1985 Febbraio 18 Tra spettacolo e solitudine
1985 Febbraio 18 – Tra spettacolo e solitudine
Venezia va in maschera ma non tanto da nascondere le sue fragilità. E’sempre più città artificiale, a
spettacolo continuato, che tende a saldare in un unico cartellone carnevale e festival, regate e biennale,
cultura itinerante e Fenice, teatro dell’effimero, austera fondazione alla Cini o neo-capitalismo
illuminato alla Agnelli-Grassi, laboratorio progettuale del 2000 e status symbol di cosmopoliti
inquilini.
L’Expò c’è già, replica quotidiana della Venezia “diversa”, “speciale”, “unica”, che spesso pare non
avere nulla a che fare – se non come Ente Pubblico – né con Mestre né con il Veneto. E’una Venezia
così inventata da turbare la severa coscienza di chi teme che la città dei cittadini avverta quasi
l’estraneità della città degli impresari, anche ineccepibili.
Questa città dei beni immateriali, capitalizza la bellezza; il suo dollaro è l‘estetica. Ha bisogno di
mostrarsi, di esibirsi, di pubblico che le finanzi 365 giorni di locandine. Quando ha troppa gente
addosso, si sente violata, consumata, rosicchiata dentro come una pioggia acida di origine umana, il
maxiturismo.
Ma quando soffre la nevrosi dei collegamenti, è ancora peggio, perché si vede privata dell’unico
contesto al quale davvero appartiene: il mondo. Se il porto non ha una lira, se l’aeroporto si ferma, se
i treni si diradano, se la protesta occupa il ponte, Venezia prende su di sé sia i problemi irrisolti sia la
solitudine del suo destino.