1983 ottobre 24 Prima spreca l’Udinese poi l’Inter
1983 ottobre 24 – Prima spreca l’Udinese, poi l’Inter
Chi ha perso un punto? Sia l’Udinese che l’Inter, questa è la verità. A metà partita, l’Udinese
doveva essere sul 2 a 0; a un quarto d’ora dalla fine, l’Inter poteva andare sul 3 a 1. A costruire il 2
a 2 sono stati soprattutto Virdis e Bergomi.
Virdis si è reso colpevole di omissione di soccorso quando ha deciso di non lasciare a Zico,
smarcatissimo davanti alla porta libera, il piacere di deporvi dentro il secondo gol. Bergomi è
responsabile di omissione di atti d’ufficio essendo mancato di precisione al momento di un agevole
(perché lungo) pallonetto sull’indifeso portiere in uscita. Questi due errori hanno lasciato il segno,
contribuendo a un pareggio che alla fine sembra il più equo del mondo.
È stata una grande partita fisica, perché ha davvero dato fondo a ogni energia anche nervosa.
Qualcuno si è stupito per certa animosità dell’Inter in tackle, quando personalmente mi sarei
piuttosto sorpreso del contrario: questa non è infatti un’Inter “normale”. È una squadra con
classifica da serie B, con un tecnico che ha una natica sulla panchina e l’altra in sospensione, con un
presidente sul quale si fa spesso tiro a segno forse perché ha la colpa storica di non avere il pelo
sullo stomaco di certi suoi colleghi venerati per “abilità”.
Un’Inter in situazione tanto penosa non può più regalare nulla e, non riuscendo ancora a giocar
bene, almeno morde come sa consigliare Gigi Radice. Del resto, se colpi ci sono stati, non erano a
senso unico, tant’è vero che il primo a restarne vittima è stato il belga Coeck, con un rimbombo
sulla schiena che gli ha fatto sputar sangue.
No, nonostante alcune randellate, non è stata questa la chiave della partita anche perché l’arbitro
Redini ha fatto il proprio dovere, cominciando dal rigore fischiato a Collovati. Su uno sghembo
fintante di Zico, lo stopper ha fatto muro trattenendo il campione brasiliano: certo, con elasticità
interpretativa un altro arbitro avrebbe potuto optare per la semplice ostruzione e dunque per una
punizione a due, ma avrebbe sbagliato.
L’Udinese era prestissimo in vantaggio e, poco dopo la mezz’ora, avrebbe potuto persino chiudere
il match con Virdis-Zico, ma sarebbe stato un 2-0 abbastanza esagerato. Questa Udinese deve infatti
migliorare. Non dico che sia “modesta”, come mi ha sussurrato il duca dei vini Isi Benini,
eccezionalmente in tribuna accompagnato dal suo inseparabile sorriso etrusco. Modesta no, un po’
scombinata sì. In porta tira pochissimo, roba da contare le conclusioni sulle dita di una mano.
Quanto attacca, il suo tourbillon mette paura anche se qualcuno lo chiama “disordine”, ma lo
schema è troppo monotono, con gli aggiramenti sempre noiosamente destri nonostante l’ultimo
provvidenziale gol di De Agostini costruito (finalmente!) dal corridoio sinistro. E poi continua a
non essere “squadra” in difesa, dove il contropiede avversario passa con una facilità da lasciare di
stucco. L’eclissi di Edinho continua imperterrita, accompagnata da centrocampisti allergici a tenere
la squadra più corta, quindi più omogenea a ridosso dei difensori.
È disarmante la naturalezza con quale l’Inter ha rovesciato nel secondo tempo la partita con due
contropiede uno più scarno dell’altro, soprattutto il secondo. Di esterno destro, Pasinato ha
trasformato un lancio profondo in una catapulta per un insolito centravanti: Bagni. L’Udinese non
ha opposto resistenza, facendosi cogliere su spazi larghissimi come se la cosa non la riguardasse
proprio e quasi che l’Inter, nonostante le difficoltà di oggi, non sia pur sempre una Grande
Disperata all’inseguimento di una restaurazione.
“Zico ha un sesto senso! – mi dice Gibì Fabbri in tribuna –. Però all’Udinese manca un po’ di
profondità”. E l’Inter? L’Inter non ha un gioco ben riconoscibile perché vive ancora di proposte
personali, ognuno gioca parecchio per proprio conto, ma qualche progresso lo si nota, almeno come
dose di reazione, colpo su colpo. Ciò anche se mostra ancora troppo nervosismo, il cronico vizio
della protesta, l’abitudine a considerare il resto della partita una congiura del destino, magari
agevolata dall’arbitro.
Non solo l’Inter non ha una vera identità; oltretutto s’imbatte in situazioni fatte apposta per
confondere. Riesce cioè a reagire in trasferta senza Coeck; inventa il pareggio strappando dalla
panchina Muller; fa il secondo gol con una prodezza di Pasinato, altro habitué tra le riserve.
Nemmeno Udine ha insomma aiutato Radice a mettere a fuoco il telaio migliore, che rimane in
perenne elaborazione.
Un po’ come per l’Udinese del resto che ha ottenuto il 2-2 proprio perché l’ha fortissimamente
voluto, come dimostra la sequenza del definitivo pareggio. L’inesausto Mauro è andato all’ala
sinistra lanciando in mezzo dove Pradella e Zico si sono scagliati (è la parola) in una percussione da
“catch”, capace di liberare il pallone sul limite, a disposizione del sinistro di De Agostini, salito
dalle retrovie con la sua freschezza e la sua rabbia.
Questo pareggio ha detto molte cose, sulle quali soprattutto l’Udinese dovrà meditare. Con 7 punti
si può metter ordine senza affanno.