1980 luglio 25 La marcia ci regala un altro oro olimpico

1980 luglio 25 – La marcia ci regala un altro oro olimpico
Il cuneese maurizio Damilano ha vinto la 20 chilometri
La veneziana Vaccaroni (16 anni) sesta nel fioretto – É la più giovane schermitrice
della storia dei Giochi

Dall’inviato
MOSCA – Allo stadio Lenin gli sguardi degli inviati italiani erano tutti su Pietro
Mennea che, attraverso le prime selezioni dei 100, doveva svelare la sua forma. Ed è
sbucato dal tunnel Maurizio Damilano, che nessuno attendeva, vincendo l’oro dei
venti chilometri di marcia.
Ha vinto il marciatore ignoto, che nessun pronostico né straniero né nostrano dava
possibile. Ha vinto un ventitreenne della provincia di Cuneo, addestrato dalla Fiat
Iveco, la concentrazione più alta di talenti realizzata in Italia dal matrimonio tra
industria e sport.
É un gemello Maurizio Damilano e, mentre sul traguardo i dirigenti italiani se lo
coccolavano come un miracolo sbucato dal nulla, lui guardava verso il tunnel,
aspettava il fratello, in un rapporto sempre misterioso e telepatico tra gemelli. Lungo
la Moskova, attraverso gli immensi vialoni della capitale sovietica, anche Giorgio
Damilano, studente, aveva marciato i più bei 20 chilometri della sua vita, piazzandosi
fra i migliori.
La defezione dei militari italiani – si diceva venti giorni fa – ha del tutto handicappato
la marcia. Silenzioso, diligente, una faccia onesta e sobria, l’impiegato Maurizio
Damilano ha finto di non sentire e ha continuato ad allenarsi. Non inscurisce il suo
oro niente, nemmeno il fatto che un sovietico e il campione olimpico in carica, il
poliziotto messicano Daniel Bautista, siano stati squalificati, dopo essere stati
ammoniti, durante il percorso.
La marcia ha un suo ritmo, un suo passo, un suo regolamento. Un tallone del piede
deve toccare il suolo prima che il tallone dell’altro piede se ne sollevi, come dire che
è vietato correre marciando, fingere di danzare sulle anche mentre in realtà si scivola
come lepri sull’asfalto.
Torna con Maurizio Damilano la grande, spartana tradizione della marcia italiana,
forse lo sport più dimenticato in un paese di sedentari e pallonari. La tradizione di
Frigerio e Pavesi, di Dordoni e Pamich, comete olimpiche che si accendono ogni
quattro anni, presto oscurate dall’indifferenza e dalla smemoratezza dei mass-media
che, proprio perché strumenti della comunicazione di massa, misurano gli sport dalla
massa che li esprime.
Se la mia incerta memoria non mi tradisce, è da 16 anni, proprio dall’oro di Abdon
Pamich sui 50 chilometri di Tokyo, che l’atletica leggera italiana non vinceva più una
medaglia d’oro!
Il metallo più prezioso ancora dalla specialità più francescana. Un messaggio? Forse,
assieme a un altro violento refolo di gioventù: Dorina Vaccaroni, veneziana di Rialto,
è sesta nel fioretto. É la prima volta nella storia della scherma mondiale che una
sedicenne viene invitata a un’Olimpiade ed è naturalmente la prima volta che una
sedicenne entra in finale. Finché abbiamo i giovani, abbiamo domani.