1980 Olimpiade di Mosca. Oliva ha già in tasca il bronzo
1980 Olimpiadi Mosca [Oliva ha già in tasca il bronzo]
Dall’inviato MOSCA — Pat Oliva ha già il bronzo. Se stasera liquida anche l’inglese Anthony
Willis, prende l’argento e s’avvia alla finale di sabato, per l’oro. Ieri al villaggio gli ho contato in
faccia i segni dello scorticato match con lo slavo Rusevski, ex campione europeo, il peggio che gli
potesse capitare per quella vocazione alla rissa, testa bassa, boxe di sfondamento, colpi nel mucchio
portati di mero calibro.
« Il match più brutto », ha detto Oliva. In pratica il primo match vero, perché i due precedenti
erano stati per lui altrettante formalità. Un match molto equilibrato, tra stile e potenza, che Oliva
avrebbe potuto benissimo perdere. « Se era un sovietico, avevo giù perso », ammette.
La prima ripresa è stata pari, la seconda di Rusevski, la terza di Oliva. Ha vinto l’italiano perché,
dopo qualche attendismo, ci ha picchiato dentro « come viene viene », per non dare ai giudici
l’impressione di passività. « Ha vinto — aggiunge il dirigente Marchiaro — anche per merito di voi
giornalisti! ».
— In che senso scusi?
« A forza di parlare di Oliva, si è fatto un po’ di nome in giro. Dopo un match pari, contano
anche queste cosette, il credito che uno ha nell’ambiente ».
Sono finiti entrambi « stremati », per usare l’aggettivo di Oliva. Il medico, Giorgio Santilli,
assicura che ha già ricuperato, anche se gira con gli occhiali da sole per nascondere gli occhi pestati.
« Secondo me — prova a spiegare Marchiaro — i segni sul viso sono più vistosi perché il
raffreddore e la mancanza della abbondante verdura cui era abituato gli hanno un po’ indebolito la
pelle ».
La verità è che, soprattutto a metà della seconda ripresa, è stato colto da un destro pauroso: « un
colpaccio terribile — confida un membro della commissione medica — se non era un momentino
accompagnato, Oliva sarebbe finito giù ».
Ma il peggio è passato, la terza ripresa lo ha visto ancora padrone del ring e ora si sente
soddisfatto per un motivo in più: « Qualcuno — spiega Oliva — aveva dei dubbi sulle mie capacità
atletiche. Anche su quel piano, ora ho dato una dimostrazione, con un match esasperato, di ritmo
superiore ».
Stasera gli tocca l’inglese Willis, che viene da un k.o. alla terza, inferto al modesto tanzaniano
Lyimo. E’ la semifinale; il turno più spettacolare delle olimpiadi che di solito scadono in finale
dove, tra fatica accumulata e botte rattoppate alla meglio, i pugili giungono a serbatoio quasi vuoto.
Dopo aver mandato attraverso la radio un bacio alla sua ragazza di Poggioreale, Oliva si è
dichiarato ottimista. L’inglese, naso schiacciato da bulldog, ha un destro robusto, ma è fermo sulle
gambe, il ginocchio flesso in avanti, quasi dovesse caricare un pezzo d’artiglieria. « E’ veloce di
braccia — dice di lui Oliva — ma lento di gambe ».
La tecnica, l’agilità del napoletano dovrebbero prevalere ancora, verso l’argento. Un risultato che,
oro a parte, sarebbe una bella presentazione tra i professionisti che lo avranno dal prossimo anno,
come superleggero di Rocco Agostino.
Racconta di lui il medico Santilli: « E’ un tipo sereno, sicuro. Sa curarsi da solo, allenarsi senza
essere controllato, alimentarsi bene. Un pugile vero ». Anche nel leccarsi le ferite, si riconosce il
campione. « Adesso — è la confidenza del suo massaggiatore non rimane che trovargli la pomata
buona: non per guarire i colpi presi, ma per nasconderli! Sennò, salendo sul ring, farebbe brutta
impressione ai giudici ».
Non lo sapevo, c’è anche il belletto della violenza.