1982 ottobre 29 Italia senza viso e senza emozioni
1982 ottobre 29 – Italia senza viso e senza emozioni
Anche il Ct è convinto che non c’è solo la deconcentrazione fra i motivi della sconfitta
di mecoledì all’Olimpico
Dall’inviato
ROMA – Torno in albergo verso mezzanotte, in tempo per incontrare gli occhi
incazzati di Enzo Bearzot davanti a un grappolo d’uva bianca e a un bicchiere d’acqua
minerale. Il Ct sta cenando con Lucescu, il giovane tecnico della Romania, futuro
avversario di Coppa Europa. «É ricominciata la guerra», mi fa Bearzot stritolando la
pipa spenta tra le dita.
«Devi vincere tutto», lo ammonisce Lucescu con un sorrisetto d’oltrecortina, ben
capendo che il Mundial ’82 sarà per questa squadra un tatuaggio indelebile e anche
imbarazzante.
«D’ora in poi – avverte Bearzot – qualunque avversario avrà qualcosa in più, una
spinta interiore prima assente. Persino l’Argentina, che pure aveva carattere da
vendere, non riuscì più a vincere in casa dopo il suo Mundial del 1978!».
Di eccezionale la Nazionale ha mostrato qui a Roma soltanto la de-concentrazione.
«Tutto da cancellare», ha sussurrato Scirea, alzandosi per ultimi da tavola assieme a
Zoff.
«Io li vedo subito – spiega poi Bearzot – quando sono con la testa davvero in partita.
Prima di arrivare allo stadio, qualcuno ammutolisce di colpo, altri sentono chiudersi
lo stomaco, piccoli segni che dicono tanto. Stavolta no, sembrava tutto bello e
assodato. Troppe feste fino alle 24 ore prima, troppa gente attorno anche in ritiro. E
poi la verità è sempre la stessa: noi siamo in grado di assorbire al massimo due
giocatori non in giornata. Quando non girano in cinque, basta, è finita».
La Svizzera ha vinto senza discussione: il gol, il palo di Sulser, altre due palle-gol nel
primo tempo. Un gioco «alla belga», a pigna dietro, in controrisposta davanti. L’Italia
ha preso gol e palo in contropiede, a casa propria. Pazienza non segnare, soprattutto
dopo l’abbandono di Rossi, ma l’Italian non è stata capace nemmeno del risultato
minimo, lo 0-0.
Sul loro gol hanno sbagliato prima Antognoni a metà campo, poi Gentile, Scirea e in
parte Bordon. Quando i migliori marcatori del Mundial pigliano gol così, vuol dire
che si è distanti dai valori «normali», non dico nemmeno «mondiali» che reputo
magicamente «anormali» soprattutto al livello anti-Brasile di Barcellona. Valori più
«normali» sono il quarto posto del 1978 in Argentina o il quarto posto europeo del
1980 in pieno scandalo-scommesse. Tra Italia – Brasile e Italia – Svizzera non c’è
parentela nemmeno di secondo grado e nessuno dei due estremismi può essere preso
come pietra di paragone.
Meglio così, meglio aver perso subito, meglio far scrivere ai giornali svizzeri
«victoire historique». Molto meglio sennò c’era il pericolo di arrivare fra 15 giorni al
primo appuntamento europeo, con la Cecoslovacchia a San Siro, in una sorta di limbo
psicologico, un po’ di puzza madrilena al naso, un po’ di sufficienza, un po’ di
tendenza a credere ineluttabilmente nello 0-0 del commendator Zoff e nell’1-0 del
cavalier Rossi.
Inoltre, in cabina di regia, la Nazionale si porta dietro qualche vecchio problema, in
parte di difficile soluzione. Inutile nascondersi dietro la terza stella d’oro sul petto:
Antognoni può esserci o no, lo aspetti al tiro ed è possibile che al tiro non giunga mai,
rivelando istintiva riluttanza a muoversi senza pallone.
Marini reputa un’avventura la metà campo altrui facendo rimpiangere Oriali che sa
far tutto, difendere e attaccare. Ma Oriali s’avvia ai 31 anni mentre il Battistini del
Milan (che Bearzot intuì tempo fa con piacere) è ancora tra quei giovani che, vedi
Massaro oggi o Pecci l’altro ieri, un giorno sembrano pronti e il giorno dopo li ritrovi
in incubatrice.
A centrocampo ci vuole gente «metallica», per dirla con Bearzot, pronta a conquistare
palla di forza e a riproporla. Contro la Svizzera non c’era Oriali mentre Tardelli aveva
la sciatica: di «metallico» è rimasto ben poco al Ct. Pur munito in teoria di ottime
ambizioni personali, lo stesso strano Dossena non è andato oltre il rondò, mobile ma
molto elementare, intenzionale ma laconico tanto nei ricuperi che nei tackle.
Conti alzava la testa per lanciare non trovando mai gente smarcata. Sulle trame
palleggiate, nessuno tra i difensori o i centrocampisti che si buttasse dentro a dettare il
passaggio. Insomma, una squadra senza viso e senza emozioni, che ha ribadito
qualche quiz già abbondantemente noto e che soltanto la seconda fase del Mundial
cancellò fino a toccare il diapason atletico, tattico e psicologico. Un tetto senza
fotocopia.
Riprendiamo il cammino concedendo alla Nazionale il pieno diritto alla benevolenza.
«Sì, ci vuole pazienza – ha concordato Enzo Bearzot – non è facile ritornare in campo
dopo Madrid».
Il 13 novembre contro la Cecoslovacchia a San Siro ne sapremo di più.