1982 novembre 29 Alla Juventus un pugno in faccia. All’Udinese i fischi del Friuli
1982 novembre 29 – Alla Juventus un pugno in faccia – All’Udinese i fischi del
Friuli
La Roma ha due punti sulla Juve. L’Inter sorpassa la Juve e aggancia il Verona.
Insomma, è successo questo: nella domenica che vedeva in trasferta tutto il poker
dello scudetto 1983, chi ha preso il pugno in faccia è soltanto la Juve e chi ha preso
più gusto è l’Inter, l’unica del poker ad avere vinto.
É un po’ tutto singolare, la bella Roma di Coppa a Colonia non riesce a sfondare sul
campo di Catanzaro, in teoria il più facile. L’Inter sbatte le rime baciate di Beccalossi
in panchina ma proprio l’Evaristo, con il 13 sulla schiena, entra poi in campo ad
Avellino a servire ad Altobelli il cross del gol-partita.
La stessa Juve è un mistero, mezzo gaudioso e mezzo doloroso, che trova anche Zoff
implicato in uno stranissimo gol ad Ascoli, il primo, entrato in rete tra uno stanco
rimbalzo e l’altro. Voglio dire che è sempre più difficile capire questa Juve: domenica
nel derby giocò un’ora di calcio sopraffino; ieri ad Ascoli ha trasformato il piede
balzano (ma delicatissimo) di Novellino in un martirio senza reazioni degne di tal
nome.
Il mio sospetto rimane sempre lo stesso: Tardelli, Rossi e Bettega non sono un
problema né di amalgama né d’altro, perché non lo sono mai stati né nella Juve né in
Nazionale. Le pause della Juve nascono in attacco da due grandi attaccanti costretti a
sovrapporsi praticamente nella stessa zona e sullo stesso istinto. Non è un paradosso,
ma sia Boniek che Platini prediligono giocare a ridosso della zona-gol ed entrambi
occupando la zona centrale.
In Francia e Polonia furono, con stile e mentalità diversi, uomini-squadra: la Juve ha
due uomini-squadra in sovrapposizione. Se i meccanismi funzionano per sublime
ispirazione e geometria, la Juve può incantare e travolgere. Se qualcosa non funziona
oppure se la squadra viene presa dall’urgenza di porre riparo a un errore difensivo, la
Juve può incepparsi: le sue prodigiose ballerine restano singolarmente tali, ma
danzano ognuna per proprio conto.
Il quiz di questa Juve è: Platini era abituato in Francia a giocare più avanti; qui deve
partire da più lontano; Boniek era solito scorrazzare in Polonia fra tutti gregari; qui
deve partire dentro lo schema di una squadra che era già ripetutamente campione
d’Italia prima di Boniek e di Platini. Un asso più un asso possono nel calcio fare
anche un asso e mezzo, non due assi.
Senza assi, eccetto Dirceu e Tricella, il Verona prosegue la sua eccezionale avventura,
confermandosi dopo Firenze nell’impressione di una settimana fa contro il Cagliari:
persino quel 2-2, persino quel punto sprecato, anzi proprio la giornata mezza balorda,
garantirono le enormi possibilità del Verona. Se segni due volte anche giocando al
60%, l’avvenire ha il rosa all’orizzonte.
Tutto il contrario dell’Udinese che, incerta tra Pulici e Mauro, non ha un modulo per
il dopo-Virdis e tiene sulla corda sia il vecchio Pulici che il giovane Mauro. A un
terzo abbondante di campionato, la squadra ha conosciuto ieri le legittime sferzate del
pubblico friulano, paziente sì ma non fino alla cecità. Chi non vince mai in casa
significa che non sa far gioco o che non può concluderlo. Dopo il mediocre, fortunoso
1-1 con il Pisa, l’Udinese dei 10 miliardi di campagna acquisti e dei 40 mila spettatori
a partita deve alzare la testa. Nè Mazza né gli abbonati possono segnare.