1987 aprile 25 E anche questione di stile
1987 aprile 25 – È anche questione di stile
Non siamo tra quelli che si scandalizzano se la politica abbandona i salamelecchi e si affida a un
linguaggio ruspante. Alle doppiezze, ai detto e non detto, alle cortine fumogene, ai sepolcri imbiancati
della moderazione ai virtuosismi dei retori preferiamo l’inventiva, che almeno ha il pregio della
chiarezza e usa l’enfasi per spiegarsi meglio.
Quando ci vuole ci vuole, e soltanto chi non ha abbastanza confidenza con la democrazia scambia la
polemica con il degrado del Parlamento. Senza contare che, con visione profetica, già all’inizio
dell’Ottocento un grande storico e uomo politico francese, Tocqueville, sosteneva che più alto è il
livello di soddisfazione dei bisogni di una società, più essa si batte contro l’autorità. Più un Paese si
sviluppa più rimette in discussione sempre tutto e più pretende da chi gestisce la cosa pubblica.
Ma in democrazia anche lo scontro richiede uno stile: lo stile educa alla libertà, non è formalismo. E
questa estenuante crisi di legislatura ha persino evocato pericoli di «regime» perché – sullo sfondo di
reali antagonismi di partito – non ha saputo salvaguardare nemmeno il rispetto del metodo, lo stile della
lotta politica.
Passi per il dribbling di Craxi alla staffetta; passi per la melina di De Mita sui referendum: celando un
dissenso più profondo e di sostanza tra Dc e Psi, avevano almeno la luciferina nobiltà del machiavello,
la prima mossa tira l’altra. Ma che senso ha, da parte di uno statista come Craxi e di un segretario del
partito di maggioranza relativa come De Mita, ingaggiare una zuffa anche personalizzata, questa sì
inaffidabile per gli inevitabili impegni del domani?
Craxi ha definito Fanfani «personaggio straordinario» e ieri il suo vice Martelli gli ha riservato alla
Camera «rispetto e stima». Eppure il Presidente del Consiglio dimissionario Craxi non avvertì il dovere
istituzionale di passare personalmente le consegne nelle mani del suo successore: il compito fu affidato
ad Amato. È un errore castrare il confronto politico con gesti rancorosi, sfottenti, persino puerili, come
l’evitarsi tra De Mita e Craxi, il non salutarsi al congresso repubblicano, l’affermare – così ha fatto De
Mita riferendosi a Craxi – «lo conosco poco». Ma se De Mita «non conosce» Craxi, come pretendere
che la gente conosca loro?
Nel 1948 De Gasperi e Togliatti dimostrarono che si può essere leaders totalmente antitetici nel rispetto
delle regole. Non è troppo chiedere di rileggere la storia.
aprile 1987