1981 Ottobre 18 Zoff è un muro e Bettega rimedia
1981 Ottobre 18 – ZOFF E’ UN MURO E BETTEGA RIMEDIA
Jugoslavia-Italia 1-1
MARCATORI: 9’ Zlatko Vujovic, 33! Bettega.
JUGOSLAVIA: Pantelic, Buljan, Stojkovic, Zajec, Gudelj, Surjaak, Zlatko Vujovic, (83’ Zoran
Vuovic), Petrovic, Halihodzic, Sljivo, Pasic (12 Svilar, 13 Keinpotic, 14 Hrstic, 15 Jerolimov).
ITALIA: Zoff, Gentile, Cabrini, Dossena, Collobati, Scirea, Conti Tardelli, Altobelli, Antognoni (62’
Oriali), Bettega (12 Bordon, 13 Vierchowod, 15 Bagni, 16 Selvaggi).
ARBITRO: Eschweiller (Rft)
NOTE: giornata di sole: terreno in buone condizioni. Ammonito Oriali per gioco scorretto. Spettatori
70 mila circa.
BELGRADO
L’Italia ha rischiato di prendere 4 gol. Ha parcheggiato con Bob Bettega, capocannoniere della Juve.
Ha quasi fatto il 2-1 sempre con Bettega! Questo il sinusoide bilancio della partita di Belgrado: l’1-1
ci manda dritti al Mundial ’82 in Spagna, assieme alla Jugoslavia. Tutti felici ma per l’Italia era
cominciato in modo pauroso, da mettersi le mani nei capelli.
La Jugoslavia ha tirato via una mezz’ora come se la partita dovesse durare un tempo in tutto. A Torino
aveva mandato in campo tutti difensori: a Belgrado ha impostato una partita di tutti attaccanti.
l’intenzione era chiara: andare prestissimo in gol, schiacciare l’Italia, far saltare il gioco a triangolo di
cui va fiero Bearzot.
E’ stato esattamente così. Con due ali giovani e veloci, oltre che con un centravanti percurssore,
davanti a Zoff è successo di tutto. I cross tagliavano l’area chiamando al gioco acrobatico avversari
decisi, rapidi, pronti a far pagare caro agli italiani ogni indugio in palleggio.
Non bastasse, l’Italia dava l’impressione di non capire il momento. Già dopo cinque minuti, Zoff
veniva quasi fatto secco su un contropiede classico! L’Italia non sa difendersi, questo è notorio.
Predilige la manovra, e anche questo si sa, ma a Belgrado l’allegria tattica risultava francamente
eccessiva all’inizio.
In assenza di sgobboni di centrocampo sul tipo di un Marini, il povero Tardelli si vedeva obbligato a
ballare più di Nureiev in mezzo ad Antognoni e Dossena, il primo trasparente, il seconodo soffocato
dalla concitazione dell’avvio.
Ho preso carta, biro e orologio, raccogliendo questa sequenza: gli slavi costruivano una palla-gol ogni
cinque minuti e una situazione-gol ogni tre!
Tutti stavamo a cercare il nostro regista in Dossena e ci si imbatteva impietosamente in Petrovic, per
un’ora migliore in campo.
L’1-0 della Jugoslavia era il minimo che potesse capitare ma le modalità del vantaggio non
promettevano nulla di buono. Vujovic sembrava nel giardino di casa sua pià che in un’area di rigore
moderna. Quasi dimenticato per un lungo attimo da Cabrini-Scirea, aveva potuto concludere
un’azione rapida, successiva a lungo, tagliente lancio.
L’Italia sembrava davvero fatta e senza prospettive. Cabrini soffriva persino sugli scatti, lui che ne è
uno specialista. Il centrocampo teneva pochissimo. Bettega guardava verso la panchina segnalando
marcature in esplosione. L’Italia lavorava di uncinetto, gli slavi di sciabola.
Per una mezz’oretta l’italia ha sofferto, ma le è andata bene. L’arbitro le ha risparmiato un rigore di
Cabrini. Oltre che grande su Pasic al 20’, Zoff sfruttava anche la buona sorte quando al 27’ lo stesso
Pasic gli sparava un sinistro violento e al volo da non più di tre metri: Zoff si è trovato sulla traiettoria
buona, quasi a propria insaputa.
Qui la Jugoslavia ha tolto il piede dall’acceleratore. Mica poteva durare a quel ritmo e l’Italia ha
dimostrato allora di possedere risorse di classe notevoli e sempre in agguato. Un pallonetto di Tardelli
(e un’incertezza difensiva) portava Conti al tiro, ma toccava a Bettega, a porta vuota, eseguire il
definitivo 1-1.
IL pareggio ha trasformato la partita. Quella che Miljanic ha chiamato nello spogliatoio “la mezz’ora
di fuoco” lasciava spazio a una partita più meditata e più equilibrata. La Jugoslavia sembrava preda di
uno strano stordimento e, in ogni caos, non era in più capace di andare all’arrembaggio. Se premeva,
lo faceva senza travolgere.
