1982 novembre 8 Viene dal Triveneto tutto l’emergente di Serie A
1982 novembre 8 – Viene dal Triveneto tutto l’emergente di Serie A
Dall’inviato
UDINE – Diciamolo senza tanti ghirigori: se la Roma giocherà sempre come a Udine,
vincerà lo scudetto tra mille anni. Fatta eccezione per il testa-gol di Falcao su calcio
di punizione di Prohaska, non ha concluso una sola volta in porta. Mai, dico mai, cosa
assai rara per un campo di serie A.
Andata in vantaggio dopo una ventina di minuti, la Roma ha da quel momento
masochisticamente accettato un’ora filata di aggressione dell’Udinese. Il pareggio è il
minimo che fosse dovuto allo stadio Friuli. Un’Udinese battuta in tali condizioni
sarebbe stato un autentico scandalo tecnico.
La Roma una mezza scusante ce l’aveva: quel mercoledì di Coppa in Svezia con
prolungamento di partita fino ai tempi supplementari.
Alcuni personaggi, vedi Conti o Falcao, non sono nemmeno parenti dei fenomeni visti
al Mundial di Spagna e però non assomigliano nemmeno agli uomini-chiave della
Roma dello scorso campionato. Così, eclissatasi la brillante verticale dei suoi piedi
più raffinati, la Roma risulta la migliore delle squadre orizzontali.
É la Roma di Liedholm, perciò squadra che ragiona. È la squadra di Falcao e di Di
Bartolomei, perciò squadra che punta a tenere il più a lungo possibile il controllo del
pallone. A questa squadra è mancata a Udine ogni infiltrazione sotto rete. A che serve
surriscaldare il dialogo a centrocampo se poi non si è in grado di lanciare un cane di
attaccante nel corridoio-gol?
O la Roma cresce moltissimo, e in parte potrà farlo, o non avrà scampo: anche lo
scudetto 1983 sarà della Juve nonostante il menisco di Cabrini, la psicosi della prima
Coppa Campioni da vincere e le alterne macchie solari che regolano le maree interiori
di Boniek e di Platini.
L’Udinese non è ancora riuscita a vincere una sola partita in casa; ciò nonostante non
ne farei una fissazione. Con la Juve aveva vinto se non avesse fallito il rigore; con il
Verona prese un doppio palo da cineteca; con la Roma ha divorato almeno tre palle-
gol durante la furente conclusione del primo tempo. Come dire che, magari in mezzo
ad alcune difficoltà tattiche, l’Udinese riesce a esplodere spallate di grosso calibro a
cui non è facile resistere. Il fatto è questo: Udinese e Verona sono in condizione fisica
smagliante. Lo dimostrarono nello splendido derby della scorsa settimana; lo hanno
ribadito ieri: l’Udinese spremendo la Roma in veemente progressione; il Verona
andando a fare spettacolo anche ad Ascoli.
Il Verona riaggancia il primo posto in classifica e non saremo certo noi a stupirci. É
«squadra» da cima a fondo; gioca con brio; ogni giocatore è a turno cameriere
dell’altro, così ottenendo il massimo dell’altruismo e dell’efficacia. All’attacco mi
ricorda il Padova anni Cinquanta di Nereo Rocco, l’attacco di un Humberto Rosa
sull’onda tecnica di un Dirceu e dei vari Milani o Brighenti, attaccanti semplici, di un
calcio tradizionale, prendila e prova a scaricarla in gol senza tante apprensioni.
Non mi va il campanilismo da due metri di visibilità, ma si può tranquillamente
affermare che viene dal Triveneto quasi tutto l’emergente della serie A. Oggi è
legittimo chiedersi: quanto durerà il Verona? Oppure: quale classifica avrebbe
l’Udinese senza l’incidente a Virdis e senza tutta una serie di iatture? La sola
esistenza di due domande del genere dimostra quanta strada stia facendo la
riorganizzazione del calcio veneto e friulano.
Ciò anche se il problema di Verona e Udine è molto diverso. L’Udinese è già in piena
fase di consolidamento e tende alle alte pressioni; il Verona si trova nella situazione
di sfruttare al meglio un boom perfino inatteso: deve gestirlo bene, e cioè non deve
viverlo alla giornata, come un’alba pronta a scomparire. La squadra sta producendo il
meglio; il resto tocca alla società: l’oggi è di Bagnoli; il domani dev’essere dei
dirigenti nel tentativo di dare cemento a una struttura fresca di serie B.
Ma l’oggi merita soltanto pacche sulle spalle e complimenti.