1980 Olimpiade di Mosca. Terrorismo
1980 Olimpiade di Mosca – Terrorismo
Da quando, otto anni fa a Monaco, i palestinesi di “settembre nero” inserirono tra gli sport olimpici
anche i tiro all’ebreo, la perquisizione agli ingressi dei villaggi agli ebrei tocca il massimo rigore. Lo
riscontrò a Montreal, lo si constata all’ennesima potenza a Mosca dove, oltre ai raggi X e alle
palpazioni, funzionano le narici di un cocker nero, che fiuta droga e polvere da sparo.
Probabilmente avranno accreditato anche Fido, dando al suo naso numero di matricola, come per chi ha
la tuta di gara o la macchina da scrivere. Ma deve essere l’unico, questo cocker nero, ad essere ignaro
che l’olimpiade non è un appuntamento di routine. L’olimpiade di Mosca è stata vissuta dal cittadino
sovietico, soprattutto moscovita, come una dimostrazione, un paragone, un capitolo della
“confrontation”, un atto notorio del “socialismo reale”.
Per farlo sono ricorsi a tutte le risorse dello stacanovismo e della Patria, lungo filo di un sentimento
nazionalista rimasto intatto dalla Grande Russia pre-rivoluzionista all’Urss. Alla banca di Stato è stato
aperto un conto speciale, numero 700.616, sul quale la gente può depositare assegni individuali o di
gruppo. “Gli scolari mandano i rubli risparmiati sul gelato, noti artisti gli introiti suoi concerti”
racconta l’agenzia di stampa Novisti, con il linguaggio vetero-patriottico che fa tanto fede nuziale al
duce o raccolta del ferro per riparare i guasti degli otto milioni di baionette.
Trecento studenti della scuola superiore di economia Plekhanov hanno istituito una equipe speciale,
modello di lavoro al servizio dell’Olimpiade. A Tallinn per gli impianti della vela, sono ricorsi al
“sabato rosso”: ogni sabato veniva staccato un francobollo: dieci francobolli davano il diritto di
ottenere un biglietto per la regata olimpica. Già nel 1978 i volontari dei giochi erano 12 mila. Ci sono
anche i moscoviti stufi agri dell’Olimpiade, con le sue strade sbarrate e i suoi mille impicci provocati
alla vita quotidiana, ma se non si coglie quel fiume sotterraneo della mobilitazione di massa, non si
capirà mai perché i russi tenessero tanto a organizzare le olimpiadi e farne gesto di propaganda, non
soltanto esterna.
A metà giugno la rivista “Trud” lamentava che i giovani sovietici dedicassero le loro 40 ore di tempo
libero alla settimana soprattutto a pettegolare o ad ascoltare “registratori urlanti” di musica rock. La
rivista dei sindacati precisa che il 37% del tempo veniva dedicato dai giovani alla televisione, il 18%
alla letteratura, il 14% al cinema o teatro, soltanto il 3% allo sport.
Il virus del’ovest arrivava con il rock. L’olimpiade è anche un antibiotico.