1980 novembre 13 Per sei milioni al mese si può tacere
1980 novembre 13 – Per sei milioni al mese si può tacere
I dilettanti che arbitrano sono a volte «arbitri dilettanti» ma gli sproloqui dei
professionisti non sono giustificati
Non ho mai avuto pregiudizi razziali, negri o gialli, pellerossa o ebrei. Il che non è
frutto di una conquista razionale, ma di istinto: me lo sono trovato così, senza alcun
merito. Un po’ come quando ti chiedono: una sigaretta? E tu rispondi, grazie non
fumo. «Bravo» è l’immancabile commento. No, spiego io, molto semplicemente non
mi dice nulla tirar dentro e risoffiare fuori fumo.
Né razzista, ma nemmeno anti-tedesco o anti-russo o refrattario a qualche passaporto.
Anzi, se debbo restare al calcio, ho qualche spiccata simpatia per il «futebol bailado»
dei brasiliani o per il wagneriano impulso del football nordico. In questo mi trovo
perfettamente d’accordo con Gianni Rivera che, ritornando tempo fa da Napoli, mi
diceva in autostrada: «Io come stranieri prenderei tutti tedeschi. Sono gente sicura,
che non ti frega mai e si adatta benissimo al nostro campionato». La premessa è
necessaria perché Herr Herbert Neumann, «tetesco di Cermania» tutto d’un pezzo, è
stato accusato di aver detto ad Ascoli «porco italiano», insulto idiota a chiunque fosse
diretto, arbitro o ultimo spettatore della curva.
C’è il pericolo che, su quattro parolacce mischiate in deutsch e in italiano, s’innestino
sotterranei tabù. Di chi si sente offeso nel biancorossoverde della bandiera e chi, per
reazione, sospetta un atteggiamento inconsciamente xenofobo persino dentro un
fischio sbagliato dell’arbitro o un suo caustico rapporto.
Le quattro giornate di squalifica all’argentino Bertoni (Fiorentina) e la minaccia di
squalifica al tedesco Neumann (Udinese) non debbono essere usate come pretesto. In
Italia gli stranieri della serie A li hanno voluti proprio tutti e il pubblico li ha persino
invocati. Nessun problema dunque del tipo di quello sofferto da Giovanni Cruyff
quando, emigrato a palate di pesetas in Spagna, si beccò tutte le invidiuzze e i calci di
chi, marcando lui, sentiva di marcare il privilegio, l’esportazione di valuta, l’albagia
del calcio totale d’Olanda.
Da noi no. Questo corrente di ataviche e oscure allergie non attraversa la serie A. Ciò
nonostante, qualcosa va detto con molta franchezza, a Bertoni o a Neumann come a
Bettega o Gentile, perché non è un problema di passaporto, ma di professionalità
prima ancora che di stile.
Neumann è un professionista dalla testa ai piedi. Viene dalla Bundesliga, da un Paese
con oltre quattro milioni di tesserati, amministra il suo contratto con la libertà che il
sindacalista Campana vorrebbe suppergiù applicare all’Italia. Gioca nell’Udinese e
anche se ama del Friuli l’atmosfera, l’amicizia, il pinot, non è un turista. Il suo buon
football costa alla SpA di Sanson&Dal Cin sei milioni al mese.
Per sei milioni al mese, calcando stadi, si può tacere, anzi si deve tacere. Lui ha
ragione, i dilettanti che fanno gli arbitri a volte si rivelano «arbitri dilettanti», non
all’altezza della situazione, ma questo non dev’essere un alibi per gli sproloqui, i vaff,
le bestemmie, le soddisfazioni prese andando da Rosario Lo Bello jr. a dire le proprie
privatissime opinioni.
Se per quelli della Juve fu parziale attenuante la minaccia al bassoschiena pronunciata
da Agnolin, questo non è stato assolutamente il caso di Neumann & Lo Bello. Per sei
milioni al mese e per un cartellino professional, ci sono doveri supernazionali.
Neumann significa «uomo nuovo»: è di questo che si sente urgenza, a Udine e
altrove.