1987 dicembre 20 Tutti in ordine sparso
1987 dicembre 20 – Tutti in ordine sparso
Domani ennesimo tentativo di risolvere la più difficile crisi politica della città
• Il capogruppo della Dc non condivide la linea del partito
• Dp non appoggerà la candidatura comunista di De Piccoli
• Si va in Consiglio con schieramenti e formule allo sbando
Venezia cerca se stessa dopo cento giorni di inadempienza amministrativa, ma domani sera in consiglio
comunale rischia di presentarsi ancora alla spicciolata, in ordine sparso, senza un filo conduttore. La
crisi non riguarda né la formula né la congiuntura; mette direttamente in discussione «il ceto politico»
della Città, come direbbe Massimo Cacciari.
In negativo, è tutto chiaro. Si conoscono benissimo i veti; non prendono corpo le proposte.
Chi riparla di quadripartito, mente sapendo di mentire, perché sa benissimo che quella formula – se
anche fosse capace di resuscitare – nascerebbe morta. Ha una maggioranza stretta, non sarebbe
«operativa» (lo sostiene Rigo) e perpetuerebbe il «lavoro ai fianchi» (lo afferma Laroni). Se lo dicono
Laroni e Rigo, c’è da scommetterci.
L’alternativa non si chiama né Laroni né Pellicani, ma De Piccoli, che rappresenta il ricambio
generazionale e l’apparato. Figlia del ballottaggio, dove i franchi tiratori favoriscono il Pci, non farebbe
nemmeno alternativa: soltanto un espediente. Darebbe un sindaco, non una giunta. O, meglio, una
giunta di minoranza, esposta alla paralisi delle decisioni, buona solo per le cerimonie.
Venezia vuole un governo o un tappabuchi? I cittadini hanno il diritto di chiederselo senza peli sulla
lingua soprattutto da quando hanno scoperto che il Parlamento della Città vota a moscacieca e che la
vera ossessione della molto presunta maggioranza consiste nel prendere il franco tiratore con le mani
nelle schede.
Durante l’ultimo consiglio sono stati sventati i maldestri tentativi di repressione della segreteria del
voto, ma i funzionari di partito non demordono e stanno immaginando di pre-confezionare le schede!
Ci auguriamo che l’oltraggio venga risparmiato alla comunità; in caso contrario, il ricorso alla
magistratura sarà obbligatorio.
Ma il clima è questo. E denuncia con forza che Venezia, Mestre, questo Comune in cui l’ordinaria
amministrazione s’intreccia indissolubilmente con scelte di calibro mondiale, sissignori mondiale!,
avrebbe invece una fretta boia di rompere gli schemi che l’hanno ingessato.
Secondo partito della Città, 17 consiglieri, la Dc ha a questo punto un ruolo d’iniziativa. Deve chiarire
se – per non turbare i rapporti con il Psi nazionale di Craxi & De Michelis – intende insistere fino allo
stremo su Laroni, anche se al prezzo assai alto dell’impopolarità del sindaco e dell’inaffidabilità del
quadripartito. O se si presenta come partito del commissario e delle elezioni, dando per definitivo lo
sfascio degli accordi basati sui socialisti a due teste. Oppure se è disposta a giocare la carta
istituzionale, per una giunta aperta in grado di richiamare attorno a Visentini o a un altro leader due
anni di lavoro su un programma che non azzeri le attese.
E’ legittimo scegliere tra più opzioni; è dannoso confonderle. Oramai, a sedersi lungo il fiume, si
vedranno passare non gli avversari ma Venezia.
dicembre 1987