Glie lo impedivano la fatica e, anche, la crescita simultanea della difesa italiana. Non so se Bearzot sia
intervenuto durante l’intervallo, certo che l’Italia è andata via via calibrando le marcature. Gentile non
perdeva più un tackle che fosse uno, mentre la situazione del centrocampo migliorava dopo un’ora
esatta, con la rinuncia ad Antognoni e il ricorso a Oriali.
L’Italia insisteva molto in un gioco melinato, di larghe pause. Praticava il back-pedalling, andando a
ritroso secondo intrecci fin troppo sofisticati. Ma il meccanismo serviva a smorzare le ultime velleità
degli slavi. Che anzi rischiavano di perdere la partita.
Purtroppo all’Italia sono mancati del tutto entrambi gli attaccanti:non tanto Bettega, giocatore
perennemente a tuttocampo, ma Altobelli in area e Antognoni a sottosostegno. Né il primo né il
secondo sono mai stati davvero in partita.
Questo di Belgrado, era un match pre-mondiale, ridotto in pratica a un’amichevole dalla splendida
classifica del gruppo 5. Serviva più che per i punti, a suggerire idee, a tirare qualche somma, a dare
test individuali. Tanto per cominciare, Bob Bettega ha dimostrato per sé e per altri che la classe non
invecchia e che, invece di epurare, Bearzot ha bisogno di questo momento di consolidare gli schemi
attorno a gente garantita.
Il bilancio dell’Italia, con quella penosa mezz’ora sul gobbone, non è esaltante, ma lo stesso Dossena
è migliorato nel secondo tempo e va decisamente sorretto in avvenire. Piuttosto, l’equivoco-
Antognoni si sta riproponendo a dispetto delle poetiche dichiarazioni d’intenti. Antognoni sembra
diventare il giocatore del vorrei ma non posso. E’un campione, non è né regista né rifinitore: che
cos’è oggi? Bearzot non ha il coraggio di chiederselo a voce alta. Forse Belgrado lo aiuterà a
rispondere.
Il Ct torna a casa con un pareggio e un problema. Il minimo che gli potesse capitare: quand’era
l’allenatore in seconda di Valcareggi, visse tutti gli anni delle staffette e dei drammi Rivera-mazzola.
Per giustizia distribuiva, che almeno si prenda la patata bollente di Antognoni.
Giorgio Lago
LE PAGELLE DI GIORGIO LAGO
ZOFF 7,5 – Tanto per cambiare, il grande Dino è sempre stato all’altezza della situazione. H
festeggiato il suo record, 94 partite in Nazionale!, con una sola rete al passivo. Fra l’altro, un gol
assolutamente imparabile, sparatogli in tutta calma dal dischetto del rigore. Eppure il portiere friulano
era riuscito a toccare il pallone con i polpastrelli. Durante la prima furente mezz’ora degli slavi, ad
essere pignoli ho notato soltanto due momenti di incertezze: un’ uscita rimastagli a mezza strada, su
un cross tagliente , e una presa non perfetta sul calcio di punizione. A non molto dal termine della
partita è stato protagonista di un discusso episodio: dopo aver bloccato un difficile pallone pressoché
sulla linea di porta, il centravanti slavo gli ha infilato il piede tra le mani obbligando Zoff a perdere la
presa. Dalla tribuna non è stato facile intuire se il pallone avesse o no del tutto superato la linea, ma di
sicuro ha fatto bene l’arbitro tedesco a fischiare il gioco pericoloso: il regolamento parla chiaro,
quando il pallone sta tra le mani del portiere non è lecito interferire di piede.
GENTILE 7 – Marcando il ventitreenne Pasic,sembrava che la serata si sarebbe davvero messa male
per il nostro terzino. Soprattutto nel gioco alto, quando si susseguivano raffiche di cross in area,
Gentile ha sofferto, soprattutto nei primi 20 minuti, qualche pauroso sbandamento ma, di granito qual
è, ha preso con più tempestività degli altri difensori le misure all’avversario. Dopo l’1-1 Gentile ha
vinto tranquillamente il duello. Nel secondo tempo ha dimostrato la consueta autorità, con un
crescendo vistoso che ha meritato perfino un paio di applausi del pubblico.
CABRINI 6 – Sarà perchè l’ala destra Zlatko Vujovic, anche questo ventitreenne, ha davvero uno
scatto bruciante, fatto sta che il pur veloce Cabrini è andato incontro a un sacco di guai. Se tocca la
sufficienza, lo fa davvero in modo risicato, lasciandomi persino qualche dubbio critico. Ad
esemplifiicare le vistose difficoltà, un minuto davvero maledetto, tra il 25’ e il 26’, quando Cabrini a
forza di spintoni e di tackles in affanno, ha rischiato per ben due volte il calcio di rigore. Nella prima
circostanza, mi sembra che l’arbitro non abbia sbagliato a lasciar correre, poiché si è trattato più che
altro di un inciampo. Quanto alla seconda occasione, l’ala destra slava è stata stretta tra Scirea e lo
stesso Cabrini: m’è parso fallo da rigore, ma fortunatamente l’arbitro tedesco è stato di diverso parere.
Nel secondo tempo, anche Cabrini è cresciuto un pò, ma non tanto da uscire brillantemente dalla
serata.
DOSSENA 5,5 – Era il giocatore attorno al quale c’era più curiosità, tattica naturalmente, legata alla
capacità di proporsi quale neoregista azzurro. E forse perché gli slavi hanno imposto un ritmo
forsennato, il centrocampo ha perso le distanze ben presto e in questo centrocampo Dossena è
sembrato a volte un pulcino disorientato, senza grandi risorse. In quel brutto momento ha dato
l’impressione di non avere ancora sufficiente statura internazionale anche se, a dire il vero ha nella
ripresa ridato qualche segno di vita. Certo che è parso a tratti eccessivamente impreciso e al contrario
di quanto ci si attendeva da lui, meno propenso a sveltire il gioco in contropiede. Già l’Italia porta
palla, si attende in futuro da Dossena che almeno lui proponga da lanciatore.
COLLOVATI 6- – Tutto fa sempre riferimento alla prima parte della partita. Lo stopper del Milan
veniva, come avevamo temuto alla vigilia, regolarmente superato da quello stangone di Halilhodzic,
forte, alto, robusto acrobatico. Collovati assomigliava a Cabrini, obbligati entrambi a lavorare molto
di mano per porre rimedio. Pure lui correva qualche rischio, sull’orlo del calcio di rigore. Ha preso le
distanze quando gli slavi, calando nella corsa, hanno consentito all’Italia maggiore riflessione, la sua
specialità.
SCIREA 6 – L’ho trovato stranamente e totalmente assente nell’occasione del gol slavo. L’ala destra
avversaria ha potuto far rimbalzare tranquillamente il pallone sul dischetto e colpire senza il minimo
problema, con grande tempo a disposizione. Nè Cabrini né Scirea erano nei paraggi. Detto questo,
Scirea ha forse rischiato troppe uscite nel primo tempo, cementando assai meglio gli spazi nel
secondo.
CONTI 6 – Due volte che ha giocato da attaccante puro, ha ottenuto un gol e mezzo! Suo infatti il tiro
che, deviato dal portiere, è stato poi raccolto da Bettega in rete, pre l’ 1-1. Suo anche il magnifico
cross servito da sinistra per Bettega al 73’; c’è mancato pochissimo che, in splendido tuffo,
l’attaccante della Juve non vincesse la partita. D’altra parte, Conti ha giocato quasi tutta la partita in
copertura, per lunghi tratti davvero da terzino. Ma lo ha fatto con grande accanimento, anche se con
qualche dribbling in più.
TARDELLI 7 – Aveva davanti a sè l’Antognoni più nebuloso degli ultimi tempi e, sul fianco arretrato,
un Dossena che sta cercando di assimilarsi al gioco della Nazionale. Nonostante l’evidente disagio,
Tardelli ha miracolosamente retto durante la sarabanda iniziale, andando a sostenere via via il meglio
del centrocampo di Bearzot.
ALTOBELLI 4 – Ad Atene, secondo una definizione di Bearzot, era sembrato un “pulcino”. Qui a
Belgrado non è sembrato nemmeno quello. Molto più semplicemente dissociato dal gioco, pressoché
inutile, senza lampi. Tra i centravanti a disposizione di Bearzot, è proprio destino che quello dell’Inter
perda sempre ogni occasione.
ANTOGNONI 5- – Liberato a compiti di regia dopo l’arrivo di Dossena, ci si attende sempre da
Antognoni un’interpretazione a briglia sciolta in zona rifinitira. Ma la sua falcata, il suo destro, le sue
folate si fanno sempre più attendere. In questo momento è il giocatore più vago degli schemi di
Bearzot e l’uscita, surrogato da Oriali, può anche lasciare il segno.
BETTEGA 7,5 – Ha portato in Nazionale la forma che si ritrova in campionato. Segna il gol, quasi
accompagnandolo dentro, ma è la sua esperienza a smarcarlo lì, al momento giusto. Si ritrova ancora
un paio di volte disponibile al momento-gol, quasi accompagnandolo dentro, ma è la sua esperienza a
smarcarlo lì al momento giusto. Si ritrova ancora un paio di volte disponibile al momento-gol. ma
soprattutto gioca con continuità, tappando i molti buchi che si aprivano a centrocampo. Sbaglia poco e
ha il merito di reggere molte botte: è sicuramente il giocatore italiano più tartassato dagli slavi.
ORIALI 6 – Interviene nel ruolo di Antognoni, con molta attenzione all’avversario i, in questo caso
Petrovic, solitario ispiratore del gioco slavo.
Giorgio Lago