1984 Maggio 22 E se non conta, vince la Germania

1984 Maggio 21 – …E se non conta, vince la Germania

Dopo una ventina di minuti mi dico: non sarà la rivincita, mancheranno undici giocatori rispetto alla magica
notte dell’11 Luglio1982 a Madrid ma è una partita vera, meno feriale di quanto si temesse. In ogno caso, il
ricordo Mundial non è tradito.
Non fosse per l’insopportabile Stielike, attaccabrighe come pochi al mondo, giustamente beccato dal
pubblico, sarebbe anche un match vigoroso ma signorile. Una volta che a Rummenigge scappa un brutto
tackle su Conti, l’asso tedesco è il primo a scusarsi tanto con l’italiano che con l’arbitro. Rummenigge è già
dei “nostri”. La legione straniera viene adottata dagli italiani con una disinvoltura più unica che rara:
appena firmato il contratto per un club nostrano, si ritrovano di colpo tutti naturalizzati. Così, quando lo
speacker legge la formazione della Germania, fischi per tutti tranne che per lui. Rummenigge neointerista.
“Kalle” sei tutti noi, gli urlavano dalla tribuna, e Bearzot si adatta con sottile perfidia. A Madrid un mezzo
Rummenigge aveva giocato di punta e il Ct gli aveva messo addosso il diciannovenne Bergomi. A Zurigo, il
Sigfrido bavarese fa il regista sulla trequarti e Bearzot gli sistema tra i piedi, facendolo attendere in zona,
ora Tardelli ora Baresi. Con il primo è già un’anticipazione dei prossimi roventi-…Juve-Inter, con il secondo
un po’ l’aperitivo del derby di San Siro.
La prima pulita delle non molte palle-gol la trova dopo circa 7 minuti Altobelli, smarcandosi con un
intelligente lancio nello spazio vuoto. Schumaker esce come una belva di almeno 17 metri dalla porta
chiudendo con il corpo sul tiro radente del centravanti. Per farcela, Altobelli avrebbe dovuto inventare
seduta stante una prodezza, cioè un pallonetto veloce, non facile nemmeno per un Pelè.
Per tutto il primo tempo, le palle-gol sono abbastanza rare perché nessuno intende rischiare la reputazione
più del necessario. La Germania sta rifinendo gli schemi per il Campionato europeo, tra una ventina di
giorni in Francia. L’Italia, ahimè eliminata, ci tiene molto a conservare una tradizione eccezionalmente
favorevole contro i tedeschi, soprattutto nei match che hanno fatto la storia.
Certo, non fosse per Vierchowod che verso la fine del primo tempo ribatte come non riuscirebbe nemmeno
alle scogliere di Dover, soprattutto il destrissimo di Rumennigge, lo 0-0 a metà partita ce lo saremmo
sognato. Italia e Germania si assomigliano tatticamente, in particolare a Zurigo. Giocano compatte e
meditano a lungo l’affondo, con manovre perfino prolisse, che celano grande considerazione reciproca
dell’avversario. Gli italiani temono la potenza dei deutschen, i tedeschi la furbizia degli italiani. Entrambi
hanno più uomini sempre in grado di risolvere, anche “da soli” qualsiasi incontro.
Le marcature a uomo sono poche, per Altobelli, Voeller (che non vuole andare al Milan) e Allofs. Il resto si
gioca a zona. Le squadre si raggrumano e di colpo sprigionano il contropiede. In mezzo a tale vigilante
matassa è difficile smarcarsi. Meglio sfruttare il primo passaggio sbagliato; è così che la Germania rischia di
andare due volte in gol prima dell’intervallo, cogliendo attimi precisi in Tardelli e Dossena. Per ora è una
partita di indugi, di tranelli, un gioco in cui a turno ciascuno recita la parte del topo e del gatto.
Tutti aspettano Fanna, invece Bearzot non cambia nessuno durante l’intervallo. Lo so, quando il Ct sente
che la sua squadra ha creato il clima agonistico ,”di gruppo” come dice lui, lascia perdere ogni variante. E
che la partita stia cambiando faccia diventando di minuto in minuto più spigolosa, lo vedrebbe chiunque.
I tackle si fanno pochissimo cordiali. C’è sempre un’intenzione in più, tenuta appena appena a freno da un
arbitro che per istinto è abituato a lasciar giocare molto anche a costo di qualche tolleranza nei contatti. C’è
anche un attimo di autentica ira quando Conti e Stielike si affrontano a metà campo come due galli da
combattimento. Mentre si va verso l’ora di gioco, la pressione della Germania prende maggior vigore,
mentre la manovra dell’Italia perde colpi lì in mezzo. Altobelli è solissimo e non riceve un solo pallone
decente (facile criticare Paolo Rossi, no?); non abbiamo un uomo da assist rifiniti come si deve. Dossena
viaggia un pò con la ridotta. Tardelli, come nella Juve, è oramai un mediano di posizione che cerca di far
fare il-…Tardelli vecchia maniera a Bagni. Costui ha forza da vendere ma non lo stesso slancio, l’agilità, il
cambio di marcia del Tardelli Mundial.
La Germania vince di testa, da destra in cross. Prima ci prova Rummenigge, che mette fuori da due metri in
modo tanto inaspettato tanto da fargli mettere le mani tra i biondissimi capelli. Però non sbaglia Hans Peter

Briegel, ventinovenne del Kaiserslautern, che ha tutto del decatleta. Crossato da Rummenigge, Briegel
insinua una testata d’ariete da 5-6 metri, inafferrabile.
Sospesa oramai tra carognate e lampi di fair-play con strette di mano a muso duro che frantumerebbero le
dita anche a un robot, la partita rimane sempre duramente viva. E’un autentico revaival , non del mundial
’82 ma di una mai sopita antica rivalità italo-teutonica. Bearzot imita a questo punto il collega Derwall e
cambia tre giocatori, togliendo di seguito Nela, Tardelli e Altobelli.
Al primo colpo Gentile declina le generalità con un’allegra randellata. Fanna prova a smarcarsi sulla sinistra
ma un buon pallone gli schizza via di poco. Infine Giordano, tanto per dargli il gusto, ci prova nonostante la
circonferenza muscolare della gamba rimessa in sesto da poco sia carente di almeno due centimetri sul
normale.
La partita si spegne con un solo gol di differenza a conclusione di un match serio, dove tutti hanno dato
fisicamente tutto, senza risparmiare mai la gamba, nemmeno Conti e Nela che sono attesi tra una
settimana dalla finalissima europea di Roma. Nonostante la delusione delle migliaia di italiani, Italia-
Germania si conclude con una scena divertente, Bearzot sollevato a bordo campo da una cinquantina di
ragazzi e sballottato in aria, come gli accadde soltanto quella notte a Madrid, ma sulle spalle dei giocatori.
Dopo l’eliminazione dall’Europeo, l’Italia ha perso ancora, ma a Zurigo non ha dato sensazione di resa e di
impotenza. Anzi, ha restaurato qualcosa della sua immagine con nerbo e accanimento. Il gioco si può anche
costruire quando c’è tenuta negli stimoli e nelle ambizioni.
In fondo, fino a Città del Messico nel 1986, campioni del mondo restiamo ineluttabilmente noi.