1980 giugno 4 Il suo l’ha oramai vinto
1980 giugno 4 – Il suo l’ha oramai vinto
A Cittadella, Giovanni Battaglin di Marostica ha frenato ed è sceso di bicicletta. Ha
baciato la moglie e la sua bambina, poi è tornato a pedalare, il fisico di un Koblet
latino, lo sguardo scuro di chi sta inseguendo da anni qualcosa di incompiuto e di
inafferrabile.
Battaglin ha preso a salire alleggerendosi, chilometro su chilometro, del passato. La
bronchite, la sinusite, la febbre notturna, le cadute, l’ala nera del destino che a volte
prende dimora sulla spalla dei campioni.
Il suo cognome così veneto, fa il diminutivo di Battaglia, ingentilisce il sudore delle
altimetrie. Pedala a colpi di stambecco, dando nei momenti di grazia perfino lo
spettacolo di una fatica lieve, di uomo che, forse perché consapevole degli
arretramenti imposti dalla vita, sa meglio di altri reagire salendo.
Salire è dell’uomo in rivolta. Vincere la forza di gravità anche per sbarazzarsi del
piatto paese che spesso ci portiamo dentro.
Valli e monti ascoltavano il fiato di Battaglin, fino all’ultimo dondolio sui pedali,
sotto il traguardo dove anche un Bernardo Hinault sentì, in debito di ossigeno,
spaccarsi cuore e gola.
La gente guardava Battaglin e lo applaudiva lungo l’asfalto più con affetto che con
ammirazione. La gente veneta capiva che questo campione veneto le stava restituendo
l’unico ciclismo al riparo del tempo; il ciclismo che separa i forti dai deboli; il
ciclismo dove non contano più combines, gregari, maglie di seta e scie di vento. Il
ciclismo al singolare, di ognuno a sentire battere soltanto l’aorta e il cronometro.
Al primo orizzonte di dolomite, Giovanni Battaglin ha ricucito dentro i cento pezzetti
rotti di un atleta la cui classe ha avuto di rado il conforto dello zenit psicofisico. Ieri
Battaglin ha già vinto il «suo» Giro. Da oggi si dedicherà a quello di tutti.