra David e Golia

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VAN DER ELST
CEULEMANS

BELGIO
PFAFF
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GERETS
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MILLECAMPS
3
MEEUWS
4
RENQUIN
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COOLS
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VANDEREYCKEN
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VAN MOER
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17 MOMMENS
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1980 giugno 22 – Tra Belgio e Germania è come tra David e Golia
Stasera a Roma si scelgono i campioni
Cambieranno gli Europei ’84

COSÌ IN CAMPO
(Tv 1, ore 20.30)
GERMANIA
SCHUMACHER
KALTZ

K.H. FÖRSTER

STIELIKE
DIETZ

BRIEGEL

SCHUSTER
MÜLLER

ALLOFS

HRUBESCH
RUMMENIGGE

In panchina: Junghans (21), In panchina: Custers (1), M.
Cullman (3), Magath (14), Martens (13), Verheyen (15),
Matthäus (18), Del’Haye (17) Dardenne (18), R. Martens (22)

Dall’inviato
NAPOLI – Artemio Franchi parla della formula degli Europei ’80. Mancando gli
incassi, sono irritate soprattutto Germania e Olanda perché in quei due paesi le
federazioni, oltre a dover pagare i premi-partita ai giocatori, sborsano una sorta di
cospicuo risarcimento alle società a cui appartengono: i costi sono insomma molto alti
e, con le quote-incaso di questo Europeo, non ce la faranno assolutamente a coprirli.
Per gli Europei 1984, tre nazioni sono candidate ad ospitarli: nell’ordine, Francia,
Germania e, da ieri, Inghilterra. La Francia non organizza più nulla dal 1938 ma, se
vorrà vincere la concorrenza, dovrà costruire degli stadi nuovi. Quelli che ha non
sono all’altezza.
A ottobre si deciderà, ascoltando le lamentele e i suggerimenti dei finalisti. Probabile
che ai prossimi Campionati venga cancellata la finale per il terzo e quarto posto e che
vengano invece inserite due semifinali incrociate fra le prime due squadre dei gironi.
Inoltre, si giocheranno le partite contemporaneamente, in modo che la tv potrà
trasmetterne la diretta una soltanto al giorno. L’altra in differita.

Dall’inviato
ROMA – Fatta eccezione per la Grecia, il Belgio è tra gli otto paesi finalisti
dell’Europeo il più modesto nelle cifre di fenomeno-calcio: poco più di trecentomila
tesserati. Il dato sottolinea ancor meglio il merito di giocare stasera a Roma la
partitissima ’80 con gli «über alles» della Germania di Jupp Derwall, tecnico dall’aria
di professore, un pragmatista che ha ricostruito lo squadrone dopo il fallimento al
Mundial ’78 e il pensionamento di Helmut Schön.
Se il Belgio è David, la Germania è Golia. Quattro milioni di giocatori, ricambio di
assi, club prestigiosi quali il Bayern, due mondiali vinti nel ’54 e nel ’74. Senza
contare la tradizionale potenza e quell’impasto sempre fertilissimo tra nord e sud, tra

prussiani e bavaresi, tra il nerbo degli Uwe Seeler e il tocco dei Beckenbauer, che
ancor oggi si traduce in due poster in carne e ossa: il centravanti Hrubesch, atleta
biblico, una rupe verso il gol, il panzer nel senso classico; e Hansi Müller, faccia
quasi mediterranea, movenze raffinate, un gusto brasiliano per il gioco.
La Germania è una gran scuola perché punta sull’empirismo. Mette insieme istinti
diversi di un enorme vivaio mentre sa molto bene piegare la tattica alla Ragione di
Stato: che nel football è il risultato.
Stasera Roma vede una finale nordica, che s’affaccia sui mari freddi. Vede una finale
tra squadre intelligenti: il Belgio usa il fuorigioco 32 volte con inglesi e spagnoli,
quasi ripudiandolo con gli italiani. La Germania alterna contropiede modello-Inter
anni ’60 e folate teutoniche per stanare l’Olanda e liquidarla (prima del 3-2 era stato
addirittura 3-0). Il Belgio che vuol vincere mette tre rapide punte; il Belgio che vuol
affogare l’Italia sullo 0-0 chiude in retrovia con otto giocatori in zona.
É una partita di nordici tatticamente più smaliziati dei latini. Il Belgio ha speso di più
nel suo girone; la Germania ha faticato meno di tutti, consentendosi il lusso di un
allenamento con la Grecia. Questa è una differenza.
Entrambi hanno giocatori che usano il contropiede meglio del laser, da Rummenigge
a Ceulemans. La Germania è la squadra più giovane dell’Europeo, il Belgio non è
vecchio. Avendo sulla carta più energie a disposizione, la Germania ha già fatto
sapere che in caso di parità dopo i tempi supplementari chiederà la ripetizione del
match due giorni dopo. Avendo sudato ogni partita, soprattutto con l’Italia, il Belgio
gradirebbe i supplementari e, semmai, la decisione ai calci di rigore.
Io tifo per il gioco, sotto qualunque bandiera. Soprattutto a questa finale è affidato
l’ultimo messaggio estetico di un Europeo finora senza incassi (due miliardi in meno
sul previsto) e senza spettacolo (tranne Germania – Olanda). Se sarà grande, la finale
di Roma restituirà a tutti la certezza che l’isola di Utopia esiste, dove si gioca, si
diverte e si seminano campioni: Utopia cerca clienti, anche tra noi